Avere molti talenti, e dimostrarli fin da piccoli, può a volte risultare complicato. Forse è in parte la storia di una ragazza, che si chiama Olga Bell. E’ nata a Mosca trent’anni fa, ha lasciato con la madre la Russia all’età di sette anni, per andare a vivere in Alaska, dove è cresciuta studiando musica classica, avendo appunto mostrato fin dalla più tenera età una prodigiosa predisposizione in particolare per il pianoforte.
Il suo primo concerto davanti a un pubblico fu quando aveva nove anni, mentre solo tre anni dopo guidò l’ensemble sinfonico di Anchorage nell’esecuzione di una sua prima composizione per pianoforte e orchestra. Si è poi diplomata nel 2005 al Conservatorio del New England. In tutto questo tempo però, nonostante la disciplina che questo genere di studi richiede sia massima, fatta di concentrazione sullo strumento, di isolamento dal resto degli interessi, per così dire, mondani…Olga Bell nella sua cameretta, di nascosto, ascoltava i Beastie Boys e le TLC.
Forse, chissà, quando non riuscì, dopo l’ultimo giro di audizioni, a essere ammessa alla Juilliard School, accademia artistica di New York tra le più prestigiose al mondo, fu per lei una piccola liberazione. E così la sua carriera musicale, proseguita comunque a New York e soprattutto a Brooklin, lasciò i percorsi seriosi della musica classica, per abbracciare un eclettismo che tuttora la caratterizza.
Il suo primo disco, un EP, è uscito nel 2007, con il solo nome di Bell. E sempre sotto questa insegna Olga ha pubblicato anche il suo debutto sul formato lungo, un disco intitolato “Diamonite”. Nel frattempo si è anche dedicata alla musica elettronica, prima con diversi remix per artisti importanti come St.Vincent e Son Lux, poi con la collaborazione con il producer inglese Tom Vek. Da questo incontro è nato un progetto musicale chiamato Nothankyou, che ha dato alle stampe alcune canzoni l’estate scorsa.
Nel 2012 i Dirty Projectors, prestigiosissimo gruppo di art-rock di Brooklin, hanno offerto a Olga Bell di suonare con loro per l’album “Swing Lo Magellan”, una collaborazione che continua fino ad oggi.
Ma già l’anno precedente Olga aveva ottenuto un importante contributo economico (chiamato Jerome Fund Grant) per finanziare la lavorazione di un ambizioso progetto che proprio in questi giorni arriva alla sua pubblicazione. L’album si chiama “Krai”, anche se sarebbe più corretto scrivere il testo in cirillico, dato che tutte le parole del disco sono in russo.
Olga Bell racconta di come il titolo di questo album sia una parola molto comune, e anche molto versatile. Krai significa il confine di qualcosa, il bordo, il margine. Ma anche, per estensione, la periferia, una landa selvaggia. In questo caso specifico, la Bell usa questa parola per indicare un’area geografica, o meglio, nove regioni russe a cui si è ispirata per la composizione. Sono in parte frutto della sua memoria personale, ma anche molto il risultato di una ricerca iniziata con una mappa di Wikipedia. E con la collaborazione della mamma Marina, che ha curato la corretta traduzione di tutti i testi dell’album, ma che è anche molto legata alla musica russa, con un passato sia di cantante folk che di conduttrice radiofonica, proprio di un programma dedicato alla tradizione musicale delle varie regioni dell’allora Unione Sovietica.
“Krai” non è un disco semplice, diciamolo senza esitazioni. Gli arrangiamenti vocali sono intricati e a volte esplicitamente dissonanti, per il modo in cui la voce di Olga viene moltiplicata e modificata grazie a diversi effetti, facendola diventare di timbro quasi maschile, in alcuni momenti. La parte strumentale è invece molto variegata, cambia in maniera drastica da canzone a canzone, nonostante l’idea della Bell sia quella di un’unica composizione in nove movimenti. Se quindi il singolo “Perm Krai” può comunque far pensare alle modalità del pop elettronico, un brano come “Kamtchatka Krai” suona aggressivo e spigoloso, tra percussioni e chitarre elettriche, mentre “Stavropol Krai” sembra più vicino alle composizioni folk a cui in parte Olga Bell si è ispirata.
Se avrete voglia e pazienza di andare oltre il primo ascolto, scoprirete una ricchezza melodica affascinante e seducente, che, nelle esecuzioni dal vivo organizzate in queste prime settimane di presentazione, viene accompagnata dai visual creati da un altro musicista della scena indie americana, Alejandro Crawford dei MGMT, il quale ha utilizzato soprattutto fotografie e riprese di solitari panorami delle nove regioni raccontate da questo misterioso e raffinato disco.
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Avere molti talenti, e dimostrarli fin da piccoli, può a volte risultare complicato. Forse è in parte la storia di una ragazza, che si chiama Olga Bell. E’ nata a Mosca trent’anni fa, ha lasciato con la madre la Russia all’età di sette anni, per andare a vivere in Alaska, dove è cresciuta studiando musica classica, avendo appunto mostrato fin dalla più tenera età una prodigiosa predisposizione in particolare per il pianoforte.