La Commissione ha presentato una proposta di direttiva per regolare la “gig-economy” e il lavoro sulle piattaforme digitali, un fenomeno che nel 2025 riguarderà 45 milioni di europei. E l’Italia pensa a tempi più veloci per l’applicazione della normativa
“Un passo importante verso un’economia digitale più sociale”. L’annuncio di nuove regole per i lavoratori delle piattaforme digitali in Europa arriva nei giorni più caldi per Uber nella capitale del Belgio e delle istituzioni Ue. Da fine novembre, la popolare app di taxi si è “spenta” nella regione di Bruxelles dopo una pronuncia della Corte d’Appello in applicazione di un vecchio regolamento sul servizio di noleggio con conducente. Eppure, mentre il Governo regionale di Bruxelles riflette sulle modalità per reintegrare parte dei 2mila autisti rimasti senza lavoro e per mettere mano a una complessiva riforma del servizio taxi, l’assist sulla necessità di prevedere tutele nuove e più incisive arriva dal cuore del quartiere europeo.
A palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea, questa settimana è stato svelato il contenuto di una proposta di direttiva per regolare il fenomeno della “gig-economy” – dai driver di Uber ai rider di Deliveroo, Just Eat e Glovo – e per prevedere nuove norme per quei lavoratori delle piattaforme digitali che sono qualificati come autonomi ma sono invece di fatto dei dipendenti.
Secondo le stime rese note dalla Commissione, sono 28 milioni gli europei che lavorano attraverso app; un numero destinato a crescere fino ad almeno 43 milioni nei prossimi quattro anni. Tra questi, più di 5 milioni sarebbero autonomi fittizi. La proposta di direttiva presentata ieri dall’esecutivo Ue per la prima volta mette nero su bianco una presunzione che ribalta l’onere della prova a carico delle piattaforme: se la multinazionale dell’online soddisfa almeno due dei cinque criteri individuati da Bruxelles (si va dalla definizione del livello di retribuzione e dell’orario di lavoro all’abbigliamento e alla possibilità di lavorare per clienti terzi), questa – se non sarà in grado di provare il contrario – sarà considerata datore di lavoro e dovrà regolarizzare i rider come dipendenti. Con tutti i diritti che ne derivano, come le ferie retribuite e la protezione sugli infortuni sul lavoro, ma anche sussidi di disoccupazione e diritto ai contributi pensionistici.
Sempre secondo i calcoli dell’esecutivo Ue contenuti nella valutazione d’impatto della misura, tra 1,72 e 4,1 milioni di lavoratori della “gig-economy” potrebbero concretamente beneficiare delle nuove regole, anche se il guadagno netto medio annuo sulla base di queste stime si attesterebbe ad appena 121 euro nelle tasche di ciascun lavoratore (alcuni dei quali prendono già più del salario minimo). Ad avere maggiori introiti, una volta che tutti gli autonomi fittizi della gig economy saranno correttamente classificati come subordinati, potrebbero invece essere le casse degli Stati, che potrebbero ricevere fino a 4 miliardi di euro all’anno di contributi in più.
“Il progresso tecnologico deve essere equo e inclusivo – ha commentato il Commissario europeo al Lavoro Nicolas Schmit -. Ecco perché la nostra proposta riguarda anche la trasparenza e la sorveglianza degli algoritmi delle piattaforme”. Critica invece BusinessEurope, la rete europea delle Confindustrie nazionali, per cui l’iniziativa “non riflette la realtà, perché molti lavoratori scelgono di essere autonomi. La Commissione ha preferito far passare un messaggio politico anziché proporre una soluzione equilibrata per lavoratori, piattaforme e utenti”.
La proposta di direttiva dovrà adesso essere discussa da Parlamento europeo e Governi e, una volta adottata, ci sarà un periodo di due anni prima dell’entrata in vigore delle nuove norme. Per questa ragione c’è già chi – come ad esempio i sindacati in Italia, dove si registra anche l’apertura del Ministro del Lavoro Andrea Orlando -, approfittando della pressione politica sul tema sta chiedendo di anticipare i tempi e mettere mano a un intervento legislativo ad hoc, nelle more della discussione dell’iniziativa Ue.
Nello stesso pacchetto sul lavoro del futuro, l’esecutivo ha anche avviato una consultazione, aperta fino a metà febbraio, su un progetto di linee guida per consentire ai lavoratori autonomi di accedere alla contrattazione collettiva, superando gli ostacoli posti dalle regole Ue sulla concorrenza come il divieto di cartello.
“Un passo importante verso un’economia digitale più sociale”. L’annuncio di nuove regole per i lavoratori delle piattaforme digitali in Europa arriva nei giorni più caldi per Uber nella capitale del Belgio e delle istituzioni Ue. Da fine novembre, la popolare app di taxi si è “spenta” nella regione di Bruxelles dopo una pronuncia della Corte d’Appello in applicazione di un vecchio regolamento sul servizio di noleggio con conducente. Eppure, mentre il Governo regionale di Bruxelles riflette sulle modalità per reintegrare parte dei 2mila autisti rimasti senza lavoro e per mettere mano a una complessiva riforma del servizio taxi, l’assist sulla necessità di prevedere tutele nuove e più incisive arriva dal cuore del quartiere europeo.