Negli anni ’80, l’elvetica Schindler fu la prima ditta occidentale a dare vita a una joint venture in Cina. Oggi, la Svizzera è uno dei membri fondatori dell’Asian Infrastructure Investment Bank
Lo scorso maggio, durante l’Hainan Expo − un’importante fiera cinese dedicata ai beni di consumo −, una delle creazioni più interessanti è stata collocata in uno dei padiglioni della Svizzera, che partecipava alla primissima edizione della manifestazione come ospite d’onore. Negli spazi espositivi elvetici era stato infatti inserito uno speciale armadietto prodotto dalla storica azienda svizzera USM, capace di trasformarsi in un solo istante anche in una robusta ed elegante sedia di design.
Nella polivalenza, nell’imprevedibilità e nell’affilato pragmatismo di quel complemento d’arredo è possibile scorgere, in nuce, l’essenza più autentica delle relazioni tra la Cina e la Svizzera, corroborate negli scorsi anni da numerose collaborazioni commerciali e nel campo dell’innovazione, ma anche nell’ambito della Belt and Road Initiative, il grande progetto cinese per la connettività infrastrutturale e lo sviluppo globale, di cui Berna fa formalmente parte dal 2019, l’anno della sottoscrizione del memorandum d’intesa con Pechino.
Nel corso degli anni, il rapporto tra la Cina e la Svizzera si è segnalato soprattutto per la sua estrema franchezza, per una schiettezza in cui trovano continuamente spazio, specialmente da parte elvetica, precisi ammonimenti o vere e proprie staffilate rivolte al gigante asiatico, in particolare per quel che riguarda i diritti umani e la libertà d’espressione, senza alcun timore di incrinare o di guastare le relazioni reciproche, nella convinzione che un sano pragmatismo e un saldo attaccamento ai propri interessi rappresentino la base incrollabile di ogni rapporto bilaterale. Al momento, dopo l’Unione europea e gli Stati Uniti, la Cina rappresenta il terzo partner commerciale della Svizzera.
Oltre al valore pragmatico della praticità, uno dei cardini sui quali è stata instaurata la collaborazione sino-elvetica è lo slancio pioneristico della parte svizzera, ben evidente nel rapido riconoscimento svizzero della Repubblica popolare cinese, nel gennaio del 1950, o nelle iniziative industriali che si svilupparono negli anni ’80, quando un’azienda svizzera, la Schindler, fu la prima ditta occidentale a dare vita a una joint venture in Cina. Lo spirito da pioniere della Svizzera è evidente anche nelle iniziative più recenti, come il Free Trade Agreement del 2014 o il memorandum sulla Belt and Road Initiative (la Svizzera è anche uno dei membri fondatori dell’Asian Infrastructure Investment Bank).
La Belt and Road Initiative, con i suoi (circa) 3mila progetti e un valore totale stimato superiore ai 3 trilioni di dollari, è la più grande iniziativa infrastrutturale di tutti i tempi. Dal 2013, l’anno in cui è stata ufficialmente inaugurata dal Presidente cinese Xi Jinping, l’iniziativa ha coinvolto più di 140 nazioni, proponendo un rapido sviluppo infrastrutturale in diversi punti del pianeta (con progetti terrestri e marittimi) e attirando su di sé un gran numero di perplessità, soprattutto da parte dell’Occidente, in merito alla presunta scarsità di trasparenza di alcuni progetti e delle relative modalità di finanziamento, con il rischio di una “debt trap” sempre dietro l’angolo.
Per la Svizzera essere parte integrante della BRI non significa soltanto contribuire allo sviluppo di infrastrutture sostenibili nelle regioni incluse nel progetto, ma rappresenta anche una preziosa opportunità per approfondire i legami con la Cina e rafforzare così la partnership sino-elvetica incentrata sull’innovazione, un settore in cui Berna intende ritagliarsi sempre di più un ruolo di grande protagonista, senza dimenticare tutti i benefici derivanti dal potenziamento della connettività infrastrutturale con l’Asia.
