Il capo dell’opposizione Ousmane Sonko, condannato per diffamazione per aver accusato il ministro del Turismo Nyang di aver intascato una tangente di 45 milioni di euro, rischia di non potersi candidare alle prossime elezioni. Gravi proteste contro l’uso che il governo fa della giustizia
Il politico senegalese Ousmane Sonko, leader del partito Pastef e tra le figure di spicco dell’opposizione, è stato condannato per diffamazione e dovrà scontare sei mesi di libertà vigilata, oltre a pagare una multa di 200 milioni di franchi CFA, corrispondenti a circa 300mila euro. La sentenza è arrivata in appello: Sonko era stato condannato a due mesi in primo grado e a fare ricorso era stata la vittima della diffamazione, il ministro del Turismo Mame Mbaye Niang, insoddisfatto della pena troppo lieve. Come spiega Nigrizia, la vertenza era nata quando Sonko aveva accusato Niang di avere intascato una tangente di 45 milioni di euro, sulla base di un report che le autorità senegalesi hanno sempre considerato inaffidabile.
Se l’inasprimento della pena o l’entità della multa non sono di per sé particolarmente significativi, ciò che conta è che la condanna rischia di rendere Sonko non eleggibile per le prossime elezioni, che si terranno nel febbraio 2024. Il leader dell’opposizione deve ora aspettare che a pronunciarsi sia la Cassazione: se la sentenza dovesse essere confermata, nei prossimi mesi, Sonko decadrebbe dalle liste elettorali.
Il processo arriva in un momento politico non facile per il Senegal, in cui già esiste una forte tensione tra il governo di Macky Sall e le forze che gli si oppongono. Alla base di tutto c’è la presunta volontà dell’attuale presidente, in carica dal 2012, di ripresentarsi al voto del prossimo anno. Per Sall sarebbe il terzo mandato, in contrasto con il massimo di due stabilito dalla costituzione del Paese. Pur non esprimendo mai in maniera chiara la volontà di candidarsi, il presidente ha tuttavia insistito più volte sul fatto che le modifiche costituzionali del 2016 gli permetterebbero di contare i mandati in maniera differente e farsi quindi eleggere nuovamente.
Le forze di opposizione, che da circa un mese si sono unite nella piattaforma F24, rifiutano l’interpretazione di Sall e spingono con forza perché il capo di Stato non si presenti al voto. Inoltre, denunciano il deterioramento dei diritti politici avvenuto sotto la sua presidenza ed in particolare l’uso della giustizia per impedire la partecipazione alle elezioni di numerosi oppositori: tra questi Karim Wade, figlio dell’ex presidente, ma anche l’attuale sindaco di Dakar e il suo predecessore, Barthelemy Dias e Khalifa Sall.
In questo contesto, il processo non fa altro che esasperare le tensioni ed aumentare la distanza tra il governo e le altre forze politiche, ma anche tra quella parte di popolazione che sostiene Sall e quella che gli si oppone. I riflessi dello scontro politico sono evidenti anche su tutto l’assetto democratico senegalese: già prima che la sentenza venisse pronunciata, Ousmane Sonko aveva infatti dichiarato che non avrebbe collaborato con la giustizia e non avrebbe accettato la decisione, considerando il processo manovrato politicamente e atto ad impedirgli di sfidare Macky Sall.
La posizione di Sonko è stata duramente criticata dal governo, che lo ha accusato di volersi sottrarre alla giustizia. Ma è stata allo stesso tempo sostenuta dal suo schieramento: gli altri leader dell’opposizione hanno infatti chiamato la popolazione ad una mobilitazione generale, per protestare contro la sentenza e la possibile ineleggibilità di Sonko. Non sarebbe la prima volta che i cittadini critici verso l’attuale presidenza rispondono presente a questi appelli: in occasione delle fasi preliminari di un processo per stupro, che vede lo stesso Sonko imputato, c’erano state forti proteste e scontri con la polizia, che avevano portato anche a 12 morti. Tra l’altro, la prossima settimana è previsto l’inizio di questo processo, che potrebbe portare a una nuova condanna. E a nuovi scontri.
Il capo dell’opposizione Ousmane Sonko, condannato per diffamazione per aver accusato il ministro del Turismo Nyang di aver intascato una tangente di 45 milioni di euro, rischia di non potersi candidare alle prossime elezioni. Gravi proteste contro l’uso che il governo fa della giustizia