Le dosi del vaccino Covid non consegnate, in violazione del contratto europeo, pongono un punto centrale per l'Europa e l'Italia: perché non è soltanto una questione privata
Le dosi del vaccino Covid non consegnate, in violazione del contratto europeo, pongono un punto centrale per l’Europa e l’Italia: perché non è soltanto una questione privata
Questa maledetta storia dei vaccini in ritardo è cruciale per l’Italia e per l’Europa. Per tutto il corso del 2020 l’Ue ha non solo finanziato con oltre mezzo miliardo di euro a fondo perduto la ricerca, ma ha anche avviato dei contratti di fornitura con le multinazionali farmaceutiche più affidabili e promettenti. Sulla base di questi contratti sono state pianificate delle azioni di interesse pubblico: in questo caso una vaccinazione di massa, la soluzione finale al virus (come sta avvenendo in Israele, che fa da battistrada, facilitato dalle dimensioni e dall’apparato per certi aspetti “spartano”, oltre che moderno ed efficiente, della democrazia israeliana).
Il ruolo di Bruxelles, come abbiamo spiegato più volte, è stato cruciale: immaginatevi cosa sarebbe accaduto se la distribuzione fosse stata affidata alle Regioni italiane, in ordine sparso e in competizione tra loro, senza una cabina di regia nazionale ed europea: Zaia contro De Luca, Fontana contro Emiliano, etc. in una corsa regionale e anarchica al vaccino.
L’Europa, stabilendo una distribuzione equa dei sieri in base alle percentuali dei residenti degli Stati membri, ha invece regolato questo gigantesco e complesso piano di distribuzione “equa” stringendo un accordo con alcune multinazionali private – Pfizer, AstraZeneca, etc. Le quali però in poche settimane hanno dichiarato ritardi alla fornitura dei vaccini per lavori di adeguamento. AstraZeneca, ad esempio, non ha ancora il benestare alla fornitura, ma già annuncia che non rispetterà i tempi. Giorno dopo giorno stanno emergendo anomalie o clausole segrete. La Germaniaad esempio sta contrattando 30 milioni di dosi aggiuntive che andrebbero a rompere il complesso equilibrio legato all’equa distribuzione.
È accettabile tutto questo? E qui si pone una questione cruciale. È sufficiente per Bruxelles e Roma limitarsi ad adire le vie legali, come se si trattasse di una questione di diritto privato (oltretutto con i tempi che tutti conosciamo, in un polverone di studi legali, scadenze, codicilli, dibattimenti, cause, violazioni da dimostrare) infinitamente più lenti della diffusione e dell’evoluzione di un virus che non perdona e che delle pandette se ne frega) oppure – trattandosi di salute pubblica – sarebbe il caso di utilizzare altri mezzi? E quali? La pandemia ci ha insegnato sulla nostra pelle un’altra lezione. Emerge con chiarezza che non è possibile affidare al privato missioni che sono di interesse sovranazionale.
Se il vaccino è la strategia vincente, sulla quale si sono programmati i passi dei Paesi europei, il privato non ha né la logica né l’etica di porsi come interlocutore: Pfizer che non rispetta i protocolli non deve essere portata in giudizio ma “guidata” verso gli accordi stabiliti. C’è addirittura chi invoca, all’estremo, un intervento “manu militari”. Ma tra le due soluzioni – la toga e l’esercito, come avverrebbe in un regime “cinese” – ve n’è forse una più incisiva, forse più complessa ma decisiva per la salvezza di tante vite umane, che ancora tarda ad arrivare e su cui forse l’Europa farebbe un passo avanti (come lo ha fatto nel 2020) per rivitalizzare la sua missione e la sua immagine agli occhi degli europei.
Questa maledetta storia dei vaccini in ritardo è cruciale per l’Italia e per l’Europa. Per tutto il corso del 2020 l’Ue ha non solo finanziato con oltre mezzo miliardo di euro a fondo perduto la ricerca, ma ha anche avviato dei contratti di fornitura con le multinazionali farmaceutiche più affidabili e promettenti. Sulla base di questi contratti sono state pianificate delle azioni di interesse pubblico: in questo caso una vaccinazione di massa, la soluzione finale al virus (come sta avvenendo in Israele, che fa da battistrada, facilitato dalle dimensioni e dall’apparato per certi aspetti “spartano”, oltre che moderno ed efficiente, della democrazia israeliana).
Il ruolo di Bruxelles, come abbiamo spiegato più volte, è stato cruciale: immaginatevi cosa sarebbe accaduto se la distribuzione fosse stata affidata alle Regioni italiane, in ordine sparso e in competizione tra loro, senza una cabina di regia nazionale ed europea: Zaia contro De Luca, Fontana contro Emiliano, etc. in una corsa regionale e anarchica al vaccino.
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