Usa, Australia, Giappone e India sono d’accordo: non bisognerà permettere che un domani, nell’Indo-Pacifico, avvenga quanto sta accadendo oggi in Ucraina. Ma il Quad non è un blocco compatto, ed è poco probabile che diventi una “Nato asiatica”
Le invasioni non sono contagiose, ricorda un saggio pubblicato mercoledì su Foreign Affairs, e la guerra aperta dalla Russia in Ucraina non è il preludio di un attacco della Cina a Taiwan, la repubblica insulare che Pechino non considera cosa a sé ma parte del proprio territorio. I due dossier sono separati. Eppure un qualche collegamento esiste: non sostanziale e consequenziale – Taipei non è il secondo fronte, spiegava Lorenzo Lamperti sul Manifesto – ma di principio: come detto un mese fa dal segretario di Stato americano Antony Blinken, ci sono “altri” che stanno osservando la risposta internazionale alla crisi ucraina.
L’Ucraina non è Taiwan neanche per gli Stati Uniti. Lo hanno fatto capire più volte. Un esempio: Joe Biden ha ripetuto all’infinito che Washington non avrebbe inviato truppe proprie a difesa di Kiev. Al contrario, a ottobre ha parlato di un commitment, un impegno americano alla protezione di Taipei. Fu una dichiarazione fortissima, troppo frettolosamente giudicata una gaffe o una rottura della tradizionale “ambiguità strategica”; al contrario, si trattava di una conferma di quella politica. La poca chiarezza delle dichiarazioni – l’ambiguità, appunto – è infatti utile alla deterrenza, perché lascia i Governi avversari nel dubbio: gli americani reagiranno?, si chiedono innanzitutto i cinesi. E in che modo? E in quali circostanze? Di base c’è il fatto che Washington assegna a Taiwan e all’Asia-Pacifico un valore strategico. All’Ucraina, no.
Il vertice del Quad, la crisi ucraina e l’Indo-Pacifico
Giovedì c’è stato un vertice virtuale dei leader del Quad, il foro informale sulla sicurezza tra Stati Uniti, Australia, Giappone e India. Dalla riunione è emersa una posizione condivisa: non bisognerà permettere che un domani, nell’Asia-Pacifico, avvenga quanto sta accadendo oggi in Ucraina. Vale a dire niente modifiche unilaterali dello status quo attraverso l’uso della forza; vale a dire – tradotto – unità nella risposta contro un ipotetico attacco a Taiwan da parte della Cina.
Il Quad, però, non è un’alleanza formale né un blocco compattissimo. Lo si è notato proprio con la crisi ucraina: a differenza degli altri membri, l’India si è astenuta dalla condanna della Russia. Lo ha fatto perché considera Mosca una partner utile alla fornitura di armi e al bilanciamento di Pechino. Nuova Delhi non ha intenzione di entrare a far parte di un sistema di alleanze: ecco perché difficilmente il Quad evolverà in una “Nato asiatica”, come si dice. Non bisogna però commettere un errore di valutazione: Taiwan non è l’Ucraina, né di per sé e né per gli Stati Uniti; allo stesso modo, per l’India, la Russia non è la Cina. Non è detto che la prudenza mostrata verso la prima verrà cioè riservata anche alla seconda, percepita come una minaccia concreta e diretta.
La Finlandia vuole la Nato
Dopo la riunione con il Quad, venerdì Biden si è riunito alla Casa Bianca con il Presidente della Finlandia Sauli Niinistö: hanno parlato della guerra in Ucraina, ovviamente, e della percezione della minaccia russa in Europa orientale.
Se davvero per Vladimir Putin la questione ucraina si esaurisce nell’allargamento della Nato vicino ai confini russi (ma non è così), allora si può dire che la guerra è stata un fallimento strategico, a prescindere dall’esito militare. Perché in Finlandia, Paese confinante con la Russia e neutrale, proprio l’aggressività di Mosca ha animato il dibattito sull’eventuale ingresso nell’alleanza atlantica: oggi si dice favorevole il 53% degli abitanti, contro il 19% del 2017 e il 22% nel 2014. Questa aggressività non sembra stare aiutando nemmeno il piano del Cremlino per la ricostituzione di una sfera di influenza nello spazio ex-sovietico. Dopo l’Ucraina, infatti, anche la Moldavia e la Georgia hanno presentato richiesta di adesione all’Unione europea. Sono tutti Paesi un tempo parte dell’Urss, che oggi però manifestano la volontà di aderire a un blocco politico-ideologico opposto a quello russo.
Il Presidente Niinistö, comunque, non sembra voler incoraggiare la vox populi. Ha detto che le persone dovrebbero “mantenere il sangue freddo e valutare attentamente l’impatto dei cambiamenti” che dicono di appoggiare. La Russia, del resto, ha già minacciato la Finlandia con “serie ripercussioni militari e politiche” in caso di modifiche alla sua politica di sicurezza.
Usa, Australia, Giappone e India sono d’accordo: non bisognerà permettere che un domani, nell’Indo-Pacifico, avvenga quanto sta accadendo oggi in Ucraina. Ma il Quad non è un blocco compatto, ed è poco probabile che diventi una “Nato asiatica”