Berlino e Roma provano a tenere tutto dentro, nuove strategie asiatiche e rapporti transatlantici
La Germania ha intenzione di creare un fondo statale per proteggere le aziende strategiche dalle acquisizioni da parte di compagnie straniere. L’iniziativa, che per alcuni contraddirebbe i princìpi del libero mercato, è stata pensata in funzione anti-cinese: come forma di tutela, cioè, verso il crescente espansionismo di Pechino nel continente europeo.
A preoccupare Berlino – e Bruxelles – è il fatto che molti di questi investimenti si concentrano in settori strategici e in infrastrutture cruciali, come i porti: l’esempio per eccellenza è il porto del Pireo, in Grecia, controllato dalla compagnia statale Cosco. Per la Germania il “campanello d’allarme” è stata l’acquisizione da parte di un gruppo cinese, nel 2016, di Kuka, società tedesca che produce robot industriali.
Pochi giorni prima della notizia, rivelata da Reuters, l’Unione Europea aveva definito la Cina un “rivale sistemico”. L’atteggiamento di Berlino è però duplice: se da una parte si muove per proteggere le aziende rilevanti per la sicurezza nazionale, dall’altra non sembra voler essere anti-cinese fino in fondo. Martedì la cancelliera Angela Merkel ha detto di non voler escludere Huawei dalle gare per le reti 5G, nonostante le forti pressioni in senso contrario provenienti dagli Stati Uniti.
Anche l’Italia mantiene una posizione ambigua sulla Cina: da un lato sembra decisa a firmare il memorandum d’intesa sulla cosiddetta nuova Via della seta, dall’altra non vuole rinunciare all’alleanza con gli Stati Uniti e quindi assicura che non ci saranno accordi con Pechino sulle telecomunicazioni. La Cina però dice il contrario.
@marcodellaguzzo
Berlino e Roma provano a tenere tutto dentro, nuove strategie asiatiche e rapporti transatlantici