Macron: il ruolo della Francia nella geopolitica globale
L’attivismo diplomatico di Macron vuole riaffermare il ruolo della Francia nello scacchiere internazionale. Ma il suo attivismo politico implica grandi rischi e molti nemici
L’attivismo diplomatico di Macron vuole riaffermare il ruolo della Francia nello scacchiere internazionale. Ma il suo attivismo politico implica grandi rischi e molti nemici
A poco più di tre anni dal suo ingresso all’Eliseo, il Presidente francese Emmanuel Macron continua a portare avanti una politica estera improntata su un dinamismo diplomatico utile a mantenere Parigi al centro dei principali dossier geopolitici. Una strategia che vede il dialogo come principale pilastro su cui basare i rapporti, anche se dopo lo slancio iniziale c’è stata una battuta d’arresto quasi fisiologica per motivi congiunturali.
Fin dall’inizio del suo mandato, Macron si è attivato su diversi fronti per riportare la Francia al centro dello scenario internazionale. Il Presidente ha cercato di colmare i vuoti trovati sullo scacchiere mondiale vestendo spesso i panni del mediatore, anche nei dossier dove la Francia non aveva un reale peso, come quello del nucleare iraniano. Un atteggiamento che si inserisce nella falsariga della Quinta Repubblica e resta fedele a quella visione di grandeur che la Francia continua a proiettare su se stessa.
Il rapporto con l’Europa
In quest’ottica, Macron mantiene l’Europa al centro della sua visione, considerandola come il campo dove giocare le principali partite geopolitiche per portare il risultato all’interno dei confini nazionali. La Cancelliera tedesca Angela Merkel resta un alleato fondamentale, nonostante i rapporti non siano sempre dei migliori. Parigi ha scommesso tutto sul rilancio dell’asse franco-tedesco, imprescindibile per realizzare il progetto europeo annunciato durante l’emblematico discorso alla Sorbona nel settembre del 2017. “La parte iniziale del suo mandato è stata dominata dalla priorità europea, ma poi si è reso conto che trattare con i tedeschi non era così semplice e ha avuto bisogno di tempo prima di avere una risposta al suo discorso sul futuro europeo”, ricorda Christian Lequesne, professore di Scienze politiche all’università Sciences Po di Parigi. I primi passi sono stati fatti solamente in questi ultimi mesi, con il Recovery Fund da 750 miliardi di euro approvato nell’ambito della crisi del coronavirus.
Ma sul piano internazionale Macron deve fare i conti soprattutto con il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, diventato un ostacolo onnipresente.
La rivalità con Ankara
L’ultimo capitolo di una querelle che va ormai avanti da mesi è stato scritto a fine ottobre, quando Erdogan ha consigliato al suo omologo francese di fare dei “controlli mentali”, provocando così le ire dell’Eliseo, che ha richiamato il suo ambasciatore ad Ankara. A far scattare l’ennesima scintilla in una relazione già infuocata sono state le posizioni prese da Macron dopo l’uccisione di Samuel Paty, il professore decapitato fuori Parigi per aver mostrato in classe le caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo.
In nome del principio di laicità, pilastro della République, Macron ha difeso la libertà di espressione e di poter fare caricature. Una risposta forte e chiara, indirizzata soprattutto ai francesi dopo l’ennesimo attentato, ma che ha assunto un carattere internazionale in seguito all’ondata di proteste arrivata dal mondo arabo. Dall’Iran al Marocco, passando per l’Algeria, il Bangladesh e l’Arabia Saudita: un movimento di contestazione cavalcato da Erdogan, che ha dato prova di un cinico opportunismo ergendosi a difensore dell’Islam.
Con il suo progetto di legge contro il “separatismo islamista”, concepito per strutturare il culto musulmano in Francia e prevenire la minaccia terroristica, Macron punta, tra i vari obiettivi, a mettere fine alla pratica degli imam stranieri inviati in Francia per formare nuovi predicatori. Un sistema opaco, gestito dai paesi di provenienza degli imam, che spesso arrivano senza neanche conoscere il francese. Dei circa trecento attualmente presenti sul territorio, la metà sono stati inviati dalla Turchia, che con la nuova legge perderebbe un’importante presenza in Francia.
Un problema di politica interna ha assunto così un carattere transnazionale, con appelli al boicottaggio di prodotti francesi. Erdogan ha eretto il suo rivale occidentale a nemico numero uno, mentre l’Unione europea ha fatto blocco attorno a Parigi, allargando ulteriormente quel solco già profondo che la separa da Ankara. Una mossa apparentemente da “uomo forte”, ma che a guardare meglio rivela tutta la fragilità di un leader sempre più isolato sul piano regionale e debole agli occhi dell’elettorato.
