I Paesi europei tardano a far ripartire la didattica in classe. E intanto si allargano le ferite culturali, sociali ed esistenziali di migliaia di ragazzi della "generazione lockdown"
I Paesi europei tardano a far ripartire la didattica in classe. E intanto si allargano le ferite culturali, sociali ed esistenziali di migliaia di ragazzi della “generazione lockdown”
“La classe morta” è un dramma di Tadeusz Kantor che potrebbe essere adattata a milioni di studenti europei. Forse un giorno li chiameranno “generazione lockdown”. Sono i ragazzi costretti alla didattica a distanza per via del Covid-19. E non si tratta di un fenomeno italiano. Nei Paesi dell’Unione il contagio non dà tregua e frena il ritorno a scuola di decine di milioni di studenti. La situazione è più che mai eterogenea. In alcuni Paesi gli studenti sono già tornati in aula. Altri lo faranno nei prossimi giorni. Altri ancora nemmeno sanno quando verrà il loro turno e la loro classe continua a rimanere morta.
Il Regno Unito, nella morsa della seconda ondata, ha chiuso le scuole primarie e secondarie, fatta eccezione per studenti vulnerabili o figli di lavoratori che prestano la loro opera in servizi essenziali, annullando la maggior parte degli esami. Se il Governo olandese prevede di posticipare oltre il 18 gennaio il ritorno in classe, la Germania, che registra oltre mille morti al giorno, ha rinviato la riapertura delle scuole almeno fino alla fine del mese. In Francia invece più di dodici milioni di studenti delle scuole materne, primarie e secondarie sono tornati tra i banchi lunedì 4 gennaio, così come in Belgio. La Spagna è il Paese che ha adottato le misure meno severe e gli studenti – che non hanno mai abbandonato le lezioni in presenza – sono già in aula dal 7 gennaio. Asili ed elementari hanno riaperto in Grecia, dopo otto settimane di chiusura, mentre in Portogallo, nonostante il nuovo lockdown, non è prevista alcuna sospensione delle lezioni. L’Austria ha ripreso la didattica a distanza il 7 gennaio e la Repubblica Ceca la manterrà almeno fino al 22 gennaio. Russia, Croazia, Slovenia e Slovacchia hanno deciso di prolungare le vacanze di Natale fino al 18 gennaio e non è stato ancora deciso se dopo quella data gli studenti torneranno in classe.
Le conseguenze di questo stato di cose probabilmente si sono fatti già sentire. Non si tratta solo di lacune culturali che forse i ragazzi si porteranno dietro come ferite a vita che non si rimarginano. In ballo c’è anche il diritto allo studio. Si è parlato di diseguaglianze gravi, perché non tutti hanno la possibilità di fare didattica a distanza con i mezzi tecnologici e gli ambienti ideali. Collegarsi con l’insegnante da casa su un cellulare in una stanza angusta con altri familiari e poter assistere alla lezione in uno studio, da soli, davanti a un personal computer di ultima generazione a propria disposizione non sono la stessa cosa.
Ma c’è un malessere che riguarda tutti i nostri ragazzi. Vivere senza appuntamenti, scadenze, studio, lezioni frontali, figure di riferimento fondamentali come gli insegnanti, compiti da assolvere e responsabilità crea un senso di vuoto che gli adolescenti cercano di riempire in modo incontrollato, spesso dietro figure di riferimento negative. Non è un caso che negli ultimi mesi si stiano moltiplicando le risse tra minorenni, come quella che ha coinvolto oltre 100 ragazzi nell’Alto Varesotto, la scorsa settimana. Il vuoto, la mancanza di futuro, la solitudine producono anche rabbia.
I Paesi europei tardano a far ripartire la didattica in classe. E intanto si allargano le ferite culturali, sociali ed esistenziali di migliaia di ragazzi della “generazione lockdown”
“La classe morta” è un dramma di Tadeusz Kantor che potrebbe essere adattata a milioni di studenti europei. Forse un giorno li chiameranno “generazione lockdown”. Sono i ragazzi costretti alla didattica a distanza per via del Covid-19. E non si tratta di un fenomeno italiano. Nei Paesi dell’Unione il contagio non dà tregua e frena il ritorno a scuola di decine di milioni di studenti. La situazione è più che mai eterogenea. In alcuni Paesi gli studenti sono già tornati in aula. Altri lo faranno nei prossimi giorni. Altri ancora nemmeno sanno quando verrà il loro turno e la loro classe continua a rimanere morta.
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