Dopo 24 anni dalla sua ultima visita, il Presidente Putin ha scelto la Corea del Nord come prima tappa di un più ampio programma di viaggio che lo ha portato a visitare anche il Vietnam.
L’obiettivo della missione diplomatica del leader moscovita non è solo quello di consolidare le alleanze ma soprattutto ottenere un sostegno politico-militare alla sua “operazione speciale” in Ucraina. A dire il vero questa prima tappa è stata preceduta da una visita in Siberia Orientale e precisamente nella città di Jacuzia, che ha peraltro ritardato e accorciato la permanenza di Putin in Corea del Nord.
Il motivo della tappa in Siberia appare chiaro se letto attraverso le lenti della guerra che ancora devasta il territorio ucraino. Putin ha infatti visitato una fabbrica di droni ed ha incontrato il capo della Repubblica Autonoma, Aisen Nikolaev, per poi intrattenersi con i cittadini in loco. Questa visita non è stata quindi solo un modo per mantenere e consolidare la presa del leader moscovita sulla remota regione siberiana ma la visita alla fabbrica di droni così come il soffermarsi con i cittadini, mandano un chiaro segnale alla realtà regionale siberiana che contribuisce sensibilmente al sostegno della guerra in Ucraina, soprattutto in termini di uomini. È infatti dalle remote regioni russe come la Siberia che Putin drena la maggior parte delle risorse umane di cui dispone per rimpolpare il fronte di guerra.
Il fil rouge del conflitto in Ucraina è strettamente legato anche alla visita di Putin dal leader nordcoreano, il quale 9 mesi fa aveva calcato il suolo russo con un incontro ricchissimo di elogi che ha portato Pyongyang verso un sostegno militare ancor più concreto per quanto concerne le ufficiose forniture di armamenti e munizioni a beneficio di Mosca. In questa nuova occasione, Putin si è fatto accompagnare da una nutrita delegazione (formata dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov, dal ministro della Difesa Andrej Belousov, dai ministri delle Risorse naturali, della Salute e dei Trasporti, dal capo dell’agenzia spaziale e dal vicepremier Alexander Novak, uomo di Putin per l’energia), messaggio già di per sé significativo.
È però un altro il tatticismo diplomatico che più spicca in questa visita. Il leader moscovita ha infatti scelto di far precedere il suo arrivo da un articolo pubblicato nelle pagine del giornale ufficiale del regime “Rodong Sinmun”. Leggendolo si nota come il Presidente russo abbia voluto elogiare le relazioni tra i due paesi e come si voglia impegnare non solo ad approfondirli dal punto di vista diplomatico ma anche su un piano più concreto, in campo economico e securitario: “La Russia ha incessantemente sostenuto e sosterrà la Repubblica Popolare Democratica di Corea e l’eroico popolo coreano nella lotta contro un nemico infido, pericoloso e aggressivo per preservare l’indipendenza, l’identità e il diritto di scegliere liberamente il proprio percorso di sviluppo”. Messaggio quest’ultimo diretto sicuramente al popolo e alla leadership coreana ma ancor di più ai rivali occidentali.
Putin si presenta, ancor prima di toccare il suolo della Penisola, come un alleato accomodante e collaborativo, rispettoso della tradizione diplomatica e delle storiche relazioni che accomunano i due Paesi. È stato poi lo stesso leader coreano e la preparazione a dir poco fastosa e spettacolare della città che ha accolto Putin, tra bandiere e gigantografie, a rafforzare l’enfasi che sottende le parole ed i fatti che questa relazione tattico-strategica e la sua futura evoluzione esprimono.
Il senso di questa rinvigorita partnership non poggia unicamente sul valore simbolico dei cerimoniali diplomatici e degli scambi di elogi tra i due leader, ma specialmente sulla concretezza degli accordi firmati. Putin e Kim hanno infatti sottoscritto una “partnership strategica omnicomprensiva”, in base alla quale i due paesi intendono cooperare in molteplici campi. Dalla sicurezza energetica al nucleare, dalla ricerca tecnologica alla produzione bellica, dall’intelligenza artificiale all’esplorazione dello Spazio. Inoltre, con tale accordo, Mosca e Pyongyang si sono promesse assistenza militare reciproca nel caso in cui una delle due venga aggredita da terze parti, così come l’impegno a non firmare trattati con altri Stati che possano danneggiare gli interessi l’una dell’altra.
