Usa: le autorità americane chiudono il Consolato cinese di Houston
Gli Usa impongono la chiusura del Consolato cinese a Houston entro 72 ore. Bruciati documenti dal personale cinese. Per il Senatore Rubio “un centro di spionaggio”
Gli Usa impongono la chiusura del Consolato cinese a Houston entro 72 ore. Bruciati documenti dal personale cinese. Per il Senatore Rubio “un centro di spionaggio”
È arrivata a un punto di non ritorno la relazione diplomatica tra Stati Uniti e Cina. Dopo anni di accuse reciproche, culminate in pesanti sanzioni e violente dichiarazioni, Washington ordina la chiusura del Consolato cinese di Houston entro 72 ore. “Al fine di proteggere la proprietà intellettuale e le informazioni private degli americani, abbiamo imposto la chiusura del Consolato Generale della Repubblica Popolare di Cina a Houston”, ha dichiarato la Portavoce del Dipartimento di Stato Morgan Ortagus. Intervistato da Fox News, il Senatore Marco Rubioha affermato che “il Consolato di Houston non è una struttura diplomatica. È il centro focale dell’ampio network di spie del Partito comunista negli Stati Uniti”.
Alcuni network locali hanno diffuso le immagini di alcuni funzionari del Consolato apparentemente intenti a bruciare documentazione conservata presso la sede diplomatica cinese. Nella notte tra il 21 e il 22 luglio sono intervenuti i vigili del fuoco della città texana per gestire quello che sarebbe potuto essere un incendio, non verificatosi. Wang Wenbin, Portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, ha condannato l’azione statunitense, che “viola il diritto internazionale, le norme basilari che governano le relazioni internazionali e l’accordo bilaterale sui consolati sottoscritto da Cina e Usa”. La Repubblica popolare minaccia ritorsioni: si parla di una possibile chiusura del Consolato statunitense di Hong Kong, tema di discussione tra i più accesi per i due Paesi.
Altro terreno di scontro il Covid-19. Dopo l’abbandono dell’Oms da parte degli Usa, ritenuta troppo accomodante verso la Cina nella gestione del coronavirus, il Dipartimento alla Giustizia punta il dito contro due studenti cinesi con l’accusa di aver tentato di recuperare da aziende private informazioni sullo sviluppo del vaccino. Li Xiaoyu e Dong Jiazhi avrebbero hackerato i sistemi di centinaia di vittime tra corporations, organizzazioni governative e non governative, dissidenti, attivisti per i diritti umani a Hong Kong e in Cina. “Questi criminali lavorano a chiamata per alimentare l’insaziabile fame del Partito comunista cinese della proprietà intellettuale di aziende americane e straniere, comprese le ricerche sul Covid-19”, ha stigmatizzato John C. Demers, Assistente Procuratore Generale per la Sicurezza Nazionale.
Intanto, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha incontrato gli esponenti del Governo britannico e danese. Sia a Londra che a Copenhagen, Pompeo ha sottolineato l’importanza di contrastare l’azione cinese, con particolare riferimento al 5G. “Mi congratulo con l’esecutivo di Boris Johnson per la risposta su questo tema. Avete preso una decisione sovrana sulla chiusura di Huawei al 5G, avete condannato le promesse infrante dalla Cina sul trattato sino-britannico, avete generosamente aperto le porte ai cittadini di Hong Kong che scappano alla ricerca della libertà”.
Sul fronte opposto, le nazioni colpite dalle sanzioni degli Stati Uniti si muovono alla ricerca di un campo d’azione comune. Nei giorni scorsi l’Ambasciatore dell’Iran a Mosca, Kazem Jalali, ha proposto la creazione di un club che possa rispondere alle azioni di Washington. Partendo dal trio Iran-Russia-Cina, l’inviato della Repubblica Islamica sostiene che i tempi sono maturi per una scelta che porterebbe “grandi opportunità, dobbiamo semplicemente mostrare volontà politica e attivare tutti gli sforzi necessari per sviluppare il potenziale nella giusta direzione”. Per il diplomatico, Washington “vuole una Russia debole, una Cina economicamente subordinata e che l’Iran diventi una colonia. Ecco perché dobbiamo cooperare, aiutarci e completarci a vicenda”.
È arrivata a un punto di non ritorno la relazione diplomatica tra Stati Uniti e Cina. Dopo anni di accuse reciproche, culminate in pesanti sanzioni e violente dichiarazioni, Washington ordina la chiusura del Consolato cinese di Houston entro 72 ore. “Al fine di proteggere la proprietà intellettuale e le informazioni private degli americani, abbiamo imposto la chiusura del Consolato Generale della Repubblica Popolare di Cina a Houston”, ha dichiarato la Portavoce del Dipartimento di Stato Morgan Ortagus. Intervistato da Fox News, il Senatore Marco Rubioha affermato che “il Consolato di Houston non è una struttura diplomatica. È il centro focale dell’ampio network di spie del Partito comunista negli Stati Uniti”.
Alcuni network locali hanno diffuso le immagini di alcuni funzionari del Consolato apparentemente intenti a bruciare documentazione conservata presso la sede diplomatica cinese. Nella notte tra il 21 e il 22 luglio sono intervenuti i vigili del fuoco della città texana per gestire quello che sarebbe potuto essere un incendio, non verificatosi. Wang Wenbin, Portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, ha condannato l’azione statunitense, che “viola il diritto internazionale, le norme basilari che governano le relazioni internazionali e l’accordo bilaterale sui consolati sottoscritto da Cina e Usa”. La Repubblica popolare minaccia ritorsioni: si parla di una possibile chiusura del Consolato statunitense di Hong Kong, tema di discussione tra i più accesi per i due Paesi.
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