L’accordo commerciale annunciato al margine del G20 di Roma da Joe Biden e Ursula von der Leyen è un chiaro segnale alla Cina, che è la maggiore produttrice di acciaio al mondo
L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo commerciale sull’acciaio che risolve la disputa aperta dall’ex Presidente Donald Trump. Nel 2018 aveva infatti imposto dei dazi sulle importazioni di alluminio e acciaio europei giustificandoli con la difesa della sicurezza nazionale; Bruxelles aveva risposto sanzionando tutta una serie di prodotti americani tipici (e politicamente sensibili) come le motociclette Harley-Davidson e il bourbon.
Quella annunciata al margine del vertice del G20 di Roma dal Presidente statunitense Joe Biden e dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è più una tregua che un accordo di pace definitivo: serve a evitare l’escalation della trade war (il 1° dicembre le contro-tariffe europee sarebbero raddoppiate), a mettere in pausa la causa all’Organizzazione mondiale del commercio e a normalizzare la situazione per i prossimi due anni. Washington permetterà l’ingresso, senza dazi, fino a 4,4 milioni di tonnellate di acciaio e alluminio europeo all’anno (attualmente i livelli delle importazioni sono circa la metà), mentre Bruxelles sospenderà le sue ritorsioni. Le due parti, inoltre, lavoreranno insieme a un piano globale per contrastare sia la produzione “sporca” di acciaio – il settore siderurgico consuma moltissima energia ed emette grandi quantità di CO2 nell’atmosfera; per di più, è difficilmente elettrificabile – sia quella in eccesso, causa di perturbazioni nel mercato.
Il valore geopolitico dell’accordo
Al di là del contenuto economico dell’accordo e delle sue eventuali conseguenze industriali e climatiche, il patto Usa-Europa è rilevantissimo da un punto di vista geopolitico. Serve a contrastare la Cina, che è nettamente la maggiore produttrice di acciaio al mondo (vale il 56% del totale) e viene accusata da Washington e Bruxelles di saturare i mercati con quantità eccessive ed economiche che danneggiano le aziende siderurgiche europee e statunitensi.
Biden ha detto chiaramente che l’accordo con l’Europa serve a “restringere l’accesso dell’acciaio sporco proveniente da Paesi come la Cina ai nostri mercati”. Dietro alla motivazione ambientale – la Cina è la nazione che emette più gas serra del pianeta, anche se ha preso delle misure per limitare l’impatto climatico del settore siderurgico –, c’è la forte volontà della Casa Bianca di colpire l’economia cinese e rallentarne l’ascesa.
A differenza della precedente, l’amministrazione Biden vuole raggiungere quest’obiettivo lavorando insieme agli alleati, facendo leva sui vari (e specifici) motivi di frizione con Pechino: la Commissione europea è ad esempio molto attenta all’azione climatica ma anche al level playing field, ovvero alla parità di condizioni tra le proprie aziende e quelle cinesi per garantire una concorrenza equa. Biden sta allora portando avanti un’opera di razionalizzazione delle contese commerciali con il blocco, risolvendo tutte quelle questioni che, aperte o esacerbate dall’amministrazione Trump, rischiavano di compromettere la cooperazione transatlantica contro la Cina (benché Bruxelles non veda in Pechino un nemico esistenziale, al contrario di Washington).
Prima del patto sull’acciaio, a giugno gli Stati Uniti e l’Unione europea avevano raggiunto una tregua sulla lunga disputa tra Boeing e Airbus, i maggiori rappresentanti al mondo – il primo è americano, il secondo europeo – dell’industria dell’aviazione a uso civile. Anche in quel caso, l’intesa aveva un chiaro scopo anti-cinese: ovvero danneggiare la COMAC, il produttore statale cinese di aerei che ambisce a sottrarre quote di mercato ai due gruppi dominanti. Washington e Bruxelles dichiararono infatti di impegnarsi per respingere le “pratiche non di mercato di parti terze”, in riferimento al sostegno offerto dal Governo cinese a COMAC.
L’accordo commerciale annunciato al margine del G20 di Roma da Joe Biden e Ursula von der Leyen è un chiaro segnale alla Cina, che è la maggiore produttrice di acciaio al mondo