Nel 2018 il partito di Giorgia Meloni Fratelli d’Italia era al 4,3%, alle elezioni europee del 2019 ottiene il 6,5% e oggi viene dato al 20,5%. A cosa si deve il boom nei sondaggi?
“Io sono Giorgia” garantisce l’autobiografia, un libro che vale per lei più di una battaglia vinta. Ma “Giorgia chi è?” si chiedono gli osservatori stranieri da quando è arrivata la notizia che Brothers of Italy, le prime parole dell’inno nazionale, sono adesso anche il nome del (probabile) primo partito italiano. La stampa internazionale ci gira poco attorno, sono post-fascists come da presentazione del New York Times, tre anni e mezzo fa: “Sono gli eredi del partito nato dalle ceneri del fascismo di Mussolini”. La discendenza di Fratelli d’Italia dal Movimento sociale del resto è esibita e rivendicata nella fiamma a tre colori che ne costituisce il simbolo. Politico spiega che “il partito ha le sue radici nel Movimento sociale italiano costituito dagli alleati di Mussolini nel 1945, ma queste origini non sono state un ostacolo verso il potere. Gli eredi del fascismo sono entrati da tempo nel panorama politico mainstream avendo fatto parte dei governi di destra a partire dagli Anni ‘90”. Mentre secondo il Guardian il partito è solo adesso sul punto di fare il salto nel campo delle forze “accettabili” – “Italian post-fascists heading for the mainstream?” – e questo grazie alla capacità di Giorgia Meloni di polarizzare gli schieramenti lanciando “guerre culturali”. “Una versione xenofoba del cristianesimo, marce contro l’aborto e i matrimoni gay, l’allarme per l’islamizzazione, una retorica “Dio, patria e famiglia”, la richiesta del blocco navale” sono, secondo il quotidiano inglese, le ragioni del successo di Fratelli d’Italia.
Chi è Giorgia Meloni
Ma chi è l’artefice di questo successo, chi è Giorgia? Nel libro parla di sé in questo modo: “Se veniste a suonare alla mia porta senza preavviso rischiereste di trovarmi così: felpa con orsacchiotto di peluche, capelli tenuti alla rinfusa con un fermaglio e aspirapolvere in mano”. La presentazione dimessa non deve però ingannare. Certo, Giorgia Meloni ogni volta che può riesce a farsi forte della sua estrazione sociale popolare. Ha raccontato di aver fatto da babysitter alla figlia di Fiorello e ha aggiunto orgogliosa di aver lavorato come cameriera per aiutare la madre con le spese, approfittandone per attaccare “la sinistra snob” che per questo la guarderebbe dall’alto in basso. Ma Giorgia Meloni ha frequentato troppo Silvio Berlusconi per non sapere che un’immagine pubblica sciatta non conduce mai al successo e, infatti, per i suoi ritratti ufficiali sui social sta ben attenta a esaltare ordine, nettezza e pulizia. Pochi colori: sfondo azzurro, capelli biondi, camicia bianca (talvolta nera). Anche troppo attenta, visto che un paio di volte per i grandi manifesti elettorali ha esagerato con il fotoritocco al punto da essere quasi irriconoscibile. Ma anche in quelle occasioni è stata capace di girare la gaffe in suo favore, con una specie di auto ironia: “È ufficiale, il mondo mi considera una cozza”.
Dunque quell’immagine da casalinga disperata ha un preciso obiettivo tattico. Basta girare una pagina nel libro autobiografico ed ecco che la leader con la forcina e l’aspirapolvere può scagliarsi contro “quelli che discettano del popolo e delle sue disgrazie comodamente seduti nelle loro ville a Capalbio, sorseggiando champagne a piedi nudi, con lunghi vestiti bianchi di lino”. Non manca proprio niente, pazienza se i radical chic inquadrati in questo ritratto sono troppo caricaturali per essere veri. I nemici si devono riconoscere e Giorgia Meloni questo lo sa fare bene. Ha la capacità di costruire avversari anche quando non ci sono e sa raccontarsi sempre come chi si deve, con coraggio, difendere. L’ha visto fare con successo, almeno fino a quando proprio lei non ha iniziato a scavargli il terreno sotto ai piedi, da Salvini. E tutti e due hanno imparato a farlo – di nuovo – da chi il centrodestra italiano l’ha inventato, Silvio Berlusconi.
