Gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo con i Talebani che potrebbe portare al ritiro delle truppe americane in Afghanistan. Ma il processo di pace non si è ancora concluso
Il mullah Abdul Ghani Baradar, leader della delegazione talebana, e Zalmay Khalilzad, inviato degli Stati Uniti per la pace in Afghanistan, si stringono la mano dopo aver firmato un accordo durante una cerimonia tra membri dei talebani afgani e degli Stati Uniti a Doha, Qatar, 29 febbraio 2020. REUTERS/Ibraheem al Omari
Gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo con i Talebani che potrebbe portare al ritiro delle truppe americane in Afghanistan. Ma il processo di pace non si è ancora concluso
Il mullah Abdul Ghani Baradar, leader della delegazione talebana, e Zalmay Khalilzad, inviato degli Stati Uniti per la pace in Afghanistan, si stringono la mano dopo aver firmato un accordo durante una cerimonia tra membri dei talebani afgani e degli Stati Uniti a Doha, Qatar, 29 febbraio 2020. REUTERS/Ibraheem al Omari
Gli Stati Uniti hanno raggiunto ieri un accordo di pace con i Talebani che potrebbe mettere fine alla guerra in Afghanistan e portare al ritiro delle truppe americane dal Paese.
L’accordo – firmato a Doha, in Qatar, che ha ospitato i negoziati – è stato definito “storico”: quella in Afghanistan è infatti la guerra più lunga combattuta dagli Stati Uniti. L’invasione è iniziata nell’ottobre 2001 su ordine dell’allora Presidente George W. Bush, in risposta agli attentati terroristici dell’11 settembre. Lo scopo di Washington era di neutralizzare il leader di al-Qaeda Osama bin Laden e di rovesciare il regime talebano che lo sosteneva, noto come Emirato islamico dell’Afghanistan. L’Emirato fu distrutto in pochi mesi, nel dicembre 2001, ma la guerra si trascinò a lungo a causa di numerose complicazioni e della difficoltà di dare stabilità al Paese attraverso un nuovo Governo.
Il ritiro dall’Afghanistan è uno dei principali obiettivi del Presidente Donald Trump, che considera le missioni all’estero troppo costose e poco vantaggiose per gli Stati Uniti.
L’accordo di Doha tra Washington e i Talebani, comunque, soddisfa – almeno in teoria – entrambe le parti. Gli Stati Uniti ottengono dai Talebani l’impegno a distanziarsi dal terrorismo jihadista e a non trasformare l’Afghanistan in una “base” da cui progettare attentati. I Talebani ottengono invece il ritiro delle truppe straniere dal Paese. Entro i prossimi tre o quattro mesi gli Stati Uniti ridurranno il numero dei propri soldati da 13mila a 8600, per poi giungere eventualmente ad una ritirata completa entro 14 mesi.
L’accordo tra gli Stati Uniti e i Talebani rappresenta comunque solo la prima parte dei colloqui di pace. Entro una decina di giorni dovranno infatti aprirsi delle trattative anche tra i Talebani e le istituzioni e la società afghane, complicate dal fatto che fino ad ora i guerriglieri si sono rifiutati di negoziare con il Governo di Kabul, accusandolo di essere controllato dagli Stati Uniti.
Già si prevede, dunque, che il cosiddetto dialogo intra-afghano per la condivisione del potere si rivelerà un processo estremamente difficile. I Talebani, inoltre, potrebbero non rispettare gli impegni presi e puntare ad ottenere il controllo dell’intero Paese.
Gli Stati Uniti hanno raggiunto ieri un accordo di pace con i Talebani che potrebbe mettere fine alla guerra in Afghanistan e portare al ritiro delle truppe americane dal Paese.
L’accordo – firmato a Doha, in Qatar, che ha ospitato i negoziati – è stato definito “storico”: quella in Afghanistan è infatti la guerra più lunga combattuta dagli Stati Uniti. L’invasione è iniziata nell’ottobre 2001 su ordine dell’allora Presidente George W. Bush, in risposta agli attentati terroristici dell’11 settembre. Lo scopo di Washington era di neutralizzare il leader di al-Qaeda Osama bin Laden e di rovesciare il regime talebano che lo sosteneva, noto come Emirato islamico dell’Afghanistan. L’Emirato fu distrutto in pochi mesi, nel dicembre 2001, ma la guerra si trascinò a lungo a causa di numerose complicazioni e della difficoltà di dare stabilità al Paese attraverso un nuovo Governo.
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