Emmanuel Macron è già nella storia del processo di costruzione europeo, per aver avuto il coraggio, direi quasi la sfacciataggine, di condurre una campagna elettorale all’insegna degli Stati Uniti d’Europa, sugellata da quella simbolica ed emozionante passeggiata per festeggiare la vittoria, con la colonna sonora dell’inno alla gioia di Beethoven. E farlo con un approccio che i suoi stessi collaboratori non esitano a definire “bonapartista” è ancora più significativo perché, in apparente contrasto con la prospettiva federale, in realtà la rafforza inesorabilmente.
Noi di Eastwest siamo nati 14 anni fa, sotto l’egida di un gruppo bancario che stava costruendo allora la sua dimensione europea e che ha quindi ritenuto intelligente promuovere un dibattito che vedesse l’Europa protagonista, affidandone a me la regia, che provenivo dagli insegnamenti dell’europeismo fattivo e non di maniera di Renato Ruggiero. Oggi Unicredit esce di scena, lasciandoci più indipendenti e più forti, con la reputazione e la considerazione che ci consente di continuare a spingere l’idea di un’Europa federale, nella quale non abbiamo mai smesso di credere, nel dibattito internazionale.
Unicredit esce di scena anche dalla mia vita, perché ho deciso di dedicarmi a tempo pieno alla costruzione di un polo di ricerca, editoria e formazione, l’Eastwest European Institute, che ambisca ad una sana competizione con i giganti americani del settore.
Mentre mi accingevo a riprogrammare la mia vita professionale, Emma Bonino, di cui tutti conoscono le battaglie per i diritti, laddove andrebbe esaltata anche la sua stagione da coraggioso Commissario europeo, mi ha bruscamente chiesto di investire la mia “reputazione borghese” in un progetto politico rischioso ma alto: costruire un movimento europeista, che costituisse un acceleratore decisivo del ruolo del nostro paese verso gli Stati Uniti d’Europa, provando a spiegare agli Italiani che l’Europa è non utile, ma indispensabile alla nostra idea di società sviluppata e solidale.
Ammetto di aver assecondato anche un’eredità emotiva. Alla fine degli anni Sessanta, infatti, mio padre Francesco si dedicò alla politica con un progetto in mente: trasformare il territorio in cui era nato, nella provincia sud di Napoli, da un’economia di piccola industria manifatturiera e commercio, in un’area a forte sviluppo tourism led (a traino turistico). Non si trattava solo di una prospettiva economica, ma anche socio-culturale, che prevedeva l’apertura al mondo delle ricchezze archeologiche e paesaggistiche dell’area vesuviana. Ho vissuto quella stagione da spettatore, ho potuto registrarne i successi e valutarne gli insuccessi.
Oggi, 40 anni dopo, sento che è giunto il momento di restituire alla nostra terra di origine le esperienze e le storie che ho vissuto, grazie al mio impegno professionale e civile in giro per il mondo, dove non ho mai smesso di rappresentare, con orgoglio e al mio meglio, il nostro Paese.
Il Mezzogiorno d’Italia è ricco di uomini e donne di grande competenza, con cui costruire nuovi modelli di efficienza e di successo per affrontare con coraggio ed entusiasmo le sfide del futuro. Sfide decisive. Il nostro Paese sta cercando faticosamente di lasciarsi la crisi alle spalle; qualcosa di buono è stato fatto, ma i grandi protagonisti restano tuttora Francia e Germania, che sembrano più pronti di noi a ripartire. Se non avremo un governo più competente, perderemo l’ennesimo treno per tornare a contare di più, in Europa e nel mondo.
Per continuare a leggere, acquista il pdf del numero.
Per abbonarti, visita la nostra pagina abbonamenti.
Emmanuel Macron è già nella storia del processo di costruzione europeo, per aver avuto il coraggio, direi quasi la sfacciataggine, di condurre una campagna elettorale all’insegna degli Stati Uniti d’Europa, sugellata da quella simbolica ed emozionante passeggiata per festeggiare la vittoria, con la colonna sonora dell’inno alla gioia di Beethoven. E farlo con un approccio che i suoi stessi collaboratori non esitano a definire “bonapartista” è ancora più significativo perché, in apparente contrasto con la prospettiva federale, in realtà la rafforza inesorabilmente.