Tuvalu teme di diventare, insieme alle altre nazioni insulari, una pedina nella competizione tra Stati Uniti e Cina. Il rischio è che vadano perse di vista le vere priorità della regione: riscaldamento globale e innalzamento del livello del mare
Tuvalu, un piccolo stato in mezzo all’Oceano Pacifico, teme che la competizione tra gli Stati Uniti e la Cina possa trasformare le nazioni insulari della regione in semplici “pedine” di un gioco altrui. E che, di conseguenza, le massime dinamiche geopolitiche finiscano per oscurare i problemi che questi Paesi percepiscono come più “veri” e urgenti, addirittura esistenziali: il riscaldamento globale e l’innalzamento del livello del mare.
Intervistato da Reuters, il Ministro degli Esteri di Tuvalu, Simon Kofe, ha detto appunto che “l’ultima cosa che vogliamo è che i Paesi nel Pacifico vengano utilizzati uno contro l’altro, o come delle pedine”. Il rischio, cioè, è che si creino due blocchi contrapposti e vicendevolmente ostili: da una parte le nazioni che “stanno” con gli Stati Uniti e dall’altra quelle che si legano alla Cina.
A questo proposito, Kofe ha annunciato che il mese prossimo i rappresentanti delle isole del Pacifico si riuniranno per discutere dell’accordo sulla sicurezza che le Isole Salomone hanno raggiunto con la Cina, e che ha messo in allarme soprattutto l’Australia, la Nuova Zelanda e l’America per via delle possibili implicazioni militari. Kofe ha aggiunto che il patto riguarda l’intera regione, anche se il governo salomonese – e quello cinese – lo considera un affare interno.
Tuvalu ha altre priorità, però. Innanzitutto, si accennava, l’innalzamento del livello del mare: come dichiarato dallo stesso Kofe durante la Cop26 di Glasgow, lo scorso novembre, immerso nell’acqua fino alle ginocchia, il Paese sta “affondando”. Il 40% del distretto capitolino viene inondato dall’alta marea e la nazione – con i suoi 12mila abitanti – rischia di finire sommersa entro la fine del secolo.
Alla prossima conferenza sul clima che si terrà in Egitto, Tuvalu cercherà di ottenere, per sé e per le altre isole pacifiche, agevolazioni per la costruzione di infrastrutture che migliorino la capacità di resistenza ai cambiamenti climatici. Per accrescere la propria presenza internazionale e promuovere con più efficienza le proprie richieste, Funafuti vorrebbe poi far nominare il proprio ex governatore generale, Iakoba Taeia Italeli, a segretario generale del Commonwealth (l’organizzazione che riunisce molti paesi un tempo parte dell’Impero britannico).
L’altra grande preoccupazione tuvaluana è la pesca. “Il Pacifico è la zona di pesca più ricca al mondo”, ha detto il Ministro, riferendosi in particolare ai banchi di tonni che sfamano tanti Paesi, come il Giappone e la Cina. Cina che, peraltro, cerca di stringere accordi marittimi con le isole del Pacifico a vantaggio dei propri pescherecci. In risposta alle azioni di Pechino – spesso peraltro aggressive, di sconfinamento nelle zone economiche altrui –, gli Stati Uniti hanno detto recentemente che schiereranno imbarcazioni della Guardia costiera nelle acque asiatiche.