La nuova sfida intergenerazionale
Basilare è la necessità di rinnovare il “contratto sociale” tra i Governi e i cittadini, per ricostituire la fiducia nelle istituzioni democratiche, tutelare i diritti umani, e sviluppare “beni comuni” e politiche orientate all’educazione, alla salute e al lavoro
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina è molto facile abbandonarsi al pessimismo sullo stato della diplomazia internazionale, specialmente di quella multilaterale. I crescenti conflitti, specialmente politici e commerciali, tra le grandi potenze testimoniano il tentativo, ormai scoperto, da parte di molti (Russia e Cina in primis) di modificare l’ordine mondiale dominato – secondo questi ultimi – dalla leadership statunitense e occidentale. I segnali di questo tentativo di modificare l’attuale situazione si notano anche nell’attivismo di attori importanti (India) e meno importanti (paesi in via di sviluppo) sul piano economico, spesso caratterizzati da un’evidente vena antioccidentale, alimentata anche dal modo “egoista” in cui essi ritengono che i paesi ricchi abbiano gestito la crisi pandemica.
In questa situazione, le Nazioni Unite e le altre organizzazioni internazionali appaiono in evidente affanno per far avanzare dossier importanti, a partire da quelli riguardanti la lotta alla crisi climatica. E non basta lo storico accordo sulla tutela degli oceani raggiunto recentemente, dopo molti anni di negoziazioni, a cambiare la sensazione che si sia ormai perso quello spirito comune che aveva condotto nel 2015 alla firma dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e agli Accordi di Parigi. Di conseguenza, la domanda che molti si fanno è quale può essere la strada da intraprendere per rilanciare la cooperazione internazionale all’indomani dell’eventuale, e auspicata (per quanto, al momento, apparentemente molto lontana), fine delle ostilità in Ucraina.
Il 2023 e il 2024 prevedono due momenti in cui si potrà forse vedere emergere uno spirito più collaborativo o, specularmente, una chiusura netta al dialogo multilaterale, ambedue legati alla roadmap contenuta nel documento Our Common Agenda, pubblicato nel settembre 2021 dal Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Il primo appuntamento si svolgerà a settembre di quest’anno, in occasione dell’Assemblea Generale, e sarà dedicato a fare il punto sull’attuazione dell’Agenda 2030 e a valutare il percorso verso i 17 Sustainable Development Goals (SDGs). Sarà la prima volta che tale riunione (prevista a cadenza quadriennale) si svolgerà a livello di Capi di Stato e di Governo e anche l’Italia dovrà esprimere il proprio punto di vista sulle varie proposte avanzate, tanto più che nel 2024, quando (e questo è il secondo momento previsto dal documento di Guterres) è previsto un Summit sul futuro delle Nazioni Unite, il nostro Paese avrà la presidenza del G7.
Per ciò che concerne lo stato dell’Agenda 2030, il rapporto pubblicato dal Segretario Generale dell’Onu a settembre 2022 mostra chiaramente come il combinato disposto (direbbero i giuristi) della pandemia e della guerra in Ucraina abbia rappresentato una brusca inversione di tendenza, al ribasso, del cammino verso il raggiungimento degli SDGs. La pandemia e l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime hanno cancellato quattro anni di progresso nella riduzione della povertà globale, con un aumento di circa otto milioni di working poors, cioè di persone che, pur avendo un lavoro, sono al disotto della linea di povertà. La guerra in Ucraina ha determinato un aumento della scarsità alimentare per la fascia più povera della popolazione mondiale. La pandemia ha arrestato l’aumento della speranza di vita, mentre le morti per tubercolosi sono aumentate per la prima volta dal 2005 e nei paesi in via di sviluppo si sono arrestate le campagne vaccinali contro numerose malattie, specialmente quelle riguardanti i più piccoli. Sono in forte aumento le patologie legate a stress e la salute mentale è diminuita in tutto il mondo. La pandemia ha portato quasi 150 milioni di studenti a rinunciare a metà delle lezioni e 24 milioni probabilmente non torneranno più sui banchi di scuola.
