Il vertice del Consiglio europeo si è concluso ieri dopo lunghe ore di trattative. Draghi “molto soddisfatto” di come si è svolto il dibattito sulle migrazioni. Von der Leyen: “Niente muri e fili spinati”
Diciamolo subito: il pericolo è stato scongiurato. E solo per ora. Ma il solo fatto che in un Consiglio europeo, come quello che si è concluso venerdì pomeriggio dopo lunghe ore di negoziato, abbia trovato piena cittadinanza una discussione per il finanziamento da parte della Commissione di barriere anti migranti e limitazioni all’accordo sulla libera circolazione nello spazio Schengen racconta a che punto è arrivato il dibattito sul dossier migranti in Europa. E pensare che prima di salire sull’aereo che lo avrebbe portato a Bruxelles il premier italiano Mario Draghi si sentiva tranquillo mentre incalzava il Presidente del Consiglio Ue Charles Michel e lo sollecitava ad aprire una discussione approfondita con verifiche periodiche sull’attuazione del piano d’azione sui migranti.
Ma la “trappola” era già scattata e stava tutta nella lettera di invito dello stesso Michel che citava in maniera esplicita la questione dei migranti secondari (o “dublinanti”). Riferimento che ha autorizzato alcuni Paesi ad affrontare la questione dei movimenti secondari come quelli dei migranti che arrivano in Sicilia e poi transitano verso i Paesi del Nord Europa. Questione posta con forza dal premier olandese Mark Rutte così come da Polonia e Paesi baltici per i migranti utilizzati strumentalmente dal regime della Bielorussia.
Insomma, si rischiava una pericolosa marcia indietro. Alla fine, però, niente muri anti migranti e nessuna modifica a Schengen ma il risultato è frutto solo di elaborati escamotage lessicali inseriti nelle conclusioni. Come ha confessato lo stesso premier italiano alla fine del vertice, “un Consiglio che sulla carta doveva essere solo di transizione ha fatto registrare invece discussioni molto complesse”.
In realtà, in un passo del documento finale, il Consiglio europeo invita la Commissione “a proporre le modifiche necessarie al quadro giuridico della Ue e le misure concrete sostenute da un sostegno finanziario adeguato per garantire una risposta immediata e adeguata in linea con il diritto Ue e gli obblighi internazionali, compresi i diritti fondamentali”. Questo passo consente al “fronte” pro muri anti-immigrati che si va nella loro direzione. Austria, Bulgaria, Cipro, Cechia, Estonia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia avevano chiesto alla Commissione di “adattare l’attuale cornice legale alle nuove realtà, fornendo la possibilità di rispondere ai tentativi di strumentalizzare la migrazione illegale con scopi politici”.
Ma a chiarire il senso delle conclusioni è intervenuta la stessa Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. “Si è parlato di infrastrutture fisiche – ha ammesso – ma sono stata molto chiara sul fatto che non ci saranno finanziamenti di reticolati di filo spinato o muri”, ha detto in una conferenza stampa al termine del Consiglio.
Draghi ha raccontato così lo scampato pericolo: “Sono molto soddisfatto di come si è conclusa la discussione sulle migrazioni. Il testo originale delle conclusioni parlava solo di movimenti secondari, mentre ora cita l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità. Il testo attuale ha introdotto esplicitamente questo concetto”. Inoltre “Il testo prevedeva una frase sulla modifica di Schengen e questo è sparito, non c’è nel testo finale; alla fine l’abbiamo spuntata”. Il premier italiano ha spiegato che il problema vissuto per tantissimi anni da soli “oggi è un problema di tutti e quindi è importante non dividersi e non ha senso privilegiare un Paese o una rotta”.
Ma c’è di più: secondo il Presidente del Consiglio il passaggio sul finanziamento dei muri, in realtà, per una sorta di “strana eterogenesi dei fini”, apre invece uno spiraglio alla ripresa della discussione sul nuovo patto per le migrazioni e l’asilo. Secondo Draghi il testo delle conclusioni, anche se sembra un’apertura al finanziamento delle barriere, prevede che “tutto questo dovrà essere proposto dalla Commissione, che è contraria, e approvato dal Consiglio europeo, dove non siamo d’accordo in tanti, a cominciare da noi”. E poi, ha aggiunto Draghi, il linguaggio utilizzato autorizza a riaprire la discussione sul patto per l’asilo e la migrazione fermo da oltre un anno.
Diciamolo subito: il pericolo è stato scongiurato. E solo per ora. Ma il solo fatto che in un Consiglio europeo, come quello che si è concluso venerdì pomeriggio dopo lunghe ore di negoziato, abbia trovato piena cittadinanza una discussione per il finanziamento da parte della Commissione di barriere anti migranti e limitazioni all’accordo sulla libera circolazione nello spazio Schengen racconta a che punto è arrivato il dibattito sul dossier migranti in Europa. E pensare che prima di salire sull’aereo che lo avrebbe portato a Bruxelles il premier italiano Mario Draghi si sentiva tranquillo mentre incalzava il Presidente del Consiglio Ue Charles Michel e lo sollecitava ad aprire una discussione approfondita con verifiche periodiche sull’attuazione del piano d’azione sui migranti.
Ma la “trappola” era già scattata e stava tutta nella lettera di invito dello stesso Michel che citava in maniera esplicita la questione dei migranti secondari (o “dublinanti”). Riferimento che ha autorizzato alcuni Paesi ad affrontare la questione dei movimenti secondari come quelli dei migranti che arrivano in Sicilia e poi transitano verso i Paesi del Nord Europa. Questione posta con forza dal premier olandese Mark Rutte così come da Polonia e Paesi baltici per i migranti utilizzati strumentalmente dal regime della Bielorussia.