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Quanto inquinano le guerre


Letali per le vite umane e per l’ambiente: intere zone teatro di guerra vengono distrutte in modo irrimediabile o rimangono contaminate per decenni. Ma la guerra inquina anche quando non si combatte e lo fa attraverso strutture militari, produzioni di armi, esercitazioni

A cosa pensiamo quando pensiamo a una guerra? A una serie di cose, per lo più tutte brutte. Pensiamo alle vittime militari e civili, prima di tutto.

Pensiamo a chi sopravvive e si ritrova tra le mani i brandelli di quella che, fino a pochi mesi prima, era la sua vita. Pensiamo alla fame, al freddo, alla sete, alla paura. Allo stato semiferino cui, in genere, la guerra ci riduce, impegnati solo a sopravvivere. Eppure, oltre a tutte queste calamità che della guerra sono diretta conseguenza, ce n’è un’altra, cui si tende a dare meno clamore ed eco (forse per non sembrare insensibili verso le persone e le vittime) e che riguarda l’ambiente nel quale le guerre si svolgono. Intere zone teatro di guerra, spesso, vengono distrutte in modo irrimediabile o rimangono contaminate per decenni in un modo che non solo rende estremamente tossico vivere, respirare e nutrirsi, ma che spesso rende anche impossibile coltivare, innescando fenomeni di desertificazione e, di conseguenza, siccità.

I danni ambientali della guerra: l’aria

I modi in cui la guerra inquina sono vari. Il primo, in ordine di successione degli eventi e ipotizzando che non si combatta con armi chimiche ma solo tradizionali, sono i bombardamenti e le esplosioni. Ogni edificio che viene colpito da bombe o missili sprigiona nell’aria un pulviscolo fatto di materiali da costruzione (tra i quali, spesso, ancora amianto) e metalli (tra i quali, spesso, ancora, piombo).

A questo primo danno, man mano che la guerra continua e i combattimenti si intensificano, se ne sommano altri. Per esempio, sempre per quel che riguarda l’aria, occorre contare le emissioni di carri armati e aerei, mezzi che hanno bisogno di un enorme quantitativo di carburante e che, di conseguenza rilasciano enormi emissioni Co2. Emissioni alle quali si sommano quelle sprigionate dagli incendi, dalla dispersione di metalli pesanti nell’aria, dalle esplosioni di mezzi carichi di carburante, fino a quelle che arrivano dal danneggiamento di impianti industriali e minerari. Ad oggi, per esempio, è impossibile conoscere i danni ambientali legati alla lunga battaglia nella acciaieria di Azovstal, a Mariupol, un impianto che già in tempo di pace era considerato tra i più inquinanti d’Europa, ma in passato, esempi simili non sono mancati. Nel 1991, nel corso della Prima Guerra del Golfo, per citare un evento clamoroso, furono dati alle fiamme più di 600 pozzi petroliferi in Kuwait. Il risultato di quell’immenso rogo fu non solo l’emissione di un quantitativo di Co2 pari al 3% delle emissioni di quell’anno, ma anche la dispersione di una fuliggine che rimase nel cielo per mesi, cambiando le temperature a terra (che per un certo periodo furono più basse del normale).

L’acqua

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