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Il mito della flat tax salviniana


Il diavolo è nei dettagli: proviamo ad analizzarli, stando dietro ai continui cambiamenti in corso...

Matteo Salvini durante una manifestazione a Milano mostra un cartello con la scritta 15%. REUTERS/Alessandro Garofalo/Contrasto

Il diavolo è nei dettagli: proviamo ad analizzarli, stando dietro ai continui cambiamenti in corso…

“Trenta miliardi, documentati centesimo per centesimo dagli economisti della Lega”. La campagna post-elettorale di Salvini sulla flat tax ha tutti gli ingredienti giusti: una tecnica comunicativa collaudata, una proposta semplice, dei testimonial d’eccezione. La tecnica è quella di parlare direttamente al popolo con tutti i mezzi disponibili, social e fisici, senza intermediari fastidiosi, dato che alla prima domanda del giornalista pignolino si rischia di inciampare. La proposta è, nel nome, quella semplicissima della “tassa piatta”, per la prima volta elaborata nel 1962 dall’economista Milton Freedman, padre dell’(allora) neoliberismo; il titolo del saggio era “Capitalismo e libertà” e si può dubitare che l’entourage di Salvini l’abbia letto – anche se il titolo potrebbe tornare utile alla fantasia comunicativa della sua squadra social detta “la bestia”. I testimonial sono involontari: Jean Claude Juncker, Pierre Moscovici, Valdis Dombrovskis, ossia gli uscenti vertici della politica economica della Commissione Europea, ai quali si aggiungeranno, se ne può star certi, gli entranti. Fanno il loro mestiere, ossia rilevano che sulla carta i conti pubblici italiani stanno andando fuori controllo e dunque non ci sono i soldi per finanziare la flat tax promessa per il 2020. Anzi, prima ancora che se ne possa parlare l’Italia potrebbe essere chiamata a rispondere di quanto fatto e di quanto non fatto nel 2019 con la scorsa manovra. Tutto ciò si chiama “procedura d’infrazione”, il cui avvio formale sarebbe una prima volta per l’Unione Europea, e una sciagura per l’Italia. Ma non è detto che sia una sciagura per Salvini e la sua Lega. Anzi, per ora, è un potentissimo diversivo che consente alla macchina della loro propaganda di continuare a far sventolare la bandiera della flat tax, che volteggia nel vento dell’avvenire, amata e bramata da tutti ma osteggiata dai burocrati di Bruxelles. Se non si farà, sarà colpa loro – questo l’implicito messaggio della propaganda di Salvini.

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