Si temeva che scandali a ripetizione legati alle intercettazioni, la guerra fratricida con Gülen e le derive liberticide che hanno portato alla chiusura di Twitter e YouTube nelle ultime settimane potessero intaccare il consenso dell’Akp in Turchia. Il risultato delle elezioni municipali di ieri in Turchia, dopo settimane di tensione politica, non lascia adito ad alcun dubbio.

Si tratta di un plebiscito per il premier Erdoğan e per l’Akp, saldamente in sella dal lontano 2002, che a livello nazionale raggiunge il 45,6% dei consensi ovvero 7 punti percentuali e mezzo in più che nel 2009. Il principale partito d’opposizione, il Partito Repubblicano del Popolo (CHP), s’accontenta d’un misero 28% che dimostra come le mobilitazioni di Gezi e di questi mesi non abbiano trovato alcun consolidamento politico nel principale partito d’opposizione né in altri.
Erdoğan vince e continua a convincere i Turchi che lo hanno votato a larga maggioranza in tutto il paese nonostante i risultati delle grandi metropoli Istanbul e Ankara siano stati incerti fino alla fine. Da segnalare diversi scontri in zone rurali e regolamenti di conti che hanno portato ieri, secondo l’agenzia stampa DHA, alla morte di otto persone ed al ferimento di almeno una ventina di persone.
Istanbul ed Ankara, lotta all’ultimo voto.
I risultati delle due metropoli, su cui si giocava il futuro dell’Akp e di Erdoğan, è rimasto incerto fino alla fine. Soprattutto ad Istanbul, simbolicamente la culla in cui ebbe inizio la parabola ascendente dell’Akp (dal 1994 al 1998 la megalopoli sul Bosforo fu amministrata dal premier Erdoğan poi diventato premier per oltre un decennio) la lotta è stata aspra. Il sindaco uscente Kadir Topbaş, anche lui proveniente dalla stessa famiglia politica di Erdoğan, doveva vedersela con Mustafa Sarıgül, candidato del Chp, un sindaco molto popolare che gli ha dato filo da torcere fino all’ultimo. Kadir Topbaş alla fine ha vinto ottenendo il 48,1% contro il 40,1% di Mustafa Sarıgül. Ad Ankara invece Melih Gökçek, sindaco che dirige la città dal lontano 1994, ovvero prima che l’Akp fosse fondato, ha vinto per un soffio sul candidato Chp Mansur Yavas (44,8% contro 43,9%). I dati nazionali, dopo lo spoglio del 98% delle schede, danno il 45,6% all’Akp, il 28% al Chp, il 15,3% al Mhp e il 5,9% al Bdp.
Il premier vince e minaccia vendetta
“Ringrazio Dio per questa grande vittoria – ha detto il premier ieri ad un’enorme folla riunita – ringrazio il popolo per avere sostenuto questa guerra d’indipendenza”. Erdoğan aveva infatti chiamato a raccolta i suoi lanciando l’anatema contro i traditori gulenisti ed altri nemici della nazione. Nelle ultime settimane aveva moltiplicato i meeting elettorali e il suo discorso s’era fatto più duro, giocando su un lessico meno morbido e più tranchant. Scommessa vinta in quanto la capacità di reazione del premier agli scandali non ha fatto altro che aumentare il consenso attorno al capo. “Queste cifre dimostrano che Erdoğan è sopravvissuto agli scandali senza troppi danni – è stato il commento a caldo del politologo Mehmet Akif Okur dell’Universitù Gazi di Ankara– in quanto gli elettori hanno pensato che se cadeva Erdoğan, sarebbero caduti anche loro ».
In effetti anche alla vigilia di queste elezioni il consenso nei confronti del premier non era stato messo in dubbio nemmeno dai sondaggi che lo davano largamente in vantaggio: uno su tutti il prestigioso istituto di sondaggi turco, l’Istituto Konda, che giovedì scorso aveva dato l’Akp in testa con il 46% dei consensi e con un margine di errore del 2%, sondaggio che, col senno di poi, s’è avverato oltremodo preciso e puntuale. Stessa cosa per quanto riguarda l’istituto di sondaggi A&G che, per bocca del suo direttore Adil Gür, aveva spiegato come l’elemento chiave fosse proprio il fattore economico. La classe media in Turchia infatti resta fondamentalmente legata a una certa stabilità economica, quella portata dall’Akp in quest’ultimo decennio, ed è dunque disposta anche a chiudere un occhio sugli scandali. Un elemento chiave che ha avuto riscontro nelle elezioni di ieri. Anche Gür aveva previsto che il consenso dell’Akp si sarebbe attestato nelle intenzioni di voto sul 46% mentre il Chp sul 26% ed il Mhp (Partito d’Azione Nazionalista) sul 14%. « Oggi il popolo ha smascherato i piani e le trappole immorali – ha detto il premier turco – la politica delle registrazioni e delle cassette oggi e’ stata sconfitta», « non affideremo lo stato nelle mani della Pennsylvania e dei suoi prolungemanti interni». Il riferimento è chiaramente alla Cemaat di Fethullah Gülen. La guerra fratricida con l’ex alleato non solo non è finita ma non fa che iniziare.
Si temeva che scandali a ripetizione legati alle intercettazioni, la guerra fratricida con Gülen e le derive liberticide che hanno portato alla chiusura di Twitter e YouTube nelle ultime settimane potessero intaccare il consenso dell’Akp in Turchia. Il risultato delle elezioni municipali di ieri in Turchia, dopo settimane di tensione politica, non lascia adito ad alcun dubbio.