Israele ed Egitto hanno sottoscritto un accordo su un gasdotto che colleghi il bacino di gas naturale Leviathan nel Mediterraneo orientale con gli impianti di liquefazione in Egitto
Israele ed Egitto hanno sottoscritto un accordo su un gasdotto che colleghi il bacino di gas naturale Leviathan nel Mediterraneo orientale con gli impianti di liquefazione in Egitto
Il gas sta cementando i rapporti economici tra Israeleed Egitto. A far stringere le relazioni tra i due Paesi confinanti, i grandi giacimenti di gas dinanzi alle coste israeliane. Dopo la scoperta nei primi anni 2000 del bacino Tamar, entrato in funzione nel 2013, nel 2010 è stato scoperto, non lontano da questo, il bacino di gas naturale Leviathan, entrambi dinanzi ad Haifa. Giacimenti ricchi, tanto che grazie a questi, Israele potrà raggiungere l’autonomia energetica. E da questo, l’Egitto ha solo che da guadagnare; non a caso i due Paesi già da qualche anno hanno siglato accordi. L’ultimo, domenica scorsa.
Il Ministro israeliano per l’Energia, Yuval Steinitz, e il suo omologo egiziano Tarek el-Molla, in visita in Israele, hanno sottoscritto un accordo per costruire un gasdotto di collegamento tra il giacimento del Leviatano nel Mediterraneo orientale con gli impianti di liquefazione in Egitto, con l’obiettivo poi di aumentare le esportazioni verso l’Europa collegando anche l’Italia. Si stima che il giacimento Leviatano, scoperto 130 chilometri a ovest della città portuale di Haifa, contenga 535 miliardi di metri cubi di gas naturale insieme a 34,1 milioni di barili di condensa. Israele ha iniziato a pompare gas dal Leviatano nel dicembre 2019 e a esportarlo in Egitto già dal mese successivo.
La visita del Ministro egiziano in Israele
L’importanza dell’accordo e della visita è dimostrato dal fatto che quella del Ministro egiziano è la prima visita di un Ministro egiziano in Israele dal 2016. L’americana Noble e l’israeliana Delek, che guidano il consorzio per lo sviluppo del bacino Leviathan e di quello più piccolo di Tamar, hanno siglato un accordo decennale da 15 miliardi di dollari nel 2018 con l’egiziana Dolphinus per fornire al Paese dei faraoni 64 miliardi di metri cubi. Il Cairo, infatti, si sta sempre più accreditando come hub regionale per il gas. Il Leviathan è il secondo più grande giacimento di gas nel Mar Mediterraneo, dopo la scoperta dell’agosto 2015 del giacimento di Zohr al largo delle coste dell’Egitto.
Ma al di là delle discussioni sulla cooperazione in materia energetica secondo gli analisti la visita del Ministro egiziano in Israele sarebbe servita anche a inviare un chiaro messaggio a Turchia e Stati Uniti. Tarek el-Molla è stato il primo Ministro egiziano a visitare Israele da quando il Ministro degli Esteri Sameh Shoukry ha incontrato Netanyahu nel 2016. E, viene sottolineato, El-Molla non è un attore minore, in quanto è molto vicino al Presidente egiziano Al-Sisi. Per molto tempo la Turchia è stata impegnata in un’aspra rivalità con l’Egitto. Il Paese dei faraoni si è allineato con Grecia e Cipro, che accusano la Turchia di perforare illegalmente il gas naturale nelle loro zone economiche esclusive. Insieme a Israele, i Paesi hanno formato l’EastMed Gas Forum, con sede a Il Cairo, e hanno condotto esercitazioni militari congiunte. Secondo alcuni osservatori, un incontro tra Israele ed Egitto, anche se non è lo scopo principale della visita, invia un chiaro messaggio alla Turchia.
La visita avrebbe anche avuto anche lo scopo di inviare un messaggio all’amministrazione Biden. L’Egitto infatti teme una maggiore pressione da parte del Governo degli Stati Uniti sulle faccende relative ai diritti umani. “Non tollereremo aggressioni o minacce da parte di Governi stranieri contro cittadini americani o loro familiari”, ha detto la scorsa settimana il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price dopo che il Governo di Al-Sisi ha arrestato la famiglia di un attivista politico che è anche cittadino statunitense. “Non ho dubbi che gli egiziani abbiano preoccupazioni per l’amministrazione Biden”, ha detto al Timesof Israel Eran Lerman, vice Presidente del Jerusalem Institute for Strategy and Security ed ex vice direttore del Consiglio di sicurezza nazionale di Israele. “Tutto il Mediterraneo orientale si sta organizzando in modo che Biden veda in noi una posizione unificata”, ha affermato Lerman.
