Dopo la visita alla Casa Bianca, il Cancelliere Scholz e la Presidente della Commissione von der Leyen lasciano intravedere un superamento della crisi con la Cina e una possibile ripresa del dialogo internazionale per la fine del conflitto in Ucraina
Si abbassano i toni sul possibile coinvolgimento della Cina nella guerra in Ucraina ipotizzato dalle fonti d’intelligence statunitensi e riprese dal Segretario di Stato Antony Blinken. Ora sono gli alleati europei degli Stati Uniti, in primis il Cancelliere Olaf Scholz e la Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, a dichiarare che “non esistono prove” sulle forniture di armamenti da parte di Pechino a Mosca. Parole che, gettando acqua sul fuoco, non escludono in assoluto che tale evenienza possa accadere, ma che lasciano intravedere un superamento della crisi con la nazione asiatica che può portare al dialogo internazionale proprio sulla fine del conflitto in territorio ucraino.
Nel corso della conferenza stampa Scholz – von der Leyen dopo l’incontro avvenuto con l’esecutivo tedesco a Meseberg, in Germania, i due leader hanno risposto alle domande dei giornalisti sulla questione. Il Cancelliere, fresco del meeting alla Casa Bianca col Presidente Joe Biden, ha ricordato quelle che sembrano vere e proprie rassicurazioni arrivategli dal Governo cinese. “Sono relativamente fiducioso sul fatto che la Cina non invierà armi alla Russia. Siamo in una fase nella quale cerchiamo di evitare che questo accada”.
Non sarebbe la prima volta che dagli ambienti europei si riportano le discussioni avute con la nomenclatura cinese: Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la Politica Estera, nei giorni scorsi ha evidenziato le dichiarazioni di Wang Yi dopo un incontro alla Munich Security Conference. “Mi ha detto che la Cina non invia armi a Paesi in guerra e finora non abbiamo prove che questo stia avvenendo”. Borrell ha ricordato inoltre il buon rapporto personale con il collega cinese e spiegato la natura della fornitura militare dei Paesi occidentali all’Ucraina.
La posizione tedesca verso la Cina sembra ben diversa da quella auspicata dagli Usa e da parte degli alleati europei. Berlino è decisamente coinvolta e cerca di spingere ancora sul concetto di diplomazia economica, tanto che, fin dall’insediamento di Olaf Scholz alla Cancelleria, sono stati numerosi i contatti con Pechino. A fine 2022 è stato il Presidente Frank-Walter Steinmeier ad avere una conversazione telefonica con Xi Jinping. Nonostante le tensioni, ad esempio, sui diritti umani nello Xinjiang e relativamente alla guerra russa in Ucraina, la Germania ha garantito investimenti cinesi nello strategico porto di Amburgo, crocevia dei commerci via mare e gateway per la Nuova Via della Seta, con Berlino che ha accettato che l’azienda Cosco acquisisca il 25% di Hamburger Hafen und Logistik (HHLA), società che gestisce il terminal.
Ciò lascia intendere le difficoltà che Berlino subirebbe in caso di rottura del dialogo con Pechino, laddove si verificasse realmente la consegna di armi a Mosca nell’ambito della guerra in Ucraina. Eventualità che, in questa fase, sembra più un’ipotesi proveniente dagli ambienti Usa per pressare la governance cinese sul non intervento nel marasma bellico e, auspicabilmente, su un ruolo diretto per la fine del conflitto. Conflitto che, tuttavia, obbliga le nazioni — anche se non direttamente coinvolte — a prendere una posizione su quanto sta accadendo.
Come nel caso della Serbia: per quanto abbia allontanato l’ipotesi di unirsi al fronte occidentale nelle sanzioni alla Russia, Belgrado si ritrova nel mezzo della polemica sulla vicinanza a uno o all’altro fronte. Nella giornata di ieri il Presidente Aleksandar Vucic ha dovuto negare l’invio di armi alla Russia così come all’Ucraina. “Sì, abbiamo aziende che fabbricano armi ma è una bugia che stiamo fornendo mezzi bellici o munizioni all’Ucraina o alla Russia”. Le dichiarazioni si sono rese necessarie dopo la richiesta ufficiale di spiegazioni da parte russa su un report che paventava l’invio di armi serbe a Kiev.