In seguito alle rivolte popolari scoppiate nel 2011, una guerra civile è attualmente in corso nel Paese, e nonostante la pressione della comunità internazionale (gli USA e l’Unione europea hanno adottato importanti sanzioni contro il Paese per porre fine al massacro di civili che ad oggi supera la quota dei 100.000, con 9 milioni di sfollati, ed un numero non calcolato di dispersi ed arrestati), il Presidente Assad si rifiuta di lasciare il potere, appoggiato anche dalla Russia, dall’Iran e dalla Cina.
Il quadro politico del paese rimane dunque ad oggi fortemente instabile,con un’opposizione al regime anch’essa piuttosto frammentata internamente e che proprio per questo motivo non riesce a costituire una minaccia seria per il regime. Certamente, è possibile però affermare che i recenti eventi di fine estate abbiano impresso una svolta a favore di una soluzione in termini politici della crisi siriana. Infatti si è passati dal rischio di un intervento militare unilaterale da parte USA (a seguito dell’utilizzo di armi chimiche sui civili siriani – fine agosto 2013), ad un’importante mediazione della Russia che è riuscita a riportare la soluzione del problema a livello politico, mediante il raggiungimento di un’accordo fra USA-Russia (settembre 2013) – accettato dal regime di Damasco – di porre sotto controllo internazionale l’arsenale chimico siriano con il suo smantellamento entro metà 2014. L’accordo è stato poi suggellato dalla successiva risoluzione sulla consegna ed eliminazione dell’arsenale militare chimico della Siria del Consiglio di sicurezza dell’Onu (questa è stata la prima volta dopo due anni e mezzo che il Consiglio di sicurezza si trova unito in una decisione riguardo alla Siria).
Quanto accaduto a fine estate ha segnato dunque una svolta a favore di una soluzione politica a livello multilaterale della crisi siriana. Da questo punto di vista, come sottolineato di recente dal Ministro degli Esteri Bonino, l’Italia ha sin dagli eventi di quest’estate ritenuto preferibile perseguire questa via e sostenuto l’opzione del “multilateralismo efficace” – che prevede un accordo politico tra tutte le parti interessati. A riguardo, il recente annuncio di una nuova data – 22 gennaio 2014 – per una conferenza di pace che si terrà a Ginevra e prevederà la partecipazione sia del regime di Damasco che dell’opposizione siriana (per ora è incerta invece la partecipazione dell’Arabia Saudita e dell’Iran)rappresenta sicuramente un ulteriore passo in avanti molto importante in questa direzione. I colloqui nell’ambito della conferenza di “Ginevra 2” avverranno sulla base del comunicato redatto durante la conferenza di pace di Ginevra 1 (giugno 2012) – vale a dire che avranno come scopo quello di dar vita ad un Governo di transizione riconosciuto da tutti e con pieni poteri esecutivi per porre fine all’attuale conflitto.
In questo contesto, assume rilievo anche il recente accordo firmato a Ginevra il 24 novembre 2013 tra l’Iran ed i diplomatici del gruppo 5+1 (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina e Germania) sul programma nucleare di Teheran. L’accordo, che in un certo senso pone simbolicamente fine alla trentennale guerra fredda fra Iran ed Usa, potrebbe favorire un coinvolgimento più attivo dell’Iran per la soluzione della crisi siriana. Essendo uno dei principali alleati del presidente Assad, l’Iran è considerato decisivo per raggiungere una soluzione.
In seguito alle rivolte popolari scoppiate nel 2011, una guerra civile è attualmente in corso nel Paese, e nonostante la pressione della comunità internazionale (gli USA e l’Unione europea hanno adottato importanti sanzioni contro il Paese per porre fine al massacro di civili che ad oggi supera la quota dei 100.000, con 9 milioni di sfollati, ed un numero non calcolato di dispersi ed arrestati), il Presidente Assad si rifiuta di lasciare il potere, appoggiato anche dalla Russia, dall’Iran e dalla Cina.