Il nostro è tra i principali Paesi esportatori negli Stati Uniti. Un rincaro delle tariffe rischia di danneggiarci non poco
Le guerre mondiali intercontinentali, ai nostri giorni, si fanno coi dazi. Per carità, molto meglio che con i cannoni e le atomiche, ma non per questo la situazione è così pacifica come sembrerebbe. Lo scontro a suon di tariffe tra Usa e Cina, eterna riedizione della primordiale guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta, ovvero tra una potenza insulare e marittima e una continentale, potrebbe portare a una sanguinosa recessione mondiale, foriera, come tutte le recessioni, di disoccupazione, miseria, lacrime e dolori. E infatti le borse tremano, perché i mercati sono nemici delle tariffe doganali e a favore del libero scambio.
L’ultimo atto è del regime cinese, forse infastidito per le dichiarazioni della Casa Bianca contro la repressione a Hong Kong. Pechino ha imposto una stangata su 75 miliardi di dollari per un totale di 5.078 prodotti “made in Usa”. La risposta di Donald Trump, dal recente vertice di Biarritz, non si è fatta attendere: il Presidente ha risposto con forza annunciando nuove tariffe fino al 30% per alcuni prodotti “made in Cina”.
È saltata così la tregua firmata in primavera, che avrebbe dovuto giovare a entrambe le superpotenze economiche. Sui restanti 300 miliardi di dollari di prodotti dalla Cina che saranno tassati dal 1° settembre, i dazi saranno al 15% e non più al 10 come finora previsto.
Ma “Trump il doganiere” è scatenato. Come se non bastasse, infatti, ci sono le misure al 25% sull’import di auto e al 5% sulle componenti di auto. Saranno efficaci dal 15 dicembre, dopo la sospensione dello scorso 1° aprile che era stata stabilita per favorire il dialogo (vano).
Insomma, una vera e propria escalation che sta rendendo cara la vita e provocando i prodromi di una bella recessione mondiale. Ne potrebbe fare le spese anche l’Europa, con cui Trump non è certo tenero. Al G7 di Biarritz il Presidente francese Macron, che faceva gli onori di casa, è riuscito ad ammansire il tycoon americano con un pranzo a sorpresa all’Hotel du Palais, instaurando la buona pratica della “diplomazia personale” e portandolo a più miti consigli sui dazi sul vino. Ma sul Vecchio Continente incombe una mega stangata sulle auto che potrebbe arrivare a danneggiare (e non poco) anche l’Italia.
Nel nostro Paese, l’export verso gli Usa è una voce importante del commercio extra-Ue, valutabile sui 54,7 miliardi di dollari, quasi il doppio delle importazioni, che valgono invece 23,2 miliardi di dollari. L’export dall’Italia agli Stati Uniti si basa principalmente su 10 categorie di prodotti, guidati dal settore dei macchinari e delle apparecchiature, per un valore di quasi 8 miliardi di euro e da quello di auto, autoveicoli e rimorchi per 5,1 miliardi. Una guerra dei dazi Usa-Unione Europea sembra al momento scongiurata. Ma con Trump non si può mai dire.
@f_anfossi
Il nostro è tra i principali Paesi esportatori negli Stati Uniti. Un rincaro delle tariffe rischia di danneggiarci non poco