La siccità degli ultimi anni ha colpito vaste aree del Pianeta e oltre 730 milioni di persone vivono in luoghi a forte stress idrico, il che determina migrazioni di grandi masse di persone. Negli ultimi due anni i processi di diffusione dell’energia rinnovabile sono rallentati e sono diminuiti significativamente i flussi finanziari verso i Paesi in via di sviluppo per nuovi impianti di energia rinnovabile. In molte aree del mondo è aumentata la disoccupazione e la disuguaglianza tra ricchi e poveri; si sono arrestati i progressi contro il lavoro minorile, al punto che 160 milioni di bambini svolgono attività lavorative. La qualità degli ecosistemi continua a peggiorare e la lotta alla crisi climatica registra risultati decisamente insufficienti per evitare gli scenari peggiori di aumento della temperatura e della frequenza di fenomeni meteorologici estremi.
Insomma, il quadro che verrà presentato ai leader mondiali nel prossimo settembre è decisamente drammatico e segnala come per riprendere la via dello sviluppo sostenibile siano necessarie azioni decise da parte di tutti i Paesi del mondo.
Le proposte di Guterres, il cui secondo mandato terminerà nel 2025, per il Summit del 2024 sono numerose e ambiziose, non solo nel campo della lotta alla crisi climatica e ai rischi di distruzione del capitale naturale. In primo luogo, ricorda la necessità di rinnovare il “contratto sociale” tra i Governi e i cittadini, al fine di ricostituire la fiducia nelle istituzioni democratiche, tutelare i diritti umani, primi fra tutti quello dell’uguaglianza tra uomini e donne, e sviluppare “beni comuni” e politiche orientate all’educazione, alla salute e al lavoro. Per questo, secondo Guterres, i Governi dovrebbero condurre consultazioni della società per ascoltare la visione delle persone sul futuro e le loro aspettative.
Inoltre, il Segretario generale propone di porre fine alla cosiddetta “infodemia”, cioè alla diffusione di notizie false, artatamente diffuse dai social media controllati da interessi economici e politici, per mettere al centro dei processi decisionali la scienza e dati affidabili. Per questo, propone lo sviluppo di un “codice di condotta” globale che assicuri l’integrità e l’affidabilità delle informazioni diffuse dai media, vecchi e nuovi. D’altra parte, propone di affrancarsi dal Prodotto interno lordo (PIL) come misura del benessere e di sviluppare nuove misure statistiche e delle attività delle imprese che prendano in maggiore considerazione gli aspetti sociali e ambientali, dedicando attenzione alla sostenibilità e all’uguaglianza, così da disegnare in modo più preciso le politiche per migliorare la condizione delle persone e del Pianeta.
Guterres sposa in pieno l’idea di porre al centro dell’azione degli Stati e delle società il benessere delle giovani generazioni e quello delle future generazioni, dando maggiore voce e ruolo ai giovani anche all’interno del sistema delle Nazioni Unite, ad esempio attraverso la rifondazione del “Trusteeship Council” dell’Onu, la creazione di un Laboratorio sul futuro, la sottoscrizione di una Dichiarazione universale sulle future generazioni e la nomina di uno Special Envoy, al fine di assicurare che le decisioni politiche, specialmente quelle sostenute dai bilanci pubblici, siano orientate maggiormente all’interesse delle future generazioni. In tale prospettiva, viene proposta la predisposizione di un Rapporto dell’Onu sui rischi futuri basato sul foresight strategico (in analogia a quanto recentemente fatto dall’Unione europea) e la creazione di una “Piattaforma di emergenza” per la gestione di crisi globali. Infine, ma non meno importante, Guterres propone di rafforzare il ruolo dei Paesi del G20 all’interno del sistema delle Nazioni Unite e di creare nuovi organismi per il coinvolgimento degli stakeholder su tematiche come la gestione dello Spazio e dei processi di digitalizzazione.
Ovviamente, tutto questo può essere accolto con lo scetticismo dominante di cui ho parlato all’inizio, e quindi derubricato come un libro dei sogni. Oppure, come una sfida molto impegnativa sulla quale impegnarsi a tutto campo, nella convinzione che da essa dipenda il nostro futuro. Eastwest darà il proprio contributo per approfondire le varie questioni e per capire cosa presumibilmente uscirà dai summit di quest’anno e dell’anno prossimo, con la serietà, il realismo e l’equilibrio che ne caratterizzano l’impegno, magari cercando di capire meglio come il Governo italiano si sta preparando a questi appuntamenti.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di aprile/giugno di eastwest