I rappresentanti dei tre Paesi non hanno votato nella risoluzione di condanna dell’invasione della Russia. Motivi differenti ma stesso obiettivo: non inimicarsi Mosca e guardare al futuro
Nei giorni scorsi il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto la convocazione in Assemblea Generale di una sessione speciale di emergenza per discutere dell’invasione russa in Ucraina. Per la prima volta da 40 anni, gli Stati membri sono invitati a esprimere il loro parere in un voto dal significato politico molto importante. La convocazione si è resa possibile per il carattere procedurale della materia, dunque al di fuori delle possibilità di stop in mano a Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina e Russia, nonostante il diritto di veto delle cinque nazioni vincitrici nella Seconda guerra mondiale.
Dal Consiglio di Sicurezza all’Assemblea Generale
Con 11 voti a favore su 9 richiesti, quello contrario di Mosca e l’astensione di Pechino, dell’India e degli Emirati Arabi Uniti, la richiesta urgente passa e vede l’Assemblea Generale esprimersi su una risoluzione che non sarà dissimile da quella bloccata dalla Russia il 25 febbraio che, tra l’altro, ha avuto un esito uguale alla convocazione della Emergency special session. È l’undicesima volta nella storia dell’Onu, dalla risoluzione Uniting for Peace del 1950, che una simile sessione viene convocata.
Il duplice voto avvenuto al Consiglio di Sicurezza nell’arco di pochi giorni racconta di una maggioranza sfavorevole alla Russia, col voto di astensione di Cina, India ed Emirati ricco di significati. Pechino, Nuova Delhi e Abu Dhabi hanno, ciascuna, le proprie motivazioni per non aver appoggiato la risoluzione dell’Albania e degli Stati Uniti. Infatti, nel testo si sarebbe deplorato con i termini più forti l’aggressione della Federazione Russa, in violazione dell’articolo 2, paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite, che vieta l’uso della forza o la minaccia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di uno Stato.
Le parole del Ministro degli Esteri cinese
Al Palazzo di Vetro, nel gruppo Weog, che riunisce i Paesi occidentali, il voto di astensione della Cina è visto come un successo diplomatico, essendo arrivato dopo intense trattative sul linguaggio del testo. Si parla di un esplicito annacquamento di Washington al draft resolution, che ha spinto Pechino a non appoggiare apertamente la Russia, bensì astenendosi. Il Ministro degli Esteri Wang Yi ha spiegato che “la Cina sostiene che la sovranità e l’integrità territoriale di tutte le nazioni debba essere rispettata e protetta, e che i propositi e i principi della Carta dell’Onu devono essere rispettati. Questa è la posizione della Cina e si applica ugualmente alla questione ucraina”.
Ciononostante, Wang ricorda dal canto suo che “le preoccupazioni legittime relative alla sicurezza di tutte le nazioni devono essere rispettate. Vista l’espansione verso est della Nato, le legittime richiesta di sicurezza della Russia devono essere prese in considerazione e indirizzate al meglio”. Da giorni ci si interroga sulla reale posizione di Pechino, mentre si riporta che almeno due banche cinesi, Industrial & Commercial Bank of China e Bank of China, avrebbero rallentato l’acquisto di beni dalla Russia.
La posizione indiana
Insieme a Cina ed Emirati, anche l’India si è astenuta nel voto in Consiglio di Sicurezza. Ancora una volta, Nuova Delhi ricorda alla comunità internazionale la propria indipendenza rispetto a eventuali blocchi contrapposti. Specie in un contesto come quello attuale, che la vede protagonista, ad esempio, di un legame con gli Stati Unti nell’ambito del contrasto alle velleità cinesi nel Pacifico con Quad, ma anche amica della Russia.
Poche settimane fa Vladimir Putin si è recato in India in visita da Narendra Modi, col quale ha siglato ben 28 Memorandum of Understanding su spazio, difesa, energia. Tra questi, la produzione congiunta di AK-203, l’estensione del patto di cooperazione militare fino al 2031, l’acquisto di S-400.
Le preoccupazioni degli Emirati
In un momento delicato per il Golfo, con gli Usa interessati sempre di più all’Asia-Pacifico, gli Stati dell’area dovranno necessariamente fare i conti con un eventuale disimpegno di Washington che, secondo gli Emirati Arabi Uniti, è già in atto. Abu Dhabi, per quanto legata agli States, non si è sentita tutelata nelle scorse settimane in seguito all’attacco degli Houthi dello Yemen.
Alle richieste di supporto indirizzate a Washington, in parte arrivate col rafforzamento di alcune misure di sicurezza, non è seguito il reinserimento di Ansar Allah nella lista di organizzazioni terroristiche. Joe Biden, infatti, per non aumentare le tensioni con l’Iran in una fase critica delle trattative sul JCPoA, avrebbe evitato di imporre nuovamente tale designazione al gruppo sciita yemenita.
Il voto di astensione in Consiglio di Sicurezza racconta tanto delle posizioni dei Paesi, con motivazioni che non necessariamente sono coinvolte direttamente con quanto sta avvenendo in Ucraina.
I rappresentanti dei tre Paesi non hanno votato nella risoluzione di condanna dell’invasione della Russia. Motivi differenti ma stesso obiettivo: non inimicarsi Mosca e guardare al futuro