Il presidente Putin persevera dunque nel suo tentativo di creare un solido fronte anti-occidentale e con questo nuovo incontro, i due leader scelgono di lanciare un chiaro avviso tanto all’Occidente quanto alle potenze asiatiche, specialmente alla Cina, sperando di convincerla a prendere la medesima posizione. Il Dragone però sembra riluttante ad intraprendere tale strategia e ha progressivamente raffreddato il suo iniziale posizionamento favorevole verso la Russia e la Corea del Nord, almeno in termini diplomatici e nei comunicati ufficiali. Ciò anche perché ha compreso che ne ricava sicuro svantaggio in termini di proiezione esterna e reputazione internazionale. A riprova di ciò il Presidente Xi ha recentemente inviato il viceministro degli Esteri cinese Sun Weidong e Zhang Baoqun, vicedirettore dell’ufficio di cooperazione internazionale dell’Esercito popolare di liberazione, in Corea del Sud per partecipare al “dialogo 2+2” su diplomazia e sicurezza. Tale iniziativa, come diverse altre che la Cina sta attivando (trilaterale Cina, Corea del Sud, Giappone), puntano a riequilibrare il suo posizionamento internazionale, muovendosi con una strategia più cauta rispetto al passato.
Il Presidente Putin ha poi ripreso il suo viaggio recandosi in Vietnam, Paese con cui la Russia detiene da tempo, sin dalla guerra del Vietnam, strette relazioni politico-diplomatiche. Anche in questo caso l’accoglienza è stata sfarzosa ed è stata preceduta da un articolo pubblicato sul prestigioso giornale “Nhân Dân”, nel quale il Presidente russo ha elogiato l’“approccio equilibrato” mantenuto dal Vietnam nei riguardi della guerra in Ucraina. Ad Hanoi i due presidenti hanno sugellato 11 accordi e memorandum d’intesa di varia portata e riguardanti svariati settori, dagli idrocarburi all’istruzione, passando per la tecnologia nucleare. Anche in questa occasione la Russia ha quindi utilizzato la sua forza politico-diplomatica per rinsaldare le relazioni con un alleato che seppur strategicamente irrilevante è tatticamente utile ai fini di corto e medio periodo della Russia. Questa iniziativa dimostra al contempo quanto Mosca sia sempre più dipendente dai paesi autoritari in grado di sposare la visione della potenza Russa, quel “Russkiy mir” politico-ideologico che rappresenta l’ideale di riferimento putiniano e che il presidente russo cerca di esportare e vendere anche all’estero nel tentativo di scambiare e guadagnare supporto politico-militare.
Il viaggio di Putin ha una valenza anche se guardato dall’altra sponda del Pacifico. L’America ha infatti concentrato il suo sguardo su queste iniziative russe e alzato il livello di guardia. La preoccupazione riguarda soprattutto il reciproco approfondimento e potenziamento di tali relazioni tra stati autoritari, che spingono verso un surriscaldamento delle diatribe nell’area euroasiatica e minano i tentativi americani di scardinare la creazione di un fronte anti-occidentale e una progressiva saldatura delle tensioni in atto e dei conflitti che sembrano distanti dalla risoluzione. A tal proposito tornano utili le parole del portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby: “Quello che ci preoccupa è l’approfondimento delle relazioni tra questi paesi, non solo per l’impatto che avrà sul popolo ucraino (…) ma anche perché potrebbe esserci una certa reciprocità che potrebbe influire sulla sicurezza della penisola coreana”.
In ultima analisi, rimane chiaro che nonostante le difficoltà russe soprattutto dal punto di vista del supporto internazionale e dal punto di vista del sistema economico, rattrappito dall’effetto delle sanzioni, i tatticismi dell’ex agente del KGB riescono ancora a puntellare il “momentum” russo sul campo di battaglia, guadagnando allo stesso tempo un rafforzamento delle relazioni diplomatiche in Asia, scacchiere assurto a fondamentale geopolitico di questo periodo storico.
L’obiettivo della missione diplomatica del leader moscovita non è solo quello di consolidare le alleanze ma soprattutto ottenere un sostegno politico-militare alla sua “operazione speciale” in Ucraina. A dire il vero questa prima tappa è stata preceduta da una visita in Siberia Orientale e precisamente nella città di Jacuzia, che ha peraltro ritardato e accorciato la permanenza di Putin in Corea del Nord.