Il Governo di Honiara è infastidito perché, a suo parere, Canberra cerca di orientare i membri del parlamento. Riaperti i porti alle navi militari australiane, ma non ancora a quelle degli Stati Uniti
A pochi giorni dalla visita del Primo Ministro delle Isole Salomone in Australia, scoppia un caso diplomatico tra i due Paesi in seguito alla proposta di Canberra di finanziamento per le elezioni nell’arcipelago del Pacifico, posticipate per via di mancanza di fondi. Il Governo di Anthony Albanese avrebbe allocato 49 milioni di dollari per permettere alla macchina organizzativa elettorale di mobilitarsi per l’organizzazione delle consultazioni. Idea che Honiara non avrebbe apprezzato, accusando l’Australia del tentativo di influenzare i membri del Parlamento.
Il caso non è di poco conto, visto il peso specifico che le Isole Salomone giocano nell’architettura geopolitica del Pacifico all’indomani della sottoscrizione dell’accordo sulla sicurezza con la Cina, che tanto ha allarmato gli Stati Uniti e i suoi alleati. Canberra cerca di resettare le relazioni con l’esecutivo di Manasseh Sogavare, tuttavia muovendosi in un percorso accidentato, diversamente da quello nel quale sembra camminare Pechino. La reazione del Governo di Honiara alla proposta di finanziamento per le elezioni arrivata dall’Australia è eloquente del cambiamento delle dinamiche avvenuto nell’area, dove la Cina punta a essere sempre più presente.
Ma nella capitale delle Isole Salomone sale la tensione per il posticipo quasi certo delle elezioni. Infatti, Sogavare ha pressato l’organo legislativo per far passare una norma che posticipa le elezioni di sette mesi, lamentando carenze economiche per via degli alti costi affrontati per i Giochi del Pacifico. Il parlamentare John Maneniaru si è definito “scoraggiato” dalla scelta del Primo Ministro: “Per me è un momento davvero triste, lo è anche per la nostra democrazia. Una decisione che demolisce le prerogative del Parlamento”.
L’Australia, intanto, ha diramato un avviso ai cittadini intenzionati a recarsi alle Isole Salomone, invitandoli a esercitare cautela per il rischio di tumulti in seguito alla decisione di posticipo delle elezioni. Una situazione complessa e di difficile gestione, che vedrebbe la Cina in prima linea visto che, secondo quanto previsto dall’accordo con Honiara, la polizia cinese potrebbe intervenire per supportare le autorità locali in caso di problemi di ordine pubblico. Ad aumentare la tensione, le accuse rivolte ai media occidentali da parte di Sogavare, secondo il quale starebbero diffondendo un sentimento anti-cinese sull’arcipelago di isole, minacciando la deportazione dei giornalisti che racconteranno il Paese in termini “irrispettosi e umilianti”.
In questo contesto, da segnalare la riapertura dei porti alle navi australiane, neozelandesi e delle Fiji. Le imbarcazioni dei tre Paesi del Pacifico potranno nuovamente far visita alle Isole Salomone, attraccando nelle strutture del Paese. Ma ancora non è stato dato il via libera alle navi degli Stati Uniti. Un fatto che prosegue da settimane: rispondendo alle domande dei giornalisti, la Ministra degli Esteri australiana Penny Wang ha commentato: “Gli Stati Uniti hanno una lunga storia di presenza nel Pacifico che risale alla seconda guerra mondiale”, sottolineando però che Honiara ha la sovranità di decidere chi far entrare nel Paese.
Il caso non è di poco conto, visto il peso specifico che le Isole Salomone giocano nell’architettura geopolitica del Pacifico all’indomani della sottoscrizione dell’accordo sulla sicurezza con la Cina, che tanto ha allarmato gli Stati Uniti e i suoi alleati. Canberra cerca di resettare le relazioni con l’esecutivo di Manasseh Sogavare, tuttavia muovendosi in un percorso accidentato, diversamente da quello nel quale sembra camminare Pechino. La reazione del Governo di Honiara alla proposta di finanziamento per le elezioni arrivata dall’Australia è eloquente del cambiamento delle dinamiche avvenuto nell’area, dove la Cina punta a essere sempre più presente.