L’amministrazione di Narendra Modi ha pianificato una riorganizzazione profonda delle Forze armate che punta a una migliore integrazione tra esercito, aeronautica e marina. Il senso è rafforzare i contatti strategici con gli altri membri del Quad
Il Primo Ministro indiano Narendra Modi è a Washington dove ieri ha partecipato alla prima riunione dal vivo dei leader del Quadrilateral Security Dialogue (Quad), il forum informale sulla sicurezza tra America, Australia, Giappone e India. L’amministrazione di Joe Biden vorrebbe farne una piattaforma istituzionale per il contenimento dell’ascesa della Cina in Asia, ampliandone anche le tematiche di interesse: non solo difesa, quindi, ma infrastrutture, filiere critiche e standard normativi per le tecnologie.
Perché il Quad non sarà troppo netto contro la Cina
Il vertice di ieri è giunto circa una settimana dopo l’accordo AUKUS sui sottomarini nucleari tra Australia, Stati Uniti e Regno Unito: un patto rilevantissimo che inevitabilmente cambierà il contesto della sicurezza marittima nella regione dell’Indo-Pacifico, e che avrà delle ripercussioni politiche.
Il Quad però – o almeno questa è l’impressione – non si doterà della stessa carica anticinese. Il Paese meno disposto a schierarsi in una contrapposizione netta è proprio l’India, che ha sì le sue tensioni militari con la Cina ma non vuole entrare a far parte di un sistema di alleanze. Nella bozza del comunicato congiunto del Quad non si fa menzione di Pechino: il Nikkei Asia, che ha ottenuto il documento, spiega questa scelta (non insolita) con la postura di non-allineamento di Nuova Delhi.
Ma l’India sta comunque rafforzando i contatti strategici con gli altri membri del Quad: ha stretto degli accordi con gli Stati Uniti sul rifornimento delle navi da guerra e sulla condivisione di dati satellitari sensibili; ha firmato dei patti sulla logistica militare con l’Australia e l’ha invitata a partecipare alle esercitazioni navali Malabar (c’è anche il Giappone).
Il piano di Modi per l’esercito indiano
L’amministrazione Modi sta procedendo con un ampio piano di riorganizzazione delle Forze armate indiane, descritto come il più grande da quando il Paese è diventato indipendente, nel 1947. Consiste nell’integrare l’esercito, l’aeronautica e la marina – che ad oggi operano con scarsa coordinazione – e sottoporle a un’unica struttura: un capo di stato maggiore congiunto.
Il processo è iniziato il mese scorso, quando il dipartimento degli Affari militari (di recente creazione) ha ordinato alla divisione dell’esercito che si occupa di monitorare il confine con il Pakistan di stilare un piano per l’integrazione con la marina e l’aeronautica. Questo modello verrà successivamente replicato in tutta la nazione, per concludersi entro il 2024.
I comandi operativi saranno almeno quattro: uno a ovest, focalizzato sul Pakistan; uno a est, concentrato sulla Cina; un comando marittimo per l’oceano Indiano; un comando aereo. Non verrà invece toccata, pare, la divisione settentrionale che si occupa dei territori del Jammu e Kashmir.
Il senso di questo processo sta nella necessità di favorire l’interoperabilità militare tra l’India e i suoi partner sulla difesa: gli Stati Uniti, l’Australia, il Giappone. Finora questi paesi possono tenere delle esercitazioni solo con una branca delle forze armate indiane alla volta: una limitazione pesante e che mal si concilia con lo scenario dell’Indo-Pacifico, dove quantomeno il coordinamento marina-aeronautica è essenziale. Storicamente, invece, l’India si è concentrata sulle capacità terrestri; tra tutte le branche, l’esercito è quello che assorbe la quota più sostanziosa (oltre il 60%) del budget per la difesa. E non vuole rinunciarvi.
Se si guarda alle dimensioni, l’India è una superpotenza militare: possiede le seconde truppe di terra più numerose al mondo, con 1,2 milioni di soldati e 960mila riservisti (prima c’è la Cina, con oltre 2,1 milioni). Nella pratica, tuttavia, esercito, aeronautica e marina ancora non possiedono una rete di comunicazione comune e sicura: la qualità e la riuscita delle operazioni ne risentono. Nel 2019, ad esempio, i caccia dell’aeronautica indiana spararono dei missili contro un presunto campo di addestramento terroristi in Pakistan; l’esercito ricevette solo una notifica di allerta, senza che gli venisse spiegato di cosa si trattasse o a cosa dovesse prepararsi.