Fonti diplomatiche parlano di resistenze tedesche allo stop totale dell’import. Il limite al pagamento petrolifero ha lo scopo di calmierare i guadagni russi: da inizio guerra i Paesi membri hanno comprato 13 miliardi di petrolio moscovita
Un tetto al prezzo da pagare alla Russia per il petrolio fornito all’Unione europea, che da inizio invasione dell’Ucraina, 63 giorni or sono, ha portato all’esborso nelle casse moscovite di ben 13 miliardi di euro. È la proposta dei Paesi membri per frenare i guadagni russi sull’oro nero venduto all’Europa, petrolio letteralmente insanguinato la cui compravendita agevola il prosieguo delle operazioni militari della Federazione in Ucraina.
I dati arrivano da CREA, organizzazione di ricerca indipendente per il monitoraggio commerciale, flussi di gas, inquinamento. Secondo i numeri forniti, i flussi relativi ai prodotti petroliferi e gasiferi in arrivo tramite pipeline verso l’Europa sono stabili, mentre è previsto il dimezzamento della parte consegne marittime, proprio a causa della guerra in Ucraina.
La decisione sul tetto al prezzo del petrolio russo è ancora in fase di valutazione, con i 27 Stati che a Bruxelles trattano su come procedere in tal senso. La proposta iniziale prevedeva lo stop totale all’import del petrolio russo, ma la Germania e altre nazioni, spiegano fonti diplomatiche, hanno bocciato l’iniziativa lamentando problematiche dirette ai rispettivi sistemi produttivi industriali se questo accadesse. Ancora una volta, dunque, si scontrano due idee diverse di approccio alla questione Russia, diversità di vedute che, inoltre, è ben visibile anche rispetto all’atteggiamento degli Stati Uniti a riguardo.
Washington, infatti, già dal mese di marzo ha fermato l’acquisizione di petrolio e gas dalla Federazione, nella speranza che i partner europei facessero altrettanto. Invece, come già dimostrato in altre numerose occasioni, le esigenze europee e quelle statunitensi non coincidono, obbligando ad una seria riflessione sullo stato dell’azione — apparentemente congiunta — occidentale nel tentativo di frenare le velleità di Vladimir Putin. D’altronde, la situazione approvvigionamento energetico Usa è diversa da quella europea, con l’Ue ben lontana da una effettiva soluzione nel medio e lungo termine.
Bruxelles ha fatto fin troppo affidamento sulle risorse fossili russe, nonostante da tempo lamentasse problematiche nella gestione dei diritti umani nel Paese e avesse persino imposto sanzioni contro Mosca da diversi anni per via dell’annessione della Crimea. Una problematica che poteva essere gestita in tempi non sospetti, scontrandosi infine, tutto d’un tratto, con la realtà fattuale di una nazione che ha invaso uno Stato sovrano, complicando ulteriormente il fragile quadro energetico europeo. Secondo Mikhail Khodorkovsky, uomo d’affari russo ora in esilio, un embargo totale al petrolio e al gas russo sarebbe un colpo mortale per Putin.
Ma le trattative saranno lunghe. “Tentare di mettere un tetto al prezzo del petrolio sarà difficile ed è va, inoltre, in violazione dei contratti”, sostiene un fonte ministeriale tedesca interpellata dal Financial Times. “L’idea del price cap non è seriamente presa in considerazione in Germania”, afferma un’altra fonte, visto e considerato che il petrolio è importato a Berlino da aziende private, che a loro volta farebbero ricadere i costi su qualcun altro. L’obiettivo tedesco sarebbe quello di un’uscita graduale dal mercato russo: entro l’estate dimezzato l’import petrolifero, entro la fine dell’anno del tutto eliminato.
Fonti diplomatiche parlano di resistenze tedesche allo stop totale dell’import. Il limite al pagamento petrolifero ha lo scopo di calmierare i guadagni russi: da inizio guerra i Paesi membri hanno comprato 13 miliardi di petrolio moscovita