Intervista al Prof. Chuck Freilich, analista e adviser presso The Institute for National Security Studies di Tel Aviv. Il fronte nord e le minacce di Hezbollah, l’isolamento di Netanyahu, l’Iran e il rischio di escalation.
“Questa sicuramente è una fase nuova della guerra. La prima è stata la risposta immediata, quella dopo il 7 ottobre quando è stato necessario riorganizzarsi dopo l’attacco. La seconda è stata la guerra intensiva su larga scala con i bombardamenti, le operazioni di terra. E ora penso che stiamo iniziando la terza fase, che vedrà un livello inferiore di ostilità ma più mirate e le vedremo per un lungo periodo. Non tanto per conquistare più territorio, perché la maggior parte dell’area che Israele potrebbe voler conquistare a Gaza è stata occupata. Si tratterà di trovare i leader, eliminarli, distruggere i tunnel e questo sarà comunque significativo”. Questo il pensiero del professor Chuck Freilich, ricercatore senior presso l’Institute for National Security Studies di Tel Aviv.
Ieri un drone ha ucciso il numero due di Hamas. Israele continua a non rivendicare la responsabilità dell’omicidio. In Iran c’è stato un altro grave episodio, nel giorno della data di morte del generale iraniano Suleimani. Una coincidenza?
“Israele ha annunciato subito dopo lo scoppio della guerra che cercherà di eliminare i massimi dirigenti di Hamas e che cercherà di farlo ovunque si trovino. Questa è la politica ma comunque non penso che Israele abbia nulla a che fare con quello che è successo in Iran. Non è questo il modo in cui Israele ha mai operato, causando attacchi di massa nel corso degli anni. Sono sempre stati diretti contro gli individui direttamente coinvolti in atti terroristici”.
Israele o no, come la morte di al-Arouri potrà cambiare le strategie, visto il fronte nord e le minacce di ritorsioni dal leader di Hezbollah?
“Vedremo – dice Freilich – come risponderà. Ma tendo a pensare che sia suo interesse non volere una grande escalation nel momento in cui sa che Israele è in piena allerta ed è pienamente preparato. Fino ad ora, durante tutta la guerra, hanno mantenuto le ostilità. Ultimamente il confine è diventato più caldo, ma l’hanno mantenuto a un livello che non ha costretto Israele a un’escalation sul fronte libanese, anche se ci sono persone in Israele, anche massimi leader, che credono che queste siano effettivamente le circostanze appropriate per cercare finalmente di porre fine alla minaccia di Hezbollah, che è molto, molto più grande della minaccia di Hamas”.
L’uccisione del numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, potrebbe creare problemi alle trattative per la liberazione degli ostaggi?
“Beh, ovviamente potrebbe farlo a breve termine. Hanno rifiutato le proposte avanzate finora. Penso che vogliano tenere almeno una parte degli ostaggi fino alla fine, perché questa è, per così dire, una polizza assicurativa per Hamas”.
In questo momento Netanyahu sembra isolato: dagli alleati americani che vorrebbero chiudere presto il capitolo bellico, dall’opinione pubblica per la breccia nella sicurezza che ha portato alla strage del 7 ottobre, dalle famiglie degli ostaggi, dalla magistratura che ha ribaltato il nucleo fondante della riforma della giustizia. Eppure continua a guidare il Paese e questa guerra. Non dà l’impressione di farlo più per fini personali, per raggiungere un risultato tale da poter essere ricordato per questo, che per il resto?
“Netanyahu – continua Freilich – penso, abbia sue ragioni personali per voler prolungare la guerra. Ma ricordate, in Israele esiste un consenso virtuale sulla necessità di distruggere Hamas militarmente e di rovesciarla politicamente. Questo consenso non è stato minato. Se ci fosse una guerra con Hezbollah nel nord sarebbe lo stesso, penso che Netanyahu godrebbe di un ampio sostegno pubblico in Israele per questo, a meno che la gente non pensi davvero che lo stia facendo per ragioni politiche. In termini di rapporto con gli Stati Uniti? Decisamente sì. C’è stata molta opposizione negli Stati Uniti, ma il fatto è che, dopo tre mesi, stanno ancora dando a Israele un sostegno sostanzialmente completo. Va bene. Continuano le spedizioni di armi. Ai voti alle Nazioni Unite è stato posto il veto. L’opposizione è molto esplicita, ma il quadro generale è un sostegno americano che resta molto, molto forte. In futuro si vedrà se questa opposizione avrà conseguenze per Israele ma per ora il supporto è molto, molto forte. E sì, certo che il presidente americano fa considerazioni che hanno a che fare le future elezioni”.
Israele è circondato da molti lati. Non si teme l’escalation di un conflitto globale nell’area e quali sono le mosse per fermarlo?
“C’è sicuramente il rischio – conclude il professor Frielich – di un’escalation. Quindi potrebbe esserci un conflitto più ampio tra Israele e l’Iran. Esiste anche la possibilità che ciò possa coinvolgere altri, che si tratti di alcuni stati arabi o degli Stati Uniti. La domanda è se l’Iran vuole che ciò accada in una situazione in cui Israele è completamente in allerta e totalmente schierato e mentre gli Stati Uniti hanno ancora due portaerei nella regione”.