Xin daguo guanxi tradotto significa più o meno “un nuova relazione tra grandi potenze”: è quanto la Cina chiede di inaugurare agli Stati Uniti, attraverso il prossimo incontro il 7 e 8 giugno…
Xin daguo guanxi tradotto significa più o meno “un nuova relazione tra grandi potenze”: è quanto la Cina chiede di inaugurare agli Stati Uniti, attraverso il prossimo incontro il 7 e 8 giugno, in California tra Obama e Xi Jinping, il nuovo presidente della Repubblica Popolare cinese. Si tratta di uno “slogan” molto presente nelle ultime produzioni, giornalistiche e non solo, in Cina, che prepara la necessità di affrontare il rapporto tra prima e seconda economia del mondo, sulla base di una rinnovata fiducia, non mascherando i tanti motivi di frizione.Il messaggio della Cina è molto chiaro: gli equilibri sono cambiati, il Dragone si prepara al sorpasso economico e dunque anche il filo che unisce le due potenze deve essere modificato, rinnovato. Quella situazione win win tra Cina e Stati Uniti è destinata a cambiare e Pechino sembra essere disposta ad avere un ruolo più attivo nel guidare il processo.
Secondo He Yafei, ex ministro degli Esteri cinesi, la situazione delle relazioni tra Cina e Stati Uniti è al minimo storico. He Yafei, in un articolo su Foreign Policy – The trust deficit sostiene che solo nel 1972 lo stato dell’arte tra le due potenze era a un livello così basso, quando Nixon fece la sua prima visita in Cina. Cos’è cambiato negli ultimi tempi? Diversi sono i fattori che contribuiscono a rendere apparentemente tesa la situazione. C’è una lettura politica, che viene suggerita da Fred Engst professore di Economia alla Jingmao Daxue di Pechino. Engst ha una storia particolare, perché è nato in Cina, da genitori americani che nel 1940 arrivarono in Cina per supportare la rivoluzione socialista. La sua opinione è che “finché la Cina produceva per i brand stranieri, compresi quelli americani, il rapporto era guidato da Washington e problemi non ce n’erano. Adesso che la Cina comincia ad innovare e presentarsi sul mercato internazionale con i propri brand è chiaro che gli equilibri cambiano”. Senza contare, come Engst stesso suggerisce, che ci sono di mezzo anche equilibri geopolitici.
E questi costituiscono forse gli elementi preponderanti della relazione: l’attiva politica di alleanze degli Stati Uniti in Asia, in particolare nelle zone che la Cina sente e vive come proprie, vedi le isole Diaoyu o le tante contese territoriali con Filippine, Vietnam e Taiwan, tra gli altri, provoca un sentimento di fastidio neanche troppo mascherato a Pechino. Come prima risposta la Cina ha riattivato la propria politica estera nel Medio Oriente, non a caso ha ospitato il leader israeliani e palestinesi a Pechino, proprio per costruire una sorta di contraltare alla presenza americana sul Pacifico.
Nei giorni scorsi in Cina, il Presidente Xi Jinping ha incontrato il rappresentante americano Tom Donilon. Secondo quanto riportato dal New York Times, Xi avrebbe “messo da parte le grandi sedie imbottite che per decenni sono state un classico, nella Grande Sala del Popolo, e sedutosi di fronte al consulente americano ad un lungo tavolo di legno lucido, è arrivato subito al punto”. Il “punto”, come riportato da tutti i media cinesi è che le relazioni Cina- Stati Uniti sarebbero in un “momento critico”.
Cosa intendono però i cinesi per xin daguo guanxi? Gli analisti in Cina non hanno le idee molto chiare, perché molto potrebbe dipendere dall’atteggiamento di Obama. Il sogno cinese lanciato da Xi, da molti ambienti nazionalisti, viene infatti visto come il sintomo di una nuova affermazione mondiale, ma i più cinici tra gli osservatori evidenziano già un potenziale scambio “geopolitico”. La Cina, ad esempio, ha fatto intendere di essere disposta a modificare il proprio approccio alla questione coreana. Come ha scritto il Quotidiano del Popolo, “la precedente amministrazione ha sempre messo al primo posto l’assicurazione della pace e della stabilità della penisola coreana, mentre l’attuale amministrazione pone come priorità la denuclearizzazione della penisola”. Si tratta di uno scarto importante, che complici gli interessi economici che ormai legano Pechino a Seul, potrebbe essere utilizzato per chiedere una minora ingerenza degli Stati Uniti nelle questioni che Pechino definisce di propria competenza (isole contese con il Giappone e questione del mare del Sud). Sembrano questi i nodi su cui si basa un nuovo riconoscimento degli Usa nei confronti dell’emergere della Cina, non più come sola potenza economica, ma anche come rinnovata forza diplomatica, presente sullo scenario internazionale.
Mancano ancora pochi giorni e poi l’incontro ci dirà su quali basi Usa e Cina si preparano a governare lo scacchiere mondiale. Di sicuro la Cina, da rimorchio, ha intenzione di trainare alcuni processi. E volendo gli Usa o meno, Xi sembra puntare molto su questa rinnovata forza internazionale del Dragone.