I colloqui israelo-palestinesi
La visita, durante la quale el-Molla ha incontrato anche esponenti del Governo palestinese a Ramallah, ha permesso anche all’Egitto di ribadire la sua presenza come uno dei principali mediatori tra Israele e palestinesi. A dicembre, Al-Sisi ha detto che Il Cairo stava lavorando per portare avanti la soluzione dei due Stati. Una settimana prima dell’entrata in carica di Biden, l’Egitto ha ospitato i Ministri degli Esteri giordano, francese e tedesco per discutere del rilancio dei colloqui di pace israelo-palestinesi. L’idea è che più l’Egitto può presentarsi come una fonte di stabilità e cooperazione nella regione, minore sarà la pressione che dovrà affrontare dagli Stati Uniti per i diritti umani. Non solo: sia per il giacimento Leviathan che per quello Tamar, c’è una disputa internazionale tra Israele e Libano per i confini e la pertinenza dei siti. Il Libano in passato è ricorso anche alle Nazioni Unite sulla questione dei confini e gli americani, che hanno notevoli interessi attraverso società statunitensi, nell’esplorazione e gestione dei giacimenti, hanno sempre tenuto due piedi in una scarpa.
Ma il gasdotto serve a Israele anche per la pacificazione interna. Entro due anni, infatti, sarà completata la costruzione di un gasdotto destinato a portare il gas naturale da Israele a Gaza. Dopo estenuanti colloqui e trattative è stato raggiunto nei giorni scorsi l’accordo, che coinvolge anche il Qatar, le Nazioni Unite e l’Unione europea. Una volta terminata la fase infrastrutturale con la costruzione del gasdotto, la Chevron Delek, partnership tra l’americana Chevron e l’israeliana Delek, venderà il gas all’Autorità nazionale palestinese. Gas che arriverà dal bacino Leviathan. Nella striscia al momento c’è solo un impianto elettrico che si basa su carburante diesel importato via terra che non è sufficiente per il fabbisogno della popolazione della pur piccola zona, tanto che ogni giorno si verificano continui blackout che durano a volte anche per molte ore consecutive. L’Autorità Palestinese attualmente paga 11 milioni di dollari per l’elettricità da Israele, oltre ai 2,5 milioni di dollari stanziati per la centrale elettrica stessa. Il Qatar acquista 7 milioni di dollari di carburante ogni mese per questa centrale elettrica. Passare al gas naturale sarebbe quindi per Gaza molto importante non solo perché ridurrebbe il deficit energetico ma anche perché farebbe diminuire drasticamente il costo che l’autorità nazionale palestinese paga per l’elettricità. L’Unione europea ha destinato circa 5 milioni di dollari per contribuire al progetto mentre il Qatar dovrebbe occuparsi, anche se i dettagli non sono ancora chiarissimi e definiti, della costruzione del gasdotto sulla parte di suolo israeliano.
Un disastro petrolifero
Intanto, mentre si discute di accordi e di nuovi gasdotti, gli ambientalisti sono sempre più preoccupati specie dopo la fuoriuscita di petrolio pare da una petroliera greca, che ha provocato lo sversamento di catrame da Haifa a sud fino ad Ashkelon inquinando 170 chilometri di spiaggia e scogliere. Tutte le spiagge israeliane affacciate sul Mediterraneo sono state chiuse e il Governo ha invitato la popolazione a evitare di bagnarsi, temendo rischi per la salute. È stata anche vietata la vendita del pescato del Mediteranno, dal momento che molta è la fauna rinvenuta morta e piena di catrame sulle spiagge israeliane, in quella che è stata annunciata come una delle peggiori catastrofi ambientali del Paese. La marea, si sta spostando anche sulle coste libanesi.
Israele ed Egitto hanno sottoscritto un accordo su un gasdotto che colleghi il bacino di gas naturale Leviathan nel Mediterraneo orientale con gli impianti di liquefazione in Egitto
Il gas sta cementando i rapporti economici tra Israeleed Egitto. A far stringere le relazioni tra i due Paesi confinanti, i grandi giacimenti di gas dinanzi alle coste israeliane. Dopo la scoperta nei primi anni 2000 del bacino Tamar, entrato in funzione nel 2013, nel 2010 è stato scoperto, non lontano da questo, il bacino di gas naturale Leviathan, entrambi dinanzi ad Haifa. Giacimenti ricchi, tanto che grazie a questi, Israele potrà raggiungere l’autonomia energetica. E da questo, l’Egitto ha solo che da guadagnare; non a caso i due Paesi già da qualche anno hanno siglato accordi. L’ultimo, domenica scorsa.
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