Tra gli errori commessi dall’Alleanza atlantica c’è stato quello di non saper sfruttare realmente l’enorme potenziale costituito dai membri europei
Per tutta la durata della Guerra fredda la Nato è riuscita a essere all’altezza del proprio ruolo, dimostrando una flessibilità che le ha consentito prima di superare le varie difficoltà di volta in volta incontrate sul proprio cammino, poi di proclamarsi vincitrice di una guerra che non era mai stata combattuta e di essere accettata come tale da tutto il mondo.
Gli errori commessi
Al crollo del Muro di Berlino hanno però fatto seguito all’inizio un lungo decennio di completo disorientamento, poi circa venti anni di progressivo crescente asservimento agli Stati Uniti, nonché alla tutela dei loro interessi. Durante il primo di questi periodi il più grave degli errori commessi dall’Alleanza è stato quello di non aver saputo approfittare della contingenza favorevole per incorporare una Russia che probabilmente in quel momento non avrebbe chiesto di meglio. La politica atlantica è invece sempre stata orientata in senso contrario, ricercando costantemente un allargamento verso est che ha finito con l’essere considerato da Mosca come estremamente allarmante, provocando una duplice reazione russa che ha riguardato, in tempi diversi, prima la Georgia e poi l’Ucraina.
Nel ventennio successivo poi, anche a causa della negativa influenza di Segretari Generali deboli o palesemente schierati, la Nato non ha mai efficacemente contrastato la tendenza sempre più accentuata degli Stati Uniti a ritagliarsi, in ambito atlantico, un ruolo centrale e quasi monopolistico, considerando nella pratica l’Alleanza come un serbatoio da cui attingere uomini e materiali per le loro avventure. In pari tempo non è stata mai realmente intrapresa quella revisione di strumenti e strutture che avrebbe dovuto mantenere il complesso all’altezza di minacce di conflitti che assumevano sempre più caratteristiche di avanzatissima tecnologia e scivolavano progressivamente verso forme di guerra ibrida che la sola forza militare non sarebbe mai stata in grado di contenere efficacemente.
Da rimarcare poi come non si sia mai realmente tentato, in seno alla Nato, di sfruttare realmente l’enorme potenziale costituito dai membri europei, il cui eventuale inserimento in una struttura unica − un “pilastro europeo” dell’Alleanza facente capo alla Ue − avrebbe consentito di utilizzare al meglio bilanci della difesa che nel loro complesso raggiungevano un livello astronomico, pari a circa due terzi della spesa militare degli Stati Uniti.
Il risultato di queste politiche ha avuto sul piano strategico il disastroso effetto di minare la credibilità dell’Alleanza, posta seriamente e giustamente in discussione dopo l’abbandono dell’Afghanistan.
La crisi interna
Inoltre sul piano interno, la Nato si trova ora a dover far fronte a una crisi politica dai molteplici aspetti che investono tanto i rapporti degli Usa con i loro alleati di oltre oceano, quanto la spaccatura che divide la cosiddetta “vecchia Europa”, orientata a una difesa che non trascuri, come avviene adesso, il teatro mediterraneo, e la “nuova Europa”, che desidererebbe invece concentrare ogni risorsa sul confine euro-russo. Per non parlare poi della ridefinizione del ruolo di una Turchia condizionata da tempo da aspirazioni quasi imperiali neo-ottomane che la Nato non può certo condividere. In simili condizioni una revisione generale dell’intero complesso appare come indispensabile e urgente.
Essa però potrà avvenire soltanto se alla testa dell’organizzazione vi sarà un Segretario Generale realmente forte e come tale capace, grazie anche al pieno supporto degli Alleati europei, di resistere alle pressioni che verranno certamente esercitate su di lui per l’intera durata del processo. Per una non scritta regola di alternanza, che comunque mantiene appieno la propria validità, anche se è stata più volte violata nel corso dei recenti decenni, egli dovrebbe anche provenire da uno dei Paesi meridionali dell’Alleanza, considerato come i Paesi del Nord abbiano monopolizzato la poltrona per più di un ventennio. Tra l’altro si potrebbe trattare di un’occasione molto buona per l’Italia che ha ricoperto il ruolo una sola volta − con Manlio Brosio dal 1964 al 1971 − sempre che essa riesca a proporre un candidato, o una candidata, di livello adeguato.
Qualora al vertice di Varsavia del prossimo anno, previsto per il mese di luglio, l’Alleanza non riuscisse a dotarsi di un Segretario Generale forte, essa continuerebbe probabilmente a vegetare come ha fatto sino ad oggi, arrivando al massimo a produrre progetti di aggiornamento e revisione simili al documento relativo alla Nato negli anni Trenta, redatto di recente da un gruppo di esperti internazionali. Un lavoro che appare pregevole in alcuni dei suoi punti ma che, come regola generale, evita di porre sul tavolo i veri, grandi problemi del settore. E questo con una Russia impegnata in grandi manovre in Ucraina, con una Cina che sta raddoppiando la propria potenza militare e con un Mediterraneo allargato che si fa sempre più inquieto, mentre gli Stati Uniti divengono di giorno in giorno più nervosi.
Se questo non significa scherzare col fuoco…