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Non solo Cina, l’Ue punta all’India


La ripresa dei negoziati commerciali non è solo un calcolo economico ma è anche una mossa strategica per veleggiare sicuri nelle acque dell’Indo-Pacifico

L’India è vicina. Forse anche più della Cina. Chi lo avrebbe detto solo qualche mese fa, quando la Commissione europea aveva raggiunto l’accordo sul Comprehensive Agreement on Investment (Cai), proprio alla vigilia dell’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca. Poi, però, è successo qualcosa. Il nuovo Presidente democratico ha lanciato una campagna di rafforzamento delle partnership a livello globale in funzione anti cinese (quantomeno nell’ottica di Washington). E uno dei perni della sua strategia è il ruolo dell’India, non a caso coinvolta in una serie di strutture multilaterali, a partire dal Quad fino all’invito recapitato al Primo Ministro Narendra Modi per il recente G7 in Cornovaglia. L’Unione europea, almeno in parte, si adegua. Con una più che interessante coincidenza di tempi, Bruxelles ha di fatto congelato la ratifica del CAI rilanciando contemporaneamente il negoziato per un accordo di libero scambio con Nuova Delhi.

Dopo il graduale abbassamento delle tariffe, operato dall’India dagli anni Novanta, i due attori sono diventati partner strategici nel 2004, ma finora le relazioni non sono mai state portate a un livello superiore. Nel 2007 erano partiti i primi negoziati per raggiungere un accordo di libero scambio, poi bruscamente interrotti nel 2013 dopo 16 tornate di trattative risultate infruttuose. Oggi, l’Ue deve ancora far fronte a dazi elevati per l’esportazione di prodotti agricoli e alimentari, automobili e macchinari. I colloqui del 2013 si erano bloccati proprio di fronte all’incolmabile distanza sulla riduzione delle tariffe e sul capitolo degli investimenti, con gli appalti pubblici indiani chiusi agli attori europei.

La ripresa dei negoziati

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