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Si litiga ancora sulla prescrizione. La minaccia di Matteo Renzi di votare contro il Governo fa arrabbiare i pentastellati ma anche gli ex amici del Pd. I dem accusano l’ex segretario di cercare visibilità fino al punto di essere disponibile a votare con Salvini (non certo il re dei garantisti), i renziani accusano il Pd di aver fatto troppo poco per correggere una riforma con molte falle.
Il premier prova a mediare, ma è sempre più in difficoltà.
Approvata dal primo Governo Conte lo scorso anno, la riforma della prescrizione, l’istituto giuridico che prevede l’estinzione del reato dopo un determinato periodo di tempo, è entrata in vigore il primo gennaio scorso. Cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, la riforma prevede il blocco assoluto della prescrizione, dopo la sentenza di primo grado.
Nonostante il sostegno espresso dall’Associazione Nazionale Magistrati alla norma voluta da Alfonso Bonafede, moltissime critiche sono giunte al Guardasigilli durante le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. Il Primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Mammone, ha evidenziato il rischio di un “significativo incremento del carico penale per via del venir meno delle prescrizioni che maturano in appello, circa 20-25mila processi l’anno, (vicino al 50%) che difficilmente potrebbe essere trattato”.
Se guardiamo agli altri Paesi europei, la vecchia disciplina della prescrizione italiana è un’anomalia.
Nel Regno Unito, la prescrizione non esiste, è previsto però un time limit che riguarda il tempo massimo per proporre l’azione in giudizio da quando è stato commesso il fatto e si applica ai reati meno gravi. In Francia, i termini di prescrizione variano in base al tipo di reato e possono essere interrotti da qualsiasi azione giudiziaria. Anche in Germania, il codice penale prevede che la prescrizione possa essere bloccata da alcuni procedimenti dell’autorità giudiziaria: interrogatori, perquisizioni, arresti. E, dopo ogni interruzione, la prescrizione ricomincia a decorrere dall’inizio. In Spagna, il sistema è simile.
Se è vero che nel contesto europeo l’Italia è stata un’anomalia è vero anche che la durata dei processi da noi è molto maggiore che nel resto d’Europa. Una riforma della prescrizione non accompagnata da una riforma della giustizia avrà quasi certamente l’effetto di allungare ulteriormente i tempi dei processi. Forse, si potrebbe riprendere in mano la legge 20 febbraio 2006 n.46, (la famosa Legge Pecorella, dal nome del suo principale ispiratore) e mettere mano alla Costituzione. La legge (pesantemente modificata dalla Corte Costituzionale) proponeva l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento e la sola possibilità di revisione del processo in Cassazione (ossia con la presentazione di nuove prove). In fondo la nostra Costituzione (art. 111) dice che il processo deve avere una “ragionevole durata”…
Ma per fare questo, bisogna avere coraggio, lungimiranza, visione, capacità manageriale…
Tutte doti che scarseggiano nell’attuale leadership politica, purtroppo…
@GiuScognamiglio
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