La creazione di un vero “pilastro europeo” dell’Alleanza rinforzerebbe considerevolmente lo sforzo di difesa comune, creando le premesse perché si sviluppi quel dialogo interno costruttivo che le è mancato per decenni
Cosa ci vuole dunque, che cosa occorre per realizzare finalmente questa difesa comune europea, questa Fata Morgana, miraggio che periodicamente appare, illude e scompare, lasciando ogni volta la bocca di chi ci ha creduto più amara di quanto essa non fosse prima?
Se vogliamo che essa possa svilupparsi e crescere nella sicurezza, la nostra difesa non deve per prima cosa né essere competitiva, né tantomeno apparire tale, nei riguardi di una Nato che in un modo o nell’altro dovrà sempre tenere nel debito conto le preoccupazioni statunitensi. Si tratta quindi in primo luogo di riassicurare i grandi alleati d’oltreoceano, spiegando loro come la creazione di un vero “pilastro europeo” dell’Alleanza rinforzerebbe considerevolmente lo sforzo di difesa comune, creando altresì le premesse perché si sviluppi quel costruttivo dialogo interno che è l’unica cosa che può permettere alla Organizzazione di progredire e che purtroppo le è mancato nel corso degli ultimi decenni. In tale ottica la definizione del Nuovo Concetto Strategico Nato e i relativi studi preliminari, in parte tra l’altro già avviati, costituirebbero un’occasione unica per cercare di impostare la relazione fra le due sponde dell’Atlantico che condividono i medesimi valori su basi più consone al futuro che esse dovranno affrontare insieme, e che si preannuncia estremamente agitato.
Se poi l’operazione potesse essere condotta da un Segretario Generale Nato espresso da un Paese europeo forte e supportato già in partenza da una volontà continentale pressoché unanime, la situazione si presenterebbe realmente come ottimale. È la ragione per cui la scelta di chi dovrà sostituire il SecGen attualmente in carica fra pochi mesi assume una importanza che in altri tempi essa non aveva mai avuto e dovrebbe quindi sin da ora essere oggetto di trattativa fra tutte le maggiori Cancellerie interessate.
Al di là delle preoccupazioni Usa e Nato, un altro importante ostacolo da superare appare ancora la costruzione di una corale volontà europea che possa avviare il processo di costruzione di questa difesa comune. Sembra inutile, specie con le dimensioni che l’Unione europea ha progressivamente assunto dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS, sperare che ciò possa verificarsi conglobando sin dall’inizio l’intera panoplia dei Paesi Ue, ove ciascun protagonista ha un orizzonte strategico e una storia recente da cui nascono paure diverse. L’unico fattore che potrebbe giocare un ruolo unificante pressoché immediato sarebbe una minaccia collettiva così forte e tanto visibile da provocare un “serrate le file”. Vi è solo da sperare, in ogni caso, che ciò non avvenga, anche se purtroppo si tratta di un’ipotesi che allo stadio attuale dei fatti non si può completamente scartare. Dunque nessuna politica estera comune in tempi brevi o medi, né tantomeno quella difesa comune che da essa dovrebbe derivare!
Vi è da rilevare però come i meccanismi istituzionali europei consentano a gruppi di Paesi che intendono procedere in particolari settori a una velocità superiore a quella auspicata da tutti gli altri di avviare il processo con cooperazioni rafforzate. Nel caso della difesa, il ruolo trainante nel settore potrebbe così essere svolto dal trio dei grandi Paesi fondatori dell’Europa, Germania, Italia e Francia, che tra l’altro dispone dell’unica forza nucleare rimasta nell’Unione dopo la Brexit. Se intorno a questo primo nucleo duro fosse poi possibile aggregare, magari grazie a una spinta congiunta italo/francese, anche la Spagna, il gioco comincerebbe veramente a farsi interessante. Qualora poi la Germania utilizzasse la sua influenza a est per cooptare anche la Polonia, il resto dell’Unione, nel tempo, non potrebbe far altro che seguire. Segnali in questo senso in ambito europeo ce ne sono stati parecchi, dalla firma del trattato di Roma fra Italia e Francia alle dichiarazioni del Presidente Macron in merito al programma dell’incombente semestre di presidenza francese.
In compenso, altrettanto forti sono stati i segnali di senso contrario con una Germania che appare terrorizzata dall’avvio del dopo Merkel, una Francia profonda in cui solo il 27% dei cittadini si dichiara favorevole a un approfondimento dei legami europei e una Italia dei partiti non più in grado di guidare la formazione dell’opinione pubblica, oltretutto in un settore che essa si è sempre rifiutata di considerare come prioritario. La palla rimane quindi, almeno per il momento, perfettamente in equilibrio sul crinale che divide i due versanti, mentre gli avvenimenti dei prossimi sei mesi si riveleranno probabilmente decisivi per il futuro degli assetti. Un autorevole commentatore di recente ha intitolato un suo articolo La difesa europea: illusione o necessità?. Probabilmente essa è entrambe le cose nel medesimo tempo.
Se vogliamo che essa possa svilupparsi e crescere nella sicurezza, la nostra difesa non deve per prima cosa né essere competitiva, né tantomeno apparire tale, nei riguardi di una Nato che in un modo o nell’altro dovrà sempre tenere nel debito conto le preoccupazioni statunitensi. Si tratta quindi in primo luogo di riassicurare i grandi alleati d’oltreoceano, spiegando loro come la creazione di un vero “pilastro europeo” dell’Alleanza rinforzerebbe considerevolmente lo sforzo di difesa comune, creando altresì le premesse perché si sviluppi quel costruttivo dialogo interno che è l’unica cosa che può permettere alla Organizzazione di progredire e che purtroppo le è mancato nel corso degli ultimi decenni. In tale ottica la definizione del Nuovo Concetto Strategico Nato e i relativi studi preliminari, in parte tra l’altro già avviati, costituirebbero un’occasione unica per cercare di impostare la relazione fra le due sponde dell’Atlantico che condividono i medesimi valori su basi più consone al futuro che esse dovranno affrontare insieme, e che si preannuncia estremamente agitato.