Gli scontri tra Macron ed Erdogan
Erdogan cerca di portare il suo rivale occidentale nel proprio campo, anche se le schermaglie tra Parigi e Ankara in questi ultimi mesi si stanno consumando in diversi teatri, primo fra tutti la Libia. L’arrivo della Turchia al fianco del Governo di accordo nazionale (Gna) guidato da Fayez al-Sarraj e riconosciuto dall’Onu ha scombinato gli equilibri, provocando forti malumori a Parigi che, seppure ufficialmente è schierata dalla parte di Tripoli, ha sostenuto in modo indiretto anche il campo opposto: l’Esercito di liberazione nazionale (Lna) del generale Khalifa Haftar. Gli attriti sono esplosi con la momentanea uscita della Francia dalla missione Sea Guardian della Nato, decisa a luglio in seguito ad una manovra giudicata da Parigi “estremamente aggressiva” compiuta da alcune navi turche ai danni della fregata Le Courbet, durante il controllo su un’imbarcazione sospettata di trasportare armi. Anche in Libia Erdogan gioca da solo, arrivando a dubitare della tenuta del cessate il fuoco firmato a Ginevra il 23 ottobre sotto l’egida delle Nazioni Unite, che impone la partenza di mercenari stranieri entro tre mesi.
Ma il braccio di ferro tra Parigi e Ankara cominciato in Libia si è esteso fino al Mediterraneo orientale, dopo che la scorsa estate la nave da ricerca turca Oruç Reis è stata inviata nelle acque rivendicate dalla Grecia per effettuare delle esplorazioni alla ricerca di idrocarburi. L’iniziativa ha portato le tensioni tra Grecia e Turchia alle stelle in un dossier da tempo al centro di un’aspra contesa. Macron si è schierato immediatamente al fianco di Cipro, ma soprattutto Atene, che dal canto suo ha ringraziato l’alleato con una commessa per 18 caccia Rafale.
Il Presidente francese non ha perso tempo per inserirsi all’interno di un contenzioso dove fino ad alcuni anni fa erano gli Stati Uniti a svolgere un ruolo da mediatore.
Il conflitto nel Nagorno Karabakh
“Quella di Macron è una strategia francese al servizio degli interessi francesi, anche se certe volte parla in nome dell’Ue”, spiega Jean-François Perouse, ex responsabile dell’Istituto francese degli studi anatolici. Ma Parigi non è l’unico attore europeo ad essere intervenuto. Anche la Germania si è intromessa, adottando però un atteggiamento più diplomatico con la Turchia che ha permesso una distensione. “La grande differenza tra Francia e Germania riguarda la potenza militare di Parigi, che gli permette di sviluppare una diplomazia basata sulla forza. Un elemento che non possiede la Germania, orientata sul mantenimento delle relazioni con la Turchia, che è un partner fondamentale per l’economia europea, con il quale Berlino non si può permettere di giocare, visti anche i milioni di cittadini tedeschi di origini turche presenti in Germania”, conclude Perouse.
Francia e Turchia continuano così a scontrarsi in vari teatri, arrivando fino al Caucaso meridionale, con il riaccendersi del conflitto nel Nagorno Karabakh, territorio sotto il controllo all’Azerbaijan con una forte presenza di armeni, che ne rivendicano l’autodeterminazione. Anche qui Erdogan e Macron si ritrovano sui due fronti opposti, con Ankara che sostiene apertamente Baku mentre dietro ad Erevan ci sono Parigi e Mosca, entrambi co-Presidenti insieme agli Stati Uniti del Gruppo di Minsk dell’Osce. “La Francia ha una relazione storica con l’Armenia. L’ha sempre sostenuta soprattutto durante il genocidio avvenuto tra il 1915 e il 1916. Ma a questo si aggiunge anche un fattore geopolitico che consiste nell’impedire a Erdogan di agire come vuole”, dice Lequesne. Un altro scenario dove la Turchia ha giocato a carte scoperte dando un forte sostegno militare all’Azerbaijan, mentre Macron l’ha accusata di aver portato nella crisi dei combattenti jihadisti provenienti dalla Siria.
Una partita sempre più delicata, dove i due avversari si contendono spazi strategici troppo stretti per contenere entrambi.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di novembre/dicembre di eastwest.
A poco più di tre anni dal suo ingresso all’Eliseo, il Presidente francese Emmanuel Macron continua a portare avanti una politica estera improntata su un dinamismo diplomatico utile a mantenere Parigi al centro dei principali dossier geopolitici. Una strategia che vede il dialogo come principale pilastro su cui basare i rapporti, anche se dopo lo slancio iniziale c’è stata una battuta d’arresto quasi fisiologica per motivi congiunturali.
Fin dall’inizio del suo mandato, Macron si è attivato su diversi fronti per riportare la Francia al centro dello scenario internazionale. Il Presidente ha cercato di colmare i vuoti trovati sullo scacchiere mondiale vestendo spesso i panni del mediatore, anche nei dossier dove la Francia non aveva un reale peso, come quello del nucleare iraniano. Un atteggiamento che si inserisce nella falsariga della Quinta Repubblica e resta fedele a quella visione di grandeur che la Francia continua a proiettare su se stessa.
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