Per una che ha il mito di Leonida e vorrebbe che un libro sulla storia della Termopili diventasse materia di un corso scolastico sulla “educazione al coraggio” (lo è già, ma a West Point) è chiaro che essere accerchiata dai nemici è una grande opportunità (e, certo, molto onore). Meloni indica una lunga lista: da chi la insultava quando era una ragazzina a quelli che oggi l’accusano di familismo perché il capogruppo di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida è il marito di Arianna Meloni, la sorella di Giorgia a sua volta collaboratrice del gruppo alla regione Lazio. Da quelli che le danno della bigotta perché “difendo la famiglia naturale”, anche se non è sposata, agli haters che l’attaccano su Twitter (dove però lei può scrivere che la Ministra dell’Interno è in preda alla “furia immigrazionista”). Dai “buonisti” alla immancabile “intellighenzia” alla cancel culture che adesso, lo sapevate, “sta minacciando la torta di mele”. L’importante è creare steccati, polarizzare. Funziona ovunque, in Italia di più. Un recente studio francese (fondapol.org, maggio 2021) ci informa che rispetto a Francia, Germania e Inghilterra il nostro è il Paese dove una percentuale maggiore della popolazione si definisce di destra (44% contro la media del 39%) o di sinistra (31% contro la media del 27%) e una minore di centro (13% contro la media del 20%). Siamo già i più “polarizzati”.
Il boom nei sondaggi
Per salire nei sondaggi fino ad arrivare al 20%, Fratelli d’Italia non ha avuto bisogno di moderare alcunché. Con il percorso inverso, quello della rinuncia ai simboli dell’identità post fascista, Alleanza nazionale è riuscita al massimo a sfiorare il 16%. Meloni offre adesso una versione assai poco convinta e tutta tattica della svolta di Gianfranco Fini. In sostanza, Fiuggi “era un modo per rendere più appetibili le nostre istanze”. La sua scalata politica, da leader degli studenti di destra a ministra della Repubblica in dodici anni, è avvenuta tutta all’interno del nuovo corso finiano. Meloni è stata sempre d’accordo con Fini, anche quando l’ex Presidente ha spinto il partito nella confluenza con Forza Italia in un unico movimento. La divisione tra i due è arrivata quando Fini ha rotto con Berlusconi e lei ha scelto invece di restare nel Popolo delle libertà. Almeno fino a quando il Cavaliere ha perso il Governo. Nel 2012, recuperata la fiamma, Meloni con Guido Crosetto e Ignazio La Russa ha lanciato la sua operazione nostalgia. Che tale è rimasta per diversi anni, fino alle ultime elezioni politiche del 2018. Anni durante i quali le liste di Fratelli d’Italia non sono andate oltre il 4% in ogni tipo di elezione, politiche, europee o regionali che fossero. Nelle urne l’exploit è recentissimo. La doppia cifra il partito di Meloni l’ha toccata solo a fine 2019 alle regionali in Umbria, per poi ripetersi pochi mesi dopo in Calabria, Liguria, Marche, Puglia e (quasi) in Emilia Romagna e Veneto.
Secondo il politologo Piero Ignazi, che ne ha scritto su Domani il 4 giugno scorso, il boom nei sondaggi si deve anche al fatto che “Giorgia Meloni continua a essere coccolata dalla grande stampa”. La rassegna della camera dei deputati restituisce dodici interviste a Meloni nei cinquanta giorni dal 1° maggio al 20 giugno scorso, di cui tre al Corriere della Sera, e dieci articoli di suo pugno (uno di nuovo sul Corriere). Nella comoda posizione di unica opposizione al Governo Draghi, Meloni copre con la sua immagine quella di un partito che in giro per l’Italia è ancora pieno di donne e uomini che cantano “Faccetta nera” alla radio, si fanno sorprendere su Zoom con i gagliardetti del ventennio, definiscono l’Associazione partigiani “una montagna di merda”, il 25 aprile vanno sulle tombe dei repubblichini, si chiamano tra loro “camerati”, organizzano cene per ricordare la marcia su Roma o direttamente Benito Mussolini (il cui pronipote è stato candidato al parlamento europeo). Identificato sulla scena nazionale e internazionale solo con la sua presidente (che è anche presidente dei Conservatori europei), oggi Fratelli d’Italia è il partito italiano più leaderistico che c’è, e questa leader è una donna. Il che per il nostro Paese è una novità certamente positiva, ma per lei – come per molti altri prima di lei – può diventare un limite. “La nostra crescita non dipende dall’opposizione – ha detto il cofondatore Crosetto a Libero il 3 giugno scorso – No, dipende solo da Giorgia Meloni e semmai questo potrebbe essere il problema”. Già. “Io sono Giorgia”, ma gli altri chi sono?
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di luglio/agosto di eastwest.
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Nel 2018 il partito di Giorgia Meloni Fratelli d’Italia era al 4,3%, alle elezioni europee del 2019 ottiene il 6,5% e oggi viene dato al 20,5%. A cosa si deve il boom nei sondaggi?