Astana si allontana ulteriormente dalle posizioni della Russia. Gli Stati Uniti avvisano Mosca: conseguenze catastrofiche se verranno usate armi nucleari
Lo stravolgimento geopolitico seguito all’invasione della Russia in Ucraina ha cambiato lo stato delle relazioni di numerosi Paesi, alcuni storicamente vicinissimi a Mosca. Tra questi, significativo l’ulteriore allontanamento del Kazakistan dall’orbita della Federazione, che ha annunciato di non riconoscere i referendum tenuti in questi giorni nelle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. La decisione è stata comunicata da Aibek Smadiyarov, portavoce del Ministero degli Esteri, che spiega la posizione del Paese: “Il Kazakistan crede nel principio di integrità territoriale degli Stati, nella loro sovranità e nella pacifica coesistenza”.
Viene così rimarcata, ancora una volta, la distanza tra Astana — la capitale tornata al vecchio nome, dopo un periodo nel quale venne ribattezza Nur-Sultan — e Mosca, una divisione amplificatasi all’indomani dell’invasione russa in Ucraina, mai appoggiata dal Paese centrasiatico nonché ex Repubblica Socialista Sovietica. “Confermiamo la nostra volontà nel dare assistenza e stabilire un dialogo politico tra Russia e Ucraina: allo stesso tempo la nostra nazione ritiene sia fondamentale mantenere la stabilità regionale e globale”, ha aggiunto Smadiyarov. Il Paese ha inoltre sospeso per un anno intero l’export di armi, una scelta da alcuni osservatori letta come volontà di non supportare l’intervento militare russo.
Non un precedente assoluto, ma una conferma della strategia di Astana nel voler essere considerata neutrale rispetto al conflitto ucraino, e come realtà capace di oliare i meccanismi della diplomazia, senza prendere parte direttamente alla guerra. A metà ottobre, la capitale ospiterà il summit annuale della Comunità degli Stati Indipendenti, ma non solo: nel Paese si svolgeranno anche le esercitazioni militari dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, al quale partecipano, oltre alla Russia, anche Armenia, Bielorussia, Kirghizistan e Tagikistan. Un difficile bilanciamento dei rapporti, che nel tempo risulterà sempre più difficile per Kazakistan.
Intanto, prosegue la guerra russa in Ucraina e sale la tensione dopo l’annuncio di Vladimir Putin sulla mobilitazione di 300mila riservisti. Una decisione che non è passata inosservata nella Federazione, con i voli in partenza dai principali aeroporti russi presi d’assalto dai riservisti in età per essere chiamati alle armi. Nel discorso tenuto alla nazione la scorsa settimana, Putin ha apertamente minacciato l’uso di ogni mezzo a sua disposizione, comprese le armi nucleari. Jake Sullivan, Consigliere per la Sicurezza Nazionale nonché esperto di proliferazione nucleare, ha soppesato le parole di risposta al Presidente russo: intervenuto sulla rete televisiva ABC, ha parlato di “conseguenze catastrofiche” per la Federazione se fossero impiegate le armi nucleari nella guerra in Ucraina.
I contatti tra Washington e Mosca rimangono aperti, soprattutto sulla questione nucleare. Infatti, Sullivan ha confermato di aver spiegato privatamente a Mosca “con maggiori dettagli esattamente cosa significa una risposta decisa degli Stati Uniti”. L’intelligence Usa è convinta che le chance che la Russia impieghi armi nucleari sono ridotte, ma che sono aumentate considerevolmente con la perdita di fiducia di Putin verso le capacità del suo esercito.
Lo stravolgimento geopolitico seguito all’invasione della Russia in Ucraina ha cambiato lo stato delle relazioni di numerosi Paesi, alcuni storicamente vicinissimi a Mosca. Tra questi, significativo l’ulteriore allontanamento del Kazakistan dall’orbita della Federazione, che ha annunciato di non riconoscere i referendum tenuti in questi giorni nelle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. La decisione è stata comunicata da Aibek Smadiyarov, portavoce del Ministero degli Esteri, che spiega la posizione del Paese: “Il Kazakistan crede nel principio di integrità territoriale degli Stati, nella loro sovranità e nella pacifica coesistenza”.
Viene così rimarcata, ancora una volta, la distanza tra Astana — la capitale tornata al vecchio nome, dopo un periodo nel quale venne ribattezza Nur-Sultan — e Mosca, una divisione amplificatasi all’indomani dell’invasione russa in Ucraina, mai appoggiata dal Paese centrasiatico nonché ex Repubblica Socialista Sovietica. “Confermiamo la nostra volontà nel dare assistenza e stabilire un dialogo politico tra Russia e Ucraina: allo stesso tempo la nostra nazione ritiene sia fondamentale mantenere la stabilità regionale e globale”, ha aggiunto Smadiyarov. Il Paese ha inoltre sospeso per un anno intero l’export di armi, una scelta da alcuni osservatori letta come volontà di non supportare l’intervento militare russo.