Israele, Netanyahu-Gantz: via al Governo di unità. Con i voti del Likud, Gantz si è fatto eleggere Presidente della Knesset. Ma il suo partito Blu e Bianco è andato in frantumi
Israele, Netanyahu-Gantz: via al Governo di unità. Con i voti del Likud, Gantz si è fatto eleggere Presidente della Knesset. Ma il suo partito Blu e Bianco è andato in frantumi
Tanto tuonò che piovve. Non hanno potuto i missili da Gaza, non hanno potuto le opposizioni politiche, non hanno potuto tre elezioni, non ha potuto (per ora) l’incriminazione in tre casi penali. Benjamin Netanyahu è ancora, oggi più che mai, saldamente alla guida di Israele. E lo è nel migliore dei modi per un vincitore, con la dissoluzione o, se volete, la dispersione degli avversari. Chi pensava (chi scrive non è tra questi) che l’incarico dato a Benny Gantz dal Presidente israeliano Rivlin, all’indomani delle elezioni dello scorso 2 marzo, di formare un Governo significasse la fine politica di Bibi, si sbagliava di grosso.
Netanyahu, il premier più longevo della storia israeliana, è rimasto sul fiume dove, uno dopo l’altro, sono passati i cadaveri politici dei suoi avversari. Certo, una grossa mano gliel’ha data il coronaviruse l’esigenza di non andare alle quarte elezioni in un anno. Ma anche senza il Governo di emergenza, le possibilità per l’ex Capo di Stato Maggiore Gantz di formare un Governo, seppur di minoranza, con l’accordo dei partiti arabi, erano ridottissime.
Lo sapevano tutti: Gantz aveva appoggiato il piano americano di Trump per il Medioriente, anche nella sua parte che prevede l’annessione della valle del Giordano. Gli arabi, che pure avevano avuto un successo elettorale notevole, già si erano dimostrati divisi sul nome di Gantz. Tre dissidenti, comunque, avevano poi fatto marcia indietro dinanzi all’invito del Presidente Rivlin e sostenuto Gantz. Ma la cosa aveva comunque provocato non poche fratture nel partito di Gantz, fratture che, oggi, hanno portato alla sua dissoluzione. Già perché sin da quando Gantz aveva avuto l’incarico, non era mai stata messa da parte la possibilità di un Governo di unità con Netanyahu, quello che il Presidente Rivlin chiedeva già dopo le elezioni del settembre scorso.
Ma Netanyahu ha avuto il tempo di tessere la sua vendetta politica con calma. Sfruttando lo stato di emergenza, come prima cosa, di notte, ha fatto rinviare tutte le cause penali, a cominciare dalla sua, la cui prima udienza sarebbe dovuta già tenersi il 17 marzo. Ha poi forzato, anche se la Corte Suprema ci ha messo una forte mano, il suo sodale ed ex Presidente della Knesset, il Parlamento israeliano, Yuli Edelstein, a dimettersi. Chi pensava che la mossa avrebbe dato il via libera alle opposizioni per fare una legge che impedisse a Netanyahu di governare da imputato (la legge esiste già per i Ministri) è rimasto deluso. Con i voti della destra, allo scranno più importante del Parlamento è stato eletto Benny Gantz, cosa che ha sfasciato in tre il suo Blu e Bianco.
Yair Lapid, il leader di Yesh Atid che volle fortemente Gantz e con il quale ha fondato il Blu e Bianco, è stato il primo politico a passare prono sul fiume osservato da Netanyahu. Il secondo, è stato sicuramente Avigdor Liberman. Lui è quel Ministro della Difesa che, dimessosi dal governo Netanyahu l’anno scorso per idee diverse sulla laicità e il ruolo degli ortodossi, ha portato il Paese fino alle terze elezioni rifiutando qualsiasi alleanza con Netanyahu. Non gli era sembrato vero di appoggiare dieci giorni fa Gantz per sostenere un Governo in chiave anti Netanyahu. Con questa situazione, è oramai fuori da qualsiasi gioco.
Che succederà ora? Secondo le indiscrezioni sugli accordi, lo scenario più probabile prevede che si vada a un Governo di unità e di emergenza guidato da Netanyahu. Questo può contare su almeno 78 voti in Parlamento. Nello stesso Governo, entrerà Gantz come Ministro degli Esteri o della Difesa (ruolo questo che potrebbe essere ricoperto dal terzo membro forte del Blu e Bianco, Gabi Ashkenazi, anch’egli ex Capo di Stato Maggiore). Gantz quindi, per entrare nel Governo, si dimetterebbe da Presidente della camera, ruolo che verrebbe ricoperto da uno del Likud di Netanyahu. L’ex generale, invece, diventerebbe poi Presidente del Consiglio a settembre 2021 prendendo il posto di Bibi, il cui futuro è da scrivere. Già perché se il processo a suo carico andrà avanti, la legge, come detto, non permette a un Ministro di entrare in carica se sotto processo. Ma Netanyahu, a questo punto è chiaro, è capace di tutto, soprattutto di risorgere dalle sue ceneri come una vera fenice (per lui araba potrebbe essere un problema).
Tanto tuonò che piovve. Non hanno potuto i missili da Gaza, non hanno potuto le opposizioni politiche, non hanno potuto tre elezioni, non ha potuto (per ora) l’incriminazione in tre casi penali. Benjamin Netanyahu è ancora, oggi più che mai, saldamente alla guida di Israele. E lo è nel migliore dei modi per un vincitore, con la dissoluzione o, se volete, la dispersione degli avversari. Chi pensava (chi scrive non è tra questi) che l’incarico dato a Benny Gantz dal Presidente israeliano Rivlin, all’indomani delle elezioni dello scorso 2 marzo, di formare un Governo significasse la fine politica di Bibi, si sbagliava di grosso.
Netanyahu, il premier più longevo della storia israeliana, è rimasto sul fiume dove, uno dopo l’altro, sono passati i cadaveri politici dei suoi avversari. Certo, una grossa mano gliel’ha data il coronaviruse l’esigenza di non andare alle quarte elezioni in un anno. Ma anche senza il Governo di emergenza, le possibilità per l’ex Capo di Stato Maggiore Gantz di formare un Governo, seppur di minoranza, con l’accordo dei partiti arabi, erano ridottissime.
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