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La politica interna israeliana: tra ultimatum e sfiducie


Spaccatura all’interno della coalizione di governo per sciogliere il Parlamento e indire elezioni anticipate entro ottobre. Tentativi di porre fine alla contestatissima premiership di Netanyahu, che nell’ultimo sondaggio è tornato in testa alle preferenze come premier.

Benjamin Netanyahu, il premier più longevo della storia d’Israele, è in un angolo. Da vecchio pugile, incassa da tutti: la guerra con Hamas non sta portando i risultati sperati; le famiglie degli ostaggi lo accusano di perseguire propri interessi e non la liberazione degli ostaggi a Gaza; il presidente Biden lo tiene quanto più a distanza possibile; riceve critiche da tutto il mondo; il procuratore della Corte penale ha chiesto per lui l’arresto; alcuni membri del suo gabinetto di guerra lo avversano apertamente; nella politica israeliana sono ben due i tentativi di porre fine alla sua premiership che, dato il disastro del 7 ottobre, significa fine della sua vita politica.

Il fronte interno non deve essere sottovalutato, soprattutto le critiche dall’interno del suo gabinetto di guerra. Yoav Gallant, il ministro della difesa e destinatario come Netanyahu della richiesta di arresto da parte della Cpi, è dello stesso partito del premier. Ma questo non gli ha impedito di essere uno dei più critici nei confronti del primo ministro.

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