La giunta militare da il via libera all’accordo di 25 anni sottoscritto ai tempi del Presidente al-Bashir: Mosca consegnerà al Paese africano strumenti militari e armamenti in cambio della presenza in un tratto di mare strategico
Potrebbero presto prendere forma le nuove ambizioni marittime della Russia che, con l’ok della giunta militare del Sudan alla realizzazione di una base moscovita a Port Sudan, nel Mar Rosso, solidificherebbe la sua presenza in Africa, in un tratto di mare strategico per il commercio internazionale. Infatti, in quelle acque passa il 30% del traffico container mondiale, potenzialmente proiettando la forza russa verso l’Oceano Indiano.
Le implicazioni sono numerose, comprese quelle legate agli Stati Uniti, che da tempo avvisano Khartoum sui rischi della scelta. Per Washington, in sostanza, la nuova apertura militare a Mosca rischia di far incrinare il recente rinnovato rapporto instauratosi con la Casa Bianca dalla fine del Governo di Omar al-Bashir, ex Presidente la cui fine ha portato alla rimozione del Paese dalla lista nera di entità sponsor del terrorismo in cambio del riconoscimento dello Stato d’Israele nell’ambito degli Accordi di Abramo.
A più riprese gli States hanno lanciato un monito contro il Paese, ricordando le eventuali ripercussioni di una simile scelta. Lo scorso settembre l’Ambasciatore Usa a Khartoum, John Godfrey, ha segnalato le preoccupazioni del suo Governo. “Tutte le nazioni hanno il diritto sovrano di decidere con quali realtà diventare partner, ma tali scelte hanno, ovviamente, delle conseguenze”, tuonò Godfrey, stigmatizzando come i progressi sulla base militare russa nel Mar Rosso sarebbero stati l’implementazione degli accordi sottoscritti da al-Bashir, la cui cacciata ha portato importanti cambiamenti, purtroppo soffocati a fasi alterne dai militari.
L’avvicinamento alla Russia segnala il grande potere che ancora i militari sudanesi esercitano nel funzionamento statale, avendo loro stessi dato il via libera all’implementazione dell’accordo successivamente all’accettazione, da parte moscovita, delle richieste di Khartoum. Ovvero: più armi, munizioni e strumentazioni belliche. La Federazione Russa potrà inviare 300 militari, mantenere simultaneamente fino a 4 navi, compresa una a propulsione nucleare, e stabilizzarsi per un periodo di 25 anni. Se le parti non solleveranno obiezioni, l’agreement si prolungherà di altri 10 anni.
La scorsa settimana il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov, nel corso del tour africano, si è recato in Sudan, dove ha incontrato i funzionari del Paese, promettendo di rafforzare il coordinamento diplomatico con Khartoum nonché investimenti infrastrutturali. Un tentativo di acquisire visibilità nel quadro dell’influenza che Mosca cerca di recuperare — o rafforzare — da un anno a questa parte, ovvero dall’inizio dell’invasione in Ucraina. “Abbiamo discusso della riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e della costruzione di un mondo multipolare”, ha detto Lavrov.
La visita potrebbe aver dato impulso all’accettazione delle condizioni proposte dal Sudan per la concessione della base navale a Port Sudan, che concretizzerebbe la nuova dottrina marittima russa approvata a luglio 2022. Gli obiettivi sottolineano il bisogno di sviluppo economico nello spazio oceanico, in linea con le potenzialità che la costruzione di un punto strategico nel Mar Rosso offrirebbero alla Federazione guidata da Vladimir Putin.