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Hong Kong: è iniziato il processo contro l’opposizione democratica


I 47 attivisti, arrestati nel 2021, dovranno difendersi dalle accuse legate alla legge per la sicurezza nazionale del 2020. Il processo rischia di mettere fine all'opposizione democratica nella provincia speciale

Lunedì 6 febbraio, si è aperto il più grande processo di Hong Kong legato alla legge di sicurezza nazionale, promulgata nel 2020. Si dovranno difendere dalle accuse 47 dei più noti attivisti pro-democrazia della città; molti rischiano l’ergastolo. Si tratta di un processo emblematico, non solo per le dimensioni e per le motivazioni che lo reggono, ma a causa delle potenziali conseguenze: potrebbe segnare la fine dell’opposizione politica in un territorio prima vibrante e libero.

Alcuni sono politici e leader di protesta veterani. Altri sono accademici, sindacalisti e operatori sanitari. Provengono da generazioni diverse, hanno opinioni politiche diverse, ma sono stati uniti da un impegno comune per il futuro democratico di Hong Kong. I “47 di Hong Kong” — l’appellativo con cui sono divenuti noti — sono stati arrestati nel gennaio 2021, in seguito alla grande retata della polizia, ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale. La maggior parte degli imputati è rimasta da quel momento  da quel momento — quindi per due anni — in  in detenzione preventiva. Tra i tanti nomi noti che si dovranno difendere ci sono l’attivista Joshua Wong — uno dei volti più giovani e famosi delle proteste pro democrazia, cofondatore del partito ​​Demosistō — la giornalista diventata poi avvocato Claudia Mo, l’attivista e cofondatore della Lega dei Socialdemocratici “Capelli lunghi” Leung Kwok-hung, nonchè l’ex giornalista cinese della BBC Gwyneth Ho. Sono stati accusati di cospirazione al fine di sovvertire il potere dello Stato. La loro colpa è di aver organizzato o partecipato alle primarie, nel luglio 2020, per eleggere chi avrebbe rappresentato l’opposizione democratica alle prossime elezioni legislative. In quel caso più di 600 mila persone espressero il loro voto, considerato dall’accusa un tentativo di “paralizzare” il governo di Hong Kong. Oggi, il Consiglio Legislativo è interamente occupato da partiti pro-Pechino.

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