Una vittoria che potrebbe rivelarsi amara per i libanesi, per i palestinesi, gli arabo-israeliani e i cittadini d’Israele che credono nella democrazia
Un Governo di estrema destra, razzista e antidemocratico si appresta a guidare per i prossimi anni lo Stato d’Israele, sempre più legato alle frange estreme del panorama politico e capace di resuscitare un pezzo da 90 della recente storia del Paese, ovvero Benjamin Netanyahu, leader del Likud, che potrebbe nuovamente ricoprire il ruolo di Primo Ministro. “L’estrema destra è qui per restare, sarà il terzo partito più grande nel parlamento israeliano ed è un segno di preoccupazione per tutti coloro che credono nella democrazia”, ha commentato sul Washington Post Gayl Talshir, scienziato politico dell’Hebrew University di Gerusalemme.
“Un giorno nero per la storia d’Israele”
Il prossimo esecutivo è pronto a cancellare il processo per corruzione contro Bibi Netanyahu grazie al piano di riforma per la giustizia presentato il mese scorso e a rivedere l’accordo sui confini marittimi con il Libano, mai gradito dal leader del Likud. Ma è evidente che avverranno, a cascata, un’altra serie di scelte rivolte alla gestione del conflitto con i palestinesi in forma ancora più dura, e all’esclusione dalla vita sociale e politica degli arabi israeliani. “Ora Israele è sull’orlo di una rivoluzione di destra, religiosa e autoritaria, il cui obiettivo è quello di decimare l’infrastruttura democratica sulla quale il Paese è stato costruito. Questo può essere un giorno nero per la storia d’Israele”, scrive il quotidiano Haaretz. Un quadro cupo, che si inserisce nel contesto internazionale esacerbato dall’invasione della Russia in Ucraina. Eppure, recentemente alcuni fatti positivi hanno aperto all’accordo con Beirut sulla gestione delle risorse gasifere al largo dei due Paesi, un successo per il Premier uscente Yair Lapid mai digerito da Netanyahu, che ha parlato di vittoria per Hezbollah e spiegato che non si sentirebbe obbligato al suo rispetto.
“Da una parte, Lapid rifiuta di portare alla Knesset il suo accordo di resa a Nasrallah per l’approvazione perché all’opposizione non piace, dall’altra invita l’opposizione a un briefing inutile dopo aver sottoscritto l’accordo”, ha detto Bibi pochi giorni prima dell’elezione. “La condotta di Lapid non è democratica. Ripetiamo che l’accordo dovrebbe essere portato in Parlamento per la sua approvazione”.
L’accordo con il Libano
Con la nuova conformazione della Knesset, se l’accordo fosse messo ai voti non avrebbe speranza di passare. Il Pm libanese Najib Mikati ha detto che sarebbero gli Usa, facilitatori del dialogo tra Tel Aviv e Beirut, a farsi da garanti dell’accordo. Washington, attraverso l’inviato per l’energia Amos Hochstein, ha affermato di aspettarsi che il deal rimarrà in piedi sia con il nuovo Governo israeliano che con la futura Presidenza nel Paese dei Cedri, dove Michel Aoun è in scadenza di mandato.
Mikati non sembra preoccupato: “Che vinca Netanyahu o qualcun altro, nessuno può bloccare l’accordo”, ha dichiarato a Reuters. Eppure la realtà potrebbe rivelarsi amara per i libanesi, così come lo è già per i palestinesi, gli arabo-israeliani e i cittadini d’Israele che credono nella democrazia, nella giustizia e nel rispetto dei diritti umani.
Un Governo di estrema destra, razzista e antidemocratico si appresta a guidare per i prossimi anni lo Stato d’Israele, sempre più legato alle frange estreme del panorama politico e capace di resuscitare un pezzo da 90 della recente storia del Paese, ovvero Benjamin Netanyahu, leader del Likud, che potrebbe nuovamente ricoprire il ruolo di Primo Ministro. “L’estrema destra è qui per restare, sarà il terzo partito più grande nel parlamento israeliano ed è un segno di preoccupazione per tutti coloro che credono nella democrazia”, ha commentato sul Washington Post Gayl Talshir, scienziato politico dell’Hebrew University di Gerusalemme.
Il prossimo esecutivo è pronto a cancellare il processo per corruzione contro Bibi Netanyahu grazie al piano di riforma per la giustizia presentato il mese scorso e a rivedere l’accordo sui confini marittimi con il Libano, mai gradito dal leader del Likud. Ma è evidente che avverranno, a cascata, un’altra serie di scelte rivolte alla gestione del conflitto con i palestinesi in forma ancora più dura, e all’esclusione dalla vita sociale e politica degli arabi israeliani. “Ora Israele è sull’orlo di una rivoluzione di destra, religiosa e autoritaria, il cui obiettivo è quello di decimare l’infrastruttura democratica sulla quale il Paese è stato costruito. Questo può essere un giorno nero per la storia d’Israele”, scrive il quotidiano Haaretz. Un quadro cupo, che si inserisce nel contesto internazionale esacerbato dall’invasione della Russia in Ucraina. Eppure, recentemente alcuni fatti positivi hanno aperto all’accordo con Beirut sulla gestione delle risorse gasifere al largo dei due Paesi, un successo per il Premier uscente Yair Lapid mai digerito da Netanyahu, che ha parlato di vittoria per Hezbollah e spiegato che non si sentirebbe obbligato al suo rispetto.