Le chiese cristiane denunciano episodi di discriminazione nei confronti delle comunità cristiane da parte di quella ebraica. Pesa anche la decisione del Governo di impedire l’ingresso nel Paese ai pellegrini cristiani per contenere la pandemia
I capi delle chiese cristiane di Gerusalemme sono preoccupati per l’aumento degli episodi di discriminazione nei confronti delle diverse comunità cristiane, da parte di quella ebraica. È quanto hanno scritto, nero su bianco, in una denuncia pubblica, i patriarchi della chiesa latina, di quella ortodossa e armena in testa.
Dal 2012, lamentano i religiosi, ci sono stati innumerevoli episodi di aggressioni fisiche e verbali contro sacerdoti e altro clero, attacchi a chiese cristiane, con luoghi santi regolarmente vandalizzati e profanati e continue intimidazioni nei confronti dei cristiani locali che cercano semplicemente di adorare liberamente e di svolgere la loro vita quotidiana. “Queste tattiche – denunciano i leader religiosi – vengono utilizzate da tali gruppi radicali nel tentativo sistematico di cacciare la comunità cristiana da Gerusalemme e da altre parti della Terra Santa”.
Il Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, uno dei leader della campagna, ha affermato che “in nessun momento della storia umana il futuro delle nostre comunità cristiane è stato più traballante”, aggiungendo che “i gruppi radicali sono intenti a sradicarci dalle nostre case, commerci e luoghi rituali. Invece di essere divisi, dobbiamo unirci per una Terra Santa pacifica e tollerante per tutte le religioni”. È stato anche creato un sito internet, da parte delle chiese cristiane, dove raccogliere e denunciare questi episodi di discriminazione.
A far traboccare il vaso, diversi episodi di discriminazione negli ultimi tempi. In particolare, la decisione del Governo israeliano di impedire, per ragioni di contenimento della pandemia, l’ingresso nel Paese di pellegrini cristiani a differenza di quelli ebrei. Inoltre, la comunità armena, il cui quartiere nella città vecchia è quello più a ridosso del quartiere ebraico, ha denunciato diversi episodi di discriminazione da parte degli ebrei, come aggressioni a religiosi. Le telecamere della chiesa della comunità, hanno registrato anche un ebreo che, passando dinanzi al luogo religioso, ha sputato all’indirizzo della porta e mostrato il dito medio alla telecamera. Sputi e aggressioni verbali, lamentano gli armeni, sono costanti durante le processioni.
Il Governo israeliano però ha rispedito le accuse al mittente, con un comunicato diffuso dall’ambasciata presso la Santa Sede e l’ufficio stampa del Governo di Gerusalemme. “Queste accuse infondate di condotta discriminatoria – scrive il Governo israeliano – sono oltraggiose, false e pericolose. Ci aspettiamo che i leader religiosi non si impegnino e non promuovano discorsi infondati di odio e incitamento che servono solo ad aggiungere benzina sul fuoco dell’antisemitismo e possono portare alla violenza e causare danni a persone innocenti”.
Per dimostrare la giustezza della difesa, il Governo ha diffuso una serie di dati dai quali si evince che la presenza cristiana in Terra Santa è aumentata negli ultimi anni tra i locali. Al momento in Israele vivono circa 182.000 cristiani cittadini israeliani, che rappresentano circa l’1,9% della popolazione dello Stato di Israele. Dai dati diffusi, emerge che la popolazione cristiana è cresciuta dell’1,4% nel 2020. Il 76,7% dei cristiani in Israele sono cristiani arabi che costituiscono il 7,0% della popolazione araba totale di Israele. Il Governo israeliano, che si aspetta “che i leader religiosi rinuncino all’incitamento all’odio e li invitiamo a continuare il dialogo regolare e fruttuoso con il governo israeliano”, ha spiegato che in questo periodo nel quale il Paese si è chiuso, sono stati concessi permessi a molti fedeli e religiosi cristiani, come a quelli ebrei, anche se non è possibile permettere l’ingresso ai pellegrinaggi.
La presenza di questi ultimi, tra l’altro, come rilevano i leader cristiani, contribuisce con 3 miliardi di dollari all’economia israeliana. La mancanza dei pellegrini a Natale è un duro colpo per le istituzioni cristiane e per quelle turistiche, sia di Israele che in Cisgiordania. Qui città come Betlemme, che basano la loro economia sui pellegrini e il turismo, stanno attraversando una crisi senza precedenti. I leader religiosi lamentano anche una ebraizzazione forzata della città vecchia con conseguente cacciata dei cristiani e dei musulmani. Sono infatti molte le organizzazioni ebraiche che, anche con triangolazioni e falsi nomi, pure sfruttando prestanome spesso arabi, acquistano abitazioni di arabi nella città vecchia. Il caso più eclatante è stato quello degli alberghi Imperial e Petra, nel pieno quartiere cristiano e punti di riferimento di pellegrini, che sono stati acquistati da organizzazioni ebraiche e conquistati, condannano alcuni leader cristiani, con inganni e aiuti da parte delle autorità israeliane. I nuovi proprietari, stanno ora mandando via gli arabi che abitano la zona e dando ricovero a ortodossi ebrei.
I capi delle chiese cristiane di Gerusalemme sono preoccupati per l’aumento degli episodi di discriminazione nei confronti delle diverse comunità cristiane, da parte di quella ebraica. È quanto hanno scritto, nero su bianco, in una denuncia pubblica, i patriarchi della chiesa latina, di quella ortodossa e armena in testa.
Dal 2012, lamentano i religiosi, ci sono stati innumerevoli episodi di aggressioni fisiche e verbali contro sacerdoti e altro clero, attacchi a chiese cristiane, con luoghi santi regolarmente vandalizzati e profanati e continue intimidazioni nei confronti dei cristiani locali che cercano semplicemente di adorare liberamente e di svolgere la loro vita quotidiana. “Queste tattiche – denunciano i leader religiosi – vengono utilizzate da tali gruppi radicali nel tentativo sistematico di cacciare la comunità cristiana da Gerusalemme e da altre parti della Terra Santa”.