L’annuncio dell’organizzazione, guidata dall’Arabia Saudita e dalla Russia, è stato interpretato dalla stampa come una “coltellata alle spalle” dei sauditi al Presidente Biden, che si è detto deluso dalla notizia
Dopo il taglio alla produzione petrolifera di 2 milioni di barili al giorno annunciato mercoledì dall’Opec+, il gruppo che riunisce vari importanti esportatori di greggio, gli Stati Uniti stanno valutando le contromisure da prendere. L’annuncio dell’organizzazione, guidata dall’Arabia Saudita e dalla Russia, è stato interpretato dalla stampa, da alcuni analisti e da diversi esponenti del Partito democratico come una “coltellata alle spalle” – o, in alternativa, come uno “schiaffo in faccia” – dei sauditi al Presidente americano Joe Biden: da quando è diventato Presidente, le relazioni tra Washington e Riad sono effettivamente peggiorate molto, nonostante i tentativi da parte statunitense di sanare le fratture.
La reazione di Biden
Biden si è detto “deluso” dalla decisione dell’Opec+, e dal suo partito sono arrivate proposte di ritorsioni estreme. Il deputato Tom Malinowski, per esempio, ha invitato l’amministrazione federale a ridurre la presenza militare americana in Arabia Saudita, in un’ottica di “dente per dente”. Chuck Schumer, il capo della maggioranza al Senato, ha invece criticato i sauditi per essersi alleati con la Russia di Vladimir Putin.
L’idea di Malinowski, se attuata, potrebbe arrecare un danno alla politica estera degli Stati Uniti, dato che l’Arabia Saudita – al di là delle frizioni e delle divergenze sistemiche – è un’importante partner sulla sicurezza in Medio Oriente: il mantenimento di questo rapporto è strategicamente utile per consentire il (parziale) disimpegno americano dalla regione. Il commento di Schumer, invece, non dice nulla di nuovo: che l’Opec+ sia guidato da Riad e Mosca è cosa ben nota; parlare di un’alleanza in senso stretto è però complicato, e la loro cooperazione petrolifera – alla luce degli scontri passati – può essere meglio descritta come un matrimonio di convenienza.
Cosa comporta il taglio della produzione
Se l’amministrazione Biden dovesse dare una risposta politica a una mossa di natura economica, quale appunto è l’accordo sui tagli dell’Opec+, finirebbe per commettere un errore. La decisione del cartello, infatti, non risponde a logiche “punitive” nei confronti della Casa Bianca ma a valutazioni di mercato. Prevedendo l’arrivo di una recessione che farebbe crollare domanda e valore del greggio, cioè, l’Opec+ ha scelto di agire d’anticipo, invertendo l’andamento dei prezzi dei barili per garantirsi introiti più ricchi adesso, prima del peggioramento del quadro economico globale.
Il mercato petrolifero era già caratterizzato da una condizione di “ristrettezza”, ovvero di squilibrio tra la domanda e l’offerta (scarsa). Il taglio di 2 milioni di barili al giorno è tuttavia solo sulla carta. Nel concreto la riduzione della disponibilità di greggio sarà inferiore, di circa 1 milione di barili al giorno, perché gran parte dei membri dell’Opec+, Russia inclusa, sta già producendo meno di quanto previsto dalle quote stabilite in precedenza dal cartello. Ad accollarsi le limitazioni dell’output saranno dunque l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
Cosa intende fare l’amministrazione Usa
Pare comunque che l’amministrazione Biden non abbia intenzione di penalizzare Riad sul piano politico, ma di rispondere con l’allentamento delle sanzioni al Venezuela (ex potenza petrolifera oggi al collasso) e con il rilascio di ulteriori barili dalla riserva strategica di petrolio: scelta rischiosa, quest’ultima, perché le scorte sono ai minimi dal luglio 1948 e la nazione potrebbe ritrovarsi scoperta in caso di vere emergenze.
Tutta questa attenzione al petrolio da parte della Casa Bianca si spiega con le importanti elezioni di metà mandato dell’8 novembre: se l’aumento del prezzo del greggio, infatti, dovesse causare un rincaro della benzina negli Stati Uniti – già peraltro aumentata, non per l’annuncio dell’Opec+ ma per i problemi ad alcuni impianti di raffinazione, benché lontana dal picco di giugno –, gli elettori potrebbero decidere di punire il Presidente e il Partito democratico. L’amministrazione Biden potrebbe anche imporre dei limiti alle esportazioni di carburanti, in modo da mantenere ben fornito il mercato interno. Ma le aziende private protesterebbero, e gli alleati europei – in cerca di combustibile con cui sostituire l’energia russa – ne uscirebbero danneggiati.
Biden si è detto “deluso” dalla decisione dell’Opec+, e dal suo partito sono arrivate proposte di ritorsioni estreme. Il deputato Tom Malinowski, per esempio, ha invitato l’amministrazione federale a ridurre la presenza militare americana in Arabia Saudita, in un’ottica di “dente per dente”. Chuck Schumer, il capo della maggioranza al Senato, ha invece criticato i sauditi per essersi alleati con la Russia di Vladimir Putin.