Una campagna, quella di Emmanuel Macron, che non è mai entrata nel vivo. Il Presidente francese ha annunciato ufficialmente la sua ricandidatura solo il 3 marzo con una “Lettera ai francesi”
“È tutto congelato”. Nelle concitate ore successive all’invasione russa in Ucraina, nella mattinata di giovedì 24 febbraio, in Francia il comitato elettorale di Emmanuel Macron si riunisce d’urgenza nel quartier generale de La République en Marche. Il motivo, secondo Le Parisien, è soprattutto uno: cosa fare della campagna elettorale ora che la gerarchia delle priorità è totalmente ribaltata?
Una campagna, quella di Macron che, per la verità, non è mai davvero entrata nel vivo. Anzi, non era mai neanche iniziata. Solo il 3 marzo, infatti, il Presidente ha annunciato ufficialmente la sua ricandidatura, con un comunicato stampa diffuso alle agenzie di stampa. In questa sua “Lettera ai francesi”, in cui un accento particolare è posto sul concetto di “indipendenza” da recuperare per la Francia (ponendo l’obiettivo di renderla la prima nazione libera dalla dipendenza da gas, petrolio o carbone), Macron spiega anche che, “in ragione del contesto”, non potrà condurre la campagna elettorale come aveva sperato. Un annuncio ben diverso, insomma, da quello che aveva in mente il Presidente, che aveva programmato per sabato un grande evento a Marsiglia in cui ricevere lo slancio decisivo per la sua seconda corsa all’Eliseo.
La competizione elettorale potrebbe però essere influenzata dal conflitto ucraino non solo nel suo svolgimento, ma anche nei suoi esiti. Il 21 febbraio il riconoscimento da parte di Vladimir Putin dell’indipendenza delle repubbliche separatiste di Luhansk e Donetsk era arrivato proprio poche ore dopo l’annuncio di Emmanuel Macron di aver trovato un accordo per un incontro tra il Presidente russo e Joe Biden, prontamente smentito dal Cremlino prima dalle parole e poi dai fatti. Ma gli sviluppi successivi e l’aggravarsi della crisi hanno ribaltato quello che poteva essere un pericoloso scivolone diplomatico per il Presidente francese. Secondo un sondaggio di BFMTV l’88% dei francesi si definisce “scioccato” dall’invasione russa in Ucraina, e un Paese sotto shock non può che raccogliersi intorno al proprio Presidente: è anche e soprattutto per questa sorta di effetto rally “round the flag”, quindi, che Macron ha guadagnato 5 punti nel gradimento del suo operato nell’ultimo mese, secondo una rilevazione di Les Echos.
Il rafforzamento di Macron è illustrato anche dalla media dei sondaggi di Politico, secondo cui Macron riscuoterebbe al primo turno il 26% dei consensi: una percentuale mai così alta da settembre 2020. Una crescita dovuta anche, tuttavia, a errori più o meno grossolani dei suoi concorrenti. Negli ultimi giorni Marine Le Pen, Éric Zemmour e Jean-Luc Mélenchon sono stati fortemente criticati per le loro passate posizioni più o meno dialoganti con Putin.
In particolare, la leader del Rassemblement National – che ad oggi, forte di un 17% nei sondaggi, è la principale candidata a sfidare il presidente uscente al ballottaggio – è stata la più attaccata. Il partito di Le Pen sta ancora rimborsando un discusso prestito di nove milioni ottenuto da una banca russa nel 2014, e ha sempre mantenuto una linea piuttosto morbida nei confronti delle sanzioni alla Russia per l’annessione della Crimea. Inoltre, negli ultimi giorni il partito è incappato in una gaffe emblematica a questo proposito: nell’opuscolo di otto pagine diffuso ai comizi elettorali di Le Pen figura anche una foto proprio insieme a Vladimir Putin, per sottolineare la “statura internazionale” della guida del RN. Il comitato di Le Pen ha già disposto di mandare al macero tutti gli opuscoli non ancora distribuiti, circa 1 milione e 200mila, ma difficilmente ciò basterà ad allontanare lo spettro russo dalla campagna del Rassemblement National.
Anche Éric Zemmour, il giornalista di estrema destra candidato da indipendente, è finito al centro delle polemiche per una sua frase di qualche anno fa in cui dichiarava di sognare l’arrivo di “un Putin francese”. Ma a differenza di Le Pen, che ha pubblicamente ammesso di “essersi sbagliata”, Zemmour ha proseguito con una politica ambigua di condanna all’invasione russa alternata al dito puntato contro le responsabilità dell’Occidente e della Nato. Di questa situazione a destra continua a provare a trarre vantaggio Valérie Pécresse, la candidata de Les Républicains, che invece ha espresso una ferma condanna verso le azioni di Putin. Pécresse, tuttavia, resta ancora accreditata del 13% dei consensi, appaiata a Zemmour.
A sinistra, invece, le critiche sono piovute principalmente verso il candidato più avanti nei sondaggi, ovvero Jean-Luc Mélenchon de La France Insoumise. Il leader della sinistra radicale, dato al 12%, si è anch’esso assestato su posizioni di sostanziale equidistanza tra Putin e la Nato. Attirandosi gli attacchi di Yannick Jadot (Les Verts, 5%) e Anne Hidalgo (Parti Socialiste, 2%), i quali però non sembrano per ora trarre grandi benefici dalla loro condanna all’aggressione russa in termini di consenso.
Una campagna, quella di Emmanuel Macron, che non è mai entrata nel vivo. Il Presidente francese ha annunciato ufficialmente la sua ricandidatura solo il 3 marzo con una “Lettera ai francesi”