Grazie alla campagna vaccinale siamo messi meglio che nel resto d’Europa. Ma il problema sono i no vax che ci impediscono di raggiungere l’immunità di gregge
L’incubo Covid è ancora tra noi. L’Europa, infatti, è nel pieno della quarta ondata. Nei Balcani e in Russia (che registra 1400 morti al giorno) è una strage. Nel Regno Unito è un disastro, anche se Boris Johnson si ostina a non prendere provvedimenti sulle misure di sicurezza, come le mascherine e i distanziamenti, affidandosi solo alla terza dose.
Quanto all’Italia, è come se fosse nell’occhio del ciclone, dove notoriamente regna la calma. Sul fronte della lotta al virus, infatti, siamo messi decisamente meglio. Se si osserva il grafico dei contagi nel nostro Paese, si vede che tra luglio e ottobre rileva un piccolo rilievo. Poi, però, a metà di ottobre, la curva ha preso gradualmente a risalire e rischia di diventare quella che gli scienziati battezzano col nome di “ondata”. Onda o cavallone? Dipende da noi. Grazie ai vaccinati (siamo all’83% della popolazione che ha effettuato la doppia dose, come ha spiegato il generale Francesco Figliuolo, commissario della campagna per le immunizzazioni) possiamo guardare alla situazione con moderato ottimismo.
La variante Delta
Come ormai sappiamo, l’inverno favorisce l’infezione. Il virus SARS-CoV-2 infatti si trasmette prevalentemente in ambienti chiusi e le basse temperature ci portano ad abbandonare piazze, spiagge e parchi per rintanarci in uffici, scuole, ristoranti e palestre. In aggiunta, l’autunno del 2021 vede circolare una variante, la Delta, ad altissima trasmissibilità (il 97% in più rispetto al virus originario). Dunque, come ripetono ogni giorno virologi del calibro di Alberto Mantovani, Franco Locatelli e Roberto Burioni, non bisogna abbassare la guardia, a cominciare dalle mascherine nei luoghi chiusi.
C’è poi il problema dell’attenuazione vaccinale: le persone che sono state immunizzate più di 6 mesi fa cominciano ad attenuare la loro protezione. E con la variante Delta cominciano a infettarsi.
Con i contagi cominciano a risalire un poco anche i ricoveri e gli ingressi in terapia intensiva, anche se il confronto tra le curve mostra in Italia una differenza sostanziale, dieci volte inferiore sia per i ricoveri che per le vittime. Il Governo ha annunciato la campagna per la terza dose. Al momento è raccomandata a sanitari, fragili e over 60, a sei mesi dalla seconda dose, ma si stima che lo si estenderà presto agli over 50 e a inizio 2022 al resto della popolazione.
Il problema sono i no vax
Ma il problema è costituito dai no vax. In Italia c’è ancora uno zoccolo duro di ultracinquantenni, pari a 2,7 milioni di persone, che per varie ragioni – il timore, la diffidenza e un malinteso senso di libertà che non contempla il rispetto per gli altri cittadini – non si è ancora convinto a ricevere la prima dose, pur essendo a rischio di sviluppare la malattia con esiti gravi. Senza di loro non raggiungeremo mai l’immunità di gregge. Pensare che giocano soprattutto sulla loro pelle.
I dati che arrivano dall’osservazione dei vaccinati sono tranquillizzanti, poiché la protezione in Italia è superiore al 77% contro l’infezione e superiore al 90% contro le conseguenze gravi che possono derivare dalla malattia. A rischiare di finire in terapia intensiva sono nella stragrande maggioranza i no vax. I quali sono anche un formidabile veicolo di contagio, la legna da ardere a disposizione del virus che ancora infiamma l’Italia e l’Europa. Una legna che oltretutto va in piazza, protesta senza mascherine, forma cortei fregandosene dei distanziamenti, si trasforma in giganteschi cluster, oltre che bloccare l’attività dei commercianti nei centri storici delle città, come è avvenuto la scorsa settimana.
Grazie alla campagna vaccinale siamo messi meglio che nel resto d’Europa. Ma il problema sono i no vax che ci impediscono di raggiungere l’immunità di gregge