Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan cercano di trovare un equilibrio, anche sul piano delle relazioni: non scontato l’appoggio alla Russia
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta modificando i fragili equilibri delle relazioni internazionali, spesso poggiati su fondamenta poco profonde e su accordi di mera facciata. Impossibile trovare giustificazioni per le azioni di Vladimir Putin, complicato anche per quegli Stati che con l’economia russa sono fortemente legati non solo da rapporti storici ma anche per semplice vicinanza geografica.
Questo è il caso delle Repubbliche del Centro Asia che, col crollo del rublo, devono rivalutare tempestivamente le azioni di politica monetaria per evitare la discesa agli inferi che sta avvenendo alla Banca centrale russa e alla Borsa di Mosca. E infatti Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan sono al lavoro per limitare i danni, in un momento che vede le nazioni sotto l’occhio dei riflettori internazionali per valutare le loro mosse in riferimento alla guerra in Ucraina.
In Kazakistan, nei giorni scorsi le operazioni di cambio valuta sono state bloccate per ore. L’alta volatilità sta creando reali problemi di gestione della moneta, ma la National Bank ha sottolineato che “le misure adottate sono momentanee, riflettono l’alto grado di incertezza e sono necessarie per minimizzare la pressione proveniente dai fattori geopolitici esterni”. Alcune banche hanno sospeso i prelievi in contanti di monete straniere, come nel caso della Jusan Bank, altre affiliate alla russa Sberbank hanno fermato in toto la possibilità di ritirare denaro.
Situazione simile in Uzbekistan, con la Banca centrale che ha annunciato l’uso delle riserve auree per proteggere la moneta contro le fluttuazioni, mentre in Kirghizistan la valuta locale ha seguito lo stesso passo del rublo. La banca nazionale kirghiza ha comunque ricordato che gli istituti del Paese sono legati al sistema SWIFT, quindi non esisterebbero problematiche in riferimento allo stop del sistema bancario russo alle transazioni sulla piattaforma.
Il somoni in Tagikistan ha perso il 35% del suo valore sul rublo fin dal riconoscimento russo delle regioni separatiste del Donbass. In questo caso, come ricorda eurasianet, il colpo è aggravato dal fatto che un terzo dell’economia del Paese si basa sulle rimesse dei cittadini tagiki, che lavorano nella Federazione e inviano il denaro in rubli, poi riconvertito in moneta locale.
Alla precaria situazione economica della Russia e alle ripercussioni sulle repubbliche centrasiatiche si aggiungono i fatti di natura geopolitica, con incomprensioni e pressioni russe per un appoggio alle sue azioni in Ucraina. Ma senza troppo successo: se Tagikistan e Turkmenistan ancora non si sono esposte sulla questione, diversa è la situazione per Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan. Sono girate nei giorni scorsi voci di un diniego kazako alla Russia per l’invio di truppe nel Paese occupato, mentre il Ministero degli Esteri ha comunicato che il riconoscimento di Donetsk e Luhansk non è in agenda.
L’Uzbekistan ha dovuto precisare la sua posizione neutrale affermando, tramite il segretario di Stato, che il Paese assume “una posizione bilanciata, perché le dispute e i disaccordi vanno gestiti esclusivamente sulla base del diritto internazionale e le sue norme”. Le dichiarazioni arrivano dopo il comunicato della Russia che, così come fatto col Kirghizistan, faceva intendere un appoggio dei Paesi a Mosca. In realtà anche il Kirghizistan ha spiegato, successivamente, che si augura che il conflitto non arrivi ad un’escalation e che accoglie favorevolmente la negoziazione per prevenire morti e ulteriore distruzione.
Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan cercano di trovare un equilibrio, anche sul piano delle relazioni: non scontato l’appoggio alla Russia