L’annuncio del Ministro della Difesa: “Servirà a proteggere il Paese”. Il riferimento è chiaramente rivolto alla possibilità di un grosso conflitto nello stretto di Taiwan, da cui dipende anche l’integrità territoriale del Giappone
Il Ministro della Difesa del Giappone, Yasukazu Hamada, ha detto che il Paese amplierà le strutture per lo stoccaggio di carburante e di munizioni sulle isole Nansei (o Ryukyu), nel Mar Cinese orientale. “Per proteggere il Giappone”, ha dichiarato Hamada al quotidiano Nikkei, “è importante per noi avere non solo hardware come aerei e navi, ma anche munizioni sufficienti”.
L’annuncio e le precisazioni del Ministro dicono molto della preoccupazione di Tokyo circa la possibilità di una grande crisi (e forse di un conflitto) nello stretto di Taiwan, dove si trova l’isola rivendicata dalla Cina e sostenuta militarmente e politicamente dagli Stati Uniti. La libertà di navigazione nell’area – non solo nello stretto di Taiwan, ma anche in quello di Luzon – è infatti fondamentale per la sicurezza economica ed energetica del Giappone. Il Paese teme inoltre che un’occupazione cinese di Taiwan possa mettere a rischio anche la propria integrità territoriale, perché Pechino considera sue anche le isole Senkaku, amministrate da Tokyo e non troppo distanti.
Attualmente il Giappone stocca circa il 70% delle munizioni a Hokkaido, l’isola più a nord delle cinque principali che compongono l’arcipelago giapponese: si trova a oltre 2000 chilometri di distanza da Taiwan. Secondo Hamada, espandere le capacità di deposito nelle Nansei – a sud-ovest, situate tra la regione di Kyushu e Taiwan – permetterà di aumentare la deterrenza nazionale. Il Ministro ha promesso appunto che “rafforzeremo radicalmente le capacità di difesa di cui abbiamo bisogno, compresa la nostra capacità di dispiegamento sostenuto e flessibile”.
Tokyo, dunque, procederà innanzitutto a costruire un deposito di munizioni in una base delle Forze terrestri di autodifesa (l’equivalente giapponese della branca di un esercito dedicata alle operazioni militari a terra) sull’isola di Amami Oshima. Il sito potrebbe eventualmente ospitare anche armi come i missili standoff, che vengono lanciati da postazioni fuori dalla portata di fuoco delle forze nemiche.
Le Forze di autodifesa hanno stoccato abbastanza munizioni per due mesi, e il Paese possiede scorte di petrolio per cinque. Ma meno del 10% delle munizioni si trovano a Kyushu e a Okinawa (il gruppo principale delle Nansei); le Forze, peraltro, non dispongono di sufficiente capacità marittima per trasportarne in quantità bastevoli verso l’area in caso di conflitto.
Hamada ha detto quindi che il Giappone vuole costruire infrastrutture portuali e serbatoi di carburante sulle isole di Okinawa e Kyushu. A migliorare non sarà solo la mobilità delle truppe e quella dei rifornimenti, ma anche la capacità effettiva di Tokyo di fornire sostegno all’esercito statunitense qualora si impegnasse in un conflitto per Taiwan.
L’annuncio e le precisazioni del Ministro dicono molto della preoccupazione di Tokyo circa la possibilità di una grande crisi (e forse di un conflitto) nello stretto di Taiwan, dove si trova l’isola rivendicata dalla Cina e sostenuta militarmente e politicamente dagli Stati Uniti. La libertà di navigazione nell’area – non solo nello stretto di Taiwan, ma anche in quello di Luzon – è infatti fondamentale per la sicurezza economica ed energetica del Giappone. Il Paese teme inoltre che un’occupazione cinese di Taiwan possa mettere a rischio anche la propria integrità territoriale, perché Pechino considera sue anche le isole Senkaku, amministrate da Tokyo e non troppo distanti.