Il semi-isolamento internazionale, il distacco dal sistema finanziario globale e la fuga di capitali e talenti non permetterà all’economia russa di crescere. Ma non solo: Putin dovrebbe fare i conti anche con l’ostilità dei vicini
A metà febbraio Liana Fix e Michael Kimmage, fellow del think tank americano German Marshall Fund, hanno pubblicato un saggio su Foreign Affairs che ha avuto grande diffusone (anche eastwest ne ha ripreso alcune considerazioni qui): si intitolava What If Russia Wins? e, appunto, cercava di immaginare le conseguenze per l’Unione europea e gli Stati Uniti in caso di vittoria della Russia in Ucraina.
Valutazioni errate
Venerdì i due studiosi hanno pubblicato un secondo articolo sulla rivista per provare a fare l’opposto: prevedere, cioè, cosa potrebbe succedere se Mosca dovesse uscire sconfitta dalla guerra. La loro analisi parte da una considerazione che negli ultimi giorni è stata ripetuta da diversi esperti: il Presidente russo Vladimir Putin ha commesso diversi errori di valutazione. Ha giudicato male gli ucraini, innanzitutto: credeva forse che avrebbero accolto i soldati russi quasi come dei liberatori, invece la resistenza all’invasione, sia militare che civile, è stata forte. E ha giudicato male gli Stati Uniti, l’Unione europea e gli alleati: pensava che le loro divisioni li avrebbero paralizzati, impedendogli di reagire, invece hanno saputo compattarsi e applicare sanzioni pesanti per l’economia russa.
È impossibile conoscere l’andamento esatto della guerra in corso, ma è probabile che il Cremlino avesse in mente di realizzare un’offensiva lampo, e che l’evoluzione degli scontri l’abbia poi costretto a mettere in atto un piano diverso. Pare infine che il morale delle truppe russe sia basso, anche a causa dei problemi logistici che starebbero ritardando l’arrivo dei rifornimenti.
Se il Governo ucraino fosse caduto rapidamente – scrivono Fix e Kimmage –, Putin avrebbe potuto affermare che aveva ragione: cioè che l’Ucraina non è un vero Stato e che gli ucraini non hanno un senso di nazione, ma sono “un solo popolo” con i russi. La portata della difesa degli aggrediti dall’aggressore, però, ha inequivocabilmente dimostrato il contrario.
Le conseguenze di una vittoria di Pirro
Putin, insomma, potrebbe sì avere la meglio sul campo di battaglia (la sproporzione di forze tra le due parti è pesante), ma non vincere la guerra “alle sue condizioni preferite”. Potrebbe cioè finire con l’“impantanare” l’esercito russo in un’occupazione territoriale che si rivelerebbe “costosa e futile” perché l’Ucraina verrebbe ridotta “in povertà e caos”. E anche se dovesse ottenere un certo controllo sull’Ucraina orientale e meridionale e sulla capitale Kiev, dovrebbe fare i conti con una probabile insurrezione armata nell’ovest e una guerriglia perenne: il Paese è troppo vasto per essere sottomesso nella sua interezza. Le sanzioni eroderanno sempre più l’economia della Russia, che resterebbe praticamente sola sul piano internazionale e impossibilitata ad accedere a investimenti e tecnologie. Forse anche la presa del Presidente sul potere potrebbe risentirne: colpiti dalle sanzioni, i grandi potentati economici-politici, i cosiddetti oligarchi, potrebbero mettersi contro di lui.
Oltre alla resistenza degli ucraini, la Russia dovrebbe fare i conti con un estero vicino ancora più ostile nei suoi confronti, dalla Polonia al Baltico alla Finlandia (“finlandizzata” ma sempre più favorevole all’ingresso nella NATO). Perfino la Germania, filorussa e restìa alla potenza militare, ha annunciato che porterà la sua spesa per la difesa sopra il 2% del Pil. Temendo per l’interruzione delle forniture di gas, poi, l’Europa lavorerà per ridurre la dipendenza energetica da Mosca, che perderà così un mercato e un veicolo di influenza.
Attraverso la presa dell’Ucraina, Putin avrebbe voluto restituire alla Russia lo status di grande potenza. Potrebbe invece averne accelerato la decadenza. Il semi-isolamento internazionale, il distacco dal sistema finanziario globale e la fuga di capitali e talenti non permetterà all’economia di modernizzarsi e crescere: è una precondizione – “la linfa vitale”, per Fix e Kimmage – per la leadership geopolitica.
Una Russia ancora più violenta
Una Russia sconfitta di fatto in Ucraina, indebolita e umiliata, potrebbe sviluppare sentimenti revanscistici e farsi ancora più aggressiva. Come fanno notare Fix e Kimmage, “la colpa e l’onta della guerra in Ucraina rimarranno nella politica russa per decenni; è raro che un Paese tragga profitto da una guerra persa. L’inutilità dei costi spesi per una guerra perduta, il tributo umano e il declino geopolitico definiranno il corso della Russia e della politica estera russa per molti anni a venire, e sarà molto difficile immaginare l’emersione di una Russia liberale dopo gli orrori di questa guerra”.
Una Russia indebolita e incattivita, oltre a obbligare l’Occidente a “adottare un approccio di isolamento e contenimento continui”, potrebbe più facilmente finire soggiogata dalla Cina, che già oggi costituisce il socio forte della partnership (non alleanza) lanciata ufficialmente qualche settimana fa.