Nonostante le differenze tra i nostri due Mattei, Renzi e Salvini, un punto in comune ce l’hanno: addossare colpe all’Europa. Ma forse, non si deve ricominciare proprio da Bruxelles per rilanciare il nostro Paese?
Avrei potuto intitolare questo fondo anche “La fine di Matteo 2”, riferendomi al leader della Lega, in continuità con il precedente Matteo, Renzi, che ha governato l’Italia per tre anni. Alcuni opinionisti, in effetti, avevano paragonato i due Mattei per stile retorico e aggressività, qualità che – i fatti lo confermano – consentono rapidissime ascese e producono però altrettanto rapide disfatte.
In realtà, qualche differenza c’è tra i due: Renzi aveva individuato con lucidità la gran parte dei problemi del Paese e aveva cercato di promuovere politiche che potessero ridare competitività al Paese. Flessibilità del lavoro, riforma della scuola, trasferimento della pressione fiscale da economia produttiva ad asset improduttivi. Ha poi rovinato tutto per un tipico vizio da provinciale arrivato: ha continuato ad alzare la posta sempre più, fino a che il punto gli è scoppiato in mano (il referendum costituzionale). Il tutto accompagnato da atteggiamenti da Ducetto verso amici e nemici, che ne hanno evidenziato i limiti culturali e caratteriali.
Matteo Salvini, in qualche modo, ha rappresentato la degenerazione ulteriore della prima incarnazione. Anche lui ha individuato un paio di punti critici della nostra società: la necessità di semplificazione fiscale e di una gestione più efficace dei flussi migratori sono stati i suoi condivisibili cavalli di battaglia. Meno condivisibili le ricette, praticamente inesistenti, per farvi fronte. Pericoloso addirittura lo “story telling” con il quale Matteo 2 ha accompagnato i suoi 18 mesi di Governo: il leader è innanzitutto un esempio per molti e, se i suoi inviti sono sistematicamente volti a creare dissidi e nemici ovunque, il clima generale si incattivisce e tutti noi perdiamo ogni capacità costruttiva, che non può che svilupparsi in armonia e apertura, che certo Salvini non ha contribuito a creare. Matteo 2 ha fatto paura a molti per quella che è sembrata una spregiudicatezza squilibrata e ondivaga, che ha lasciato presagire in più di un passaggio un’azione senza limiti, propria più di regimi autoritari che di democrazie caratterizzate da pesi e contrappesi.
I due Mattei hanno avuto un’altra caratteristica in comune: usare l’Europa come capro espiatorio di tutti i nostri mali, mostrando nessun senso della storia e nessuna visione del futuro. Se vogliamo avere la benché minima speranza di cominciare ad affrontare i nostri grandi problemi con successo, dalle immigrazioni alle crisi finanziarie, è a Bruxelles che dobbiamo ritrovare un protagonismo attivo. Finché i nostri leader non arriveranno a Palazzo Chigi con questo teorema già chiaro e qualche competenza in materia, faremo sempre fatica a restituire dignità ai nostri imprenditori, ai lavoratori, ai professionisti, agli studenti.
Lo scambio di accuse al quale abbiamo assistito in Parlamento, a conclusione dell’esperienza gialloverde, rappresenta al massimo la nostra capacità di trasformare la vita in commedia: il premier Conte, un gigante; il Ministro dell’Interno, il cattivo che viene preso a pugni, finalmente, dopo averne combinate di tutti i colori; Di Maio/Grillo, sornione, regista occulto della scena. La sfida è ora riuscire a canalizzare le acquisite competenze istituzionali dei 5 Stelle verso politiche meno velleitarie, per evitare di perdere altre opportunità come le Olimpiadi, “per evitare che si rubi”.
Noi vogliamo un Paese che non ruba (e dunque benissimo un cambio al vertice, garantito dall’ondata grillina), ma un Paese che agisce, che produce, in modo sostenibile e rispettoso dell’ambiente, ma senza visioni fanciullesche di decrescite felici che non esistono se non nei film di fantascienza.
@GiuScognamiglio
Questo articolo è la prima pagina del nuovo numero di settembre/ottobre di eastwest.
Puoi acquistare la rivista in edicola o abbonarti.
Nonostante le differenze tra i nostri due Mattei, Renzi e Salvini, un punto in comune ce l’hanno: addossare colpe all’Europa. Ma forse, non si deve ricominciare proprio da Bruxelles per rilanciare il nostro Paese?
Avrei potuto intitolare questo fondo anche “La fine di Matteo 2”, riferendomi al leader della Lega, in continuità con il precedente Matteo, Renzi, che ha governato l’Italia per tre anni. Alcuni opinionisti, in effetti, avevano paragonato i due Mattei per stile retorico e aggressività, qualità che – i fatti lo confermano – consentono rapidissime ascese e producono però altrettanto rapide disfatte.