A un anno esatto dalla firma del memorandum, è stato inaugurato un nuovo collegamento ferroviario per container marittimi tra due città svizzere, Frenkendorf e Niederglatt, e i due hub cinesi di Xi’an e Hefei (e viceversa). Il servizio, che rappresenta un’alternativa molto più veloce al trasporto aereo o marittimo, è stato reso possibile grazie alla collaborazione tra la branca svizzera di RTSB, un gruppo internazionale nel settore del trasporto intermodale, e gli specialisti elvetici della logistica Schweizerzug. Il nuovo collegamento permetterà alla Svizzera di ridurre i tempi di consegna per le merci in transito tra la confederazione e la Cina, che fino a poco fa erano costrette a passare dai grandi snodi tedeschi di Duisburg e Amburgo. Nel complesso periodo della pandemia globale, in cui il trasporto su rotaie ha acquisito una sempre maggior centralità, la Svizzera ha dunque deciso di puntare con insistenza sul rafforzamento dei collegamenti ferroviari con la Cina, anche nell’ottica di una collaborazione sempre più stretta con la Cina nell’ambito della Belt and Road.
Nonostante queste prime iniziative nel settore dei collegamenti ferroviari, da parte di Berna sembra tuttavia trapelare una certa cautela nel proprio approccio con il grande progetto cinese. “Il Consiglio federale accoglie favorevolmente la visione dell’iniziativa, ma mantiene un atteggiamento prudente poiché presenta sia rischi che opportunità – spiegano dal Dipartimento federale degli affari esteri; − È essenziale che gli standard internazionali siano rispettati, in particolare nei settori della protezione dell’ambiente, delle condizioni di lavoro, dei diritti umani, dello Stato di diritto e della trasparenza”.
E sulle opportunità racchiuse nel trasporto su rotaia ai tempi del Covid-19, il punto di vista svizzero appare ancora più chiaro. “Il settore ferroviario ha dimostrato di essere una modalità resiliente e affidabile per il trasporto di merci in un momento in cui il trasporto su strada e via mare è stato gravemente colpito. La pausa ha in effetti facilitato un grande sviluppo del trasporto ferroviario. Resta però evidente che il trasporto ferroviario tra Europa e Cina è interessante solo per alcune merci che hanno un alto valore e/o hanno bisogno di raggiungere il mercato in un tempo medio-breve. La Svizzera promuove lo spostamento del traffico merci alla ferrovia adottando numerose misure per sfruttare al meglio il suo potenziale di mercato. Dal punto di vista della resilienza e degli aspetti ecologici è necessario continuare a investire nel trasporto ferroviario in modo mirato e coordinato a livello internazionale”. Secondo il China State Railway Group, nel 2020 il numero di viaggi di treni merci tra Cina ed Europa è salito alla cifra record di 12.400, più del doppio rispetto al 2019.
Un capitolo importante nella storia delle relazioni sino-elvetiche è stato scritto pochi mesi fa con la pubblicazione, da parte della Svizzera, della cosiddetta China Strategy, un documento senza precedenti in cui Berna, per la prima volta, delinea pubblicamente il perimetro della collaborazione con la Cina, senza risparmiare qualche aspro commento relativo al trattamento delle minoranze da parte di Pechino, al soffocamento del dissenso o allo spinoso problema dei diritti umani in Cina, attirandosi così gli strali dell’ambasciatore cinese a Berna e di diverse testate come il China Daily.
Ma per la Svizzera questo approccio diretto ed estremamente franco non rappresenta una minaccia per le relazioni con Pechino, anzi. Un reciproco confronto sulle differenze esistenti tra le due nazioni, nell’ambito di una solida e innovativa cooperazione economica, potrebbe addirittura risultare benefico, dando vita a un rapporto più solido nel medio e nel lungo periodo. L’ambasciatore elvetico a Pechino, Bernardino Regazzoni, ha affermato qualcosa di simile durante un’intervista con un media cinese a margine dell’Hainan Expo, sottolineando che la comprensione delle reciproche differenze potrebbe effettivamente rinsaldare la cooperazione bilaterale. E c’è da scommettere che la Svizzera, salvo imprevedibili rivolgimenti, continuerà su questa strada, con un approccio multiforme in grado di cogliere le opportunità e di ammonire il partner cinese anche sulle questioni più spinose, in primis sui diritti umani, con una dinamica neutralità ricca di infinite possibilità.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di settembre/ottobre di eastwest.
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Negli anni ’80, l’elvetica Schindler fu la prima ditta occidentale a dare vita a una joint venture in Cina. Oggi, la Svizzera è uno dei membri fondatori dell’Asian Infrastructure Investment Bank