Stando alle fonti di Reuters pare che dietro ci sia la Russia, che avrebbe interesse a una “soluzione politica” tra Erdogan e Assad per ridurre l’impegno militare in Siria e concentrarsi sulla guerra in Ucraina
I capi dei servizi di intelligence di Turchia e Siria, Hakan Fidan e Ali Mamlouk, hanno tenuto diversi incontri a Damasco nelle ultime settimane. Non è una novità assoluta – i due si sono infatti riuniti più volte dal 2020 ad oggi –, ma la costanza e la maggiore frequenza dei meeting registrata di recente suggerisce che vi siano degli sviluppi importanti in corso. Stando alle fonti di Reuters, Fidan – uno degli uomini più vicini al Presidente turco Recep Tayyip Erdogan – avrebbe proposto all’omologo siriano di far incontrare i Ministri degli Esteri di Ankara e Damasco, portando così i contatti bilaterali su un livello più alto.
Pare che dietro a tutto questo vi sia la Russia, l’alleata principale – quella che ne ha permesso la sopravvivenza, assieme all’Iran – del regime del Presidente siriano Bashar al-Assad dal 2015. La Turchia, di contro, sostiene fortemente i ribelli siriani, i quali, seppur sconfitti a livello nazionale, mantengono il controllo di un territorio nel nord-ovest del Paese.
Mosca, dunque, avrebbe interesse a una qualche pacificazione – “soluzione politica” è il termine utilizzato da una delle fonti di Reuters – tra Erdogan e Assad, in modo da poter ridurre l’impegno militare in Siria e concentrarsi sulla guerra in Ucraina, dove ha subìto una pesante sconfitta nel nord-est.
La Russia ha già iniziato a ritirare una parte delle proprie risorse militari dalla Siria – più precisamente nel sud, vicino alla frontiera con Israele – quest’estate. Il vuoto lasciato da Mosca è stato presto riempito dalle forze affiliate all’Iran, già presenti nel Paese (così come quelle turche): è uno sviluppo sgradito alla Turchia e che potrebbe essere sconveniente anche per la Russia stessa, che potrebbe veder svanire quell’influenza regionale conquistata negli anni scorsi.
Un accordo tra Turchia e Siria è tuttavia complicato da realizzare, anche perché Ankara vorrebbe far partecipare i ribelli anti-Assad alle trattative con le autorità di Damasco. Erdogan, peraltro, ha definito Assad un terrorista e dichiarato che non potrà esserci la pace in Siria con lui al comando; Assad, di contro, considera Erdogan alla stregua di un ladro che ha “rubato” porzioni di territorio siriano.
Il mese scorso, però, Erdogan ha cambiato registro, sostenendo che non si possa mai escludere il dialogo e la diplomazia con il Governo di Damasco. Normalizzare la situazione in Siria sarebbe utile al Presidente turco anche per ragioni di politica interna: tra un anno ci saranno le elezioni generali, e i 3,7 milioni di rifugiati siriani in Turchia diventeranno un tema di dibattito ancora più caldo.
Erdogan ha già annunciato il ricollocamento di un milione di loro nelle cosiddette “zone di sicurezza”, delle aree di 30 chilometri di estensione nel territorio siriano a partire dal confine turco. Ankara le ritiene utili anche come “cuscinetto” tra sé e i curdi delle Unità di protezione popolare (YPG), considerati – assieme a quelli del PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan – una minaccia all’integrità statale turca.
Stando alle fonti di Reuters pare che dietro ci sia la Russia, che avrebbe interesse a una “soluzione politica” tra Erdogan e Assad per ridurre l’impegno militare in Siria e concentrarsi sulla guerra